Ficarra e Picone: «La politica? Se oggi uno insulta, domani dice che non è vero. Noi ridiamo per sopravvivere»

Nati stanchi, ma volitivi, tenaci e resistenti. Da lunedì alle 20.30 Ficarra e Picone saranno ancora una volta dietro al bancone di Striscia la Notizia su Canale 5. Per loro è la 17ª edizione.

Spesso giocate sullo stereotipo siciliano della pigrizia, non c’è mai stato un momento in cui avete pensato di abbandonare?
«Il bello di Striscia è che si rinnova sempre, perché è un telegiornale vero: non c’è mai una puntata uguale a un’altra, si vive di quotidianità e attualità che si rinnovano di giorno in giorno. È un appuntamento importante per noi, ci aiuta a staccare la spina dal teatro e dal cinema, ci permette di diversificare e giocare con linguaggi e registri sempre diversi».

L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. «Striscia»?
«È una repubblica fondata sui cittadini: vi diciamo e vi informiamo su quello che non vi dice nessuno… va detto però che a Striscia non si vota da anni, c’è sempre lo stesso presidente».

Il presidente-dittatore è Antonio Ricci: mai uno screzio con lui?
«A volte ci scontriamo perché noi facciamo una battuta e lui ci dice che è troppo poco: dovete fare di più, non c’è qualcosa di più forte? Fa il contrario di quello che uno si immagina. Ricci ha l’entusiasmo di un ragazzino, è il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene, non molla mai».

Ricci vi invita a «picchiare» più forte: c’è un limite alla satira?
«Non c’è niente di più sbagliato che mettere paletti, la satira può fare quello che vuole, spesso è antigovernativa, ma non si può decidere a priori cosa deve fare: non ha senso, la satira è libertà. L’unico limite è quello del buongusto, ma anche il buongusto è personale… è sempre pericoloso quando si comincia a dire cosa si può fare e cosa no; cosa si può dire e cosa no».

Agli Oscar hanno questa intenzione: hanno stabilito nuovi requisiti di inclusione per favorire l’equa rappresentanza di origine, genere, orientamento sessuale…
«Anche il cinema deve essere libertà, un autore deve poter pensare a una storia in autonomia, senza condizionamenti: se non metto un ispanico non vinco l’Oscar? Che discorso è? Tra l’altro mentre scriviamo un film tutti per un attimo pensiamo: quest’anno vinco l’Oscar. Interrompere questo sogno alla portata di tutti con regole su regole non si fa…».

Il cinema fa fatica a ripartire, il lockdown può essere stato il colpo definitivo alle sale?
«No, perché la sala regala un’emozione unica. Anche il silenzio quando guardi un film drammatico, quel silenzio carico di significato, è un’emozione che condividi con gli altri spettatori. La risata ancor di più: un conto è vedere un film da solo a casa, un altro essere al cinema. Le risate degli altri sono benzina anche per la tue risate. E poi siamo animali sociali, il piacere di condividere con gli altri c’è e rimarrà sempre».

Animali sociali, ma bipolari. Facebook è il luogo dove sfogare la nostra rabbia, Instagram è la fiera della vanità, mette in scena una vita dopata. Che società siamo? Dove è la verità?
«Ora c’è pure Tik Tok e viene voglia di scendere da questa giostra… Anche se il problema non sono i social, ma l’uso che se ne fa. Tra qualche anno sarà sacrosanto che se insulti qualcuno o fai qualcosa che non va dopo 5 minuti vieni denunciato. Perché un conto è la libertà di parola, un conto la libertà di insulto, offesa e minaccia. Un giorno diventerà normale andare a teatro o a un concerto senza riprendere lo spettacolo con il cellulare e postarlo online. Poi certo, ci saranno sempre i nostalgici, quelli che si stava meglio quando si stava peggio e ha fatto anche cose buone».

La politica che sentimenti vi suscita?
«La sensazione neanche troppo nascosta è che ormai ognuno può dire quello che vuole perché si è capito che l’attenzione della gente si è ormai abbassata ai minimi storici: puoi dire A oggi e B domani; insultare uno oggi e dire domani che non è vero. È scoraggiante, noi ci ridiamo sopra che è l’unico modo per sopravvivere».

Una domanda che non vi hanno mai fatto: qual è il segreto del vostro rapporto?
Picone: «Non rispondere a questa domanda».
Ficarra: «Il segreto è sempre quello: i ricatti, la disistima… Non abbassare mai la guardia, quando la abbassi Picone ti frega. Ci sono momenti in cui si è affezionato a me ma sono stati pochissimi: è come affezionarsi a una cravatta, a un abito».
Picone: «Il segreto è non illudersi che sia amicizia».

Renato Franco, Corriere.it

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