Viaggio dentro ‘Springtime in New York’ di Bob Dylan

Il prossimo capitolo della Bootleg Series sarà dedicato alla musica registrata da Bob Dylan negli anni ’80 dopo il periodo cristiano. Conterrà outtake dalle session di Shot of Love del 1981, Infidels del 1983 ed Empire Burlesque del 1985, prove dei concerti del 1980, estratti dal tour del 1984 negli stadi, l’apparizione in quello stesso anno al Late Night with David Letterman.

Springtime in New York: The Bootleg Series Vol. 16 (1980-1985) uscirà il 17 settembre su doppio CD e in edizione deluxe come box set di cinque CD, foto d’epoca mai viste prima, note di copertina dello scrittore scozzese Damien Love. Il vinile edito dalla Third Man Records includerà 42 pezzi su quattro LP.

«Si usa dire che negli anni ’80 Bob si è perso», dice una fonte vicina a Dylan. «In realtà stava cercando la sua strada. Questo cofanetto è la testimonianza di questa ricerca».

Comincia tutto nel settembre-ottobre 1980. Dylan e la band del periodo cristiano stanno facendo le prove del Musical Retrospective Tour ai Rundown Studios di Santa Monica, California. Dopo un anno passato a suonare solo pezzi a tema religioso, l’idea è rimaneggiare vecchie canzoni di Dylan e inserirle in scaletta. Lui però continua a proporre cover: Sweet Caroline di Neil Diamond, This Night Won’t Last Forever di Bill LaBounty, Abraham, Martin and John di Dion, tutti pezzi compresi nel box set, così come We Just Disagree (Dave Mason) e A Couple More Years (Dr. Hook).

«Prendi This Night Won’t Last Forever», dice ancora la fonte. «Era una hit sdolcinata tipica dell’epoca. Nelle mani di Bob diventa una sua canzone. A volte ci si dimentica del carattere che Dylan mette nei pezzi che interpreta. Ecco perché abbiamo voluto includerla nel cofanetto. Le cover danno anche un’idea di quel che Bob ascoltava all’epoca».

Molte cover sono interpretate in duetto con la corista Clydie King. «Succedeva qualcosa di magico quando quei due univano le voci. A parte Joan Baez, non credo che abbia mai avuto una vocalist con cui ha cantanto tanto, e sono tutte cose meravigliose».

«È stata la mia compagna di canto preferita», ha detto Dylan a Rolling Stone quand’è morta nel 2019. «Nessuna ci è mai arrivata neanche vicina. Eravamo anime gemelle».

Il secondo CD è dedicato alle session di Shot of Love avvenute nel maggio 1981. In quell’occasione Dylan ha rifatto I Wish It Would Rain dei Temptations e Let It Be Me degli Everly Brothers, oltre a incidere pezzi originali poi esclusi dall’album come Yes Sir, No SirBorrowed Time e uno dei più amati dai fan, Angelina. Alcuni di questi pezzi non sono mai apparsi nemmeno su bootleg.

Ma il cuore di Springtime in New York è rappresentato dalle session di Infidels dell’aprile-maggio 1983 ai Power Station di New York. Coprono il terzo e il quarto CD. L’album fu accolto in modo per lo più favorevole, ma l’ascolto di bootleg tratti da quelle session ha convinto molti che i pezzi migliori erano stati esclusi. Parliamo di Foot of PrideSomeone’s Got a Hold On My Heart e Blind Willie McTell.

«In quegli anni, affinché un vinile suonasse bene, ogni facciata doveva durare 17 minuti», dice la fonte vicina a Dylan. «Blind Willie McTell era un gran pezzo, ma non c’era posto su Infidels, non c’entrava con l’estetica dell’album».

Terry Gans, autore del libro del 2020 Surviving in a Ruthless World: Bob Dylan’s Voyage to Infidels, la vede in modo diverso. «Questa cosa sarà sempre oggetto di dibattito. L’album ha effettivamente una sua unità. Detto questo, non credo che Blind Willie McTell l’avrebbe infranta, specie pensando al verso finale sul potere e l’avidità che riassume il senso del disco».

C’è da scommettere che il dibattito su Infidels diventerà ancora più acceso quando i fan ascolteranno gli inediti inclusi in Springtime in New York. Ci sono outtake come Tell Me e Julius and Ethel, oltre a versioni alternative di pezzi finiti del disco come Don’t Fall Apart on Me Tonight e I and I che differiscono dagli originali in modo affascinante. «Con lui ogni take è diversa», dice Gans. «Una volta canta un pezzo facendo una pausa su una parola, un’altra volta lo canta alzando leggermente la voce. È un dono unico».

Il box set sarà anche l’occasione per apprezzare ancora di più la strana band che Dylan assemblò per Infidels, che comprendeva l’ex chitarrista degli Stones Mick Taylor, il frontman e il tastierista dei Dire Straits Mark Knopfler (anche produttore) e Alan Clark, la sezione ritmica formata da Sly Dunbar e Robbie Shakespeare. «Solo Bob poteva pensare di tenere insieme due tizi di MTV, Mark Knopfler e Alan Clarke, la chitarra rock vecchia scuola di Mick Taylor e una ritmica reggae», dice la fonte. «Puro genio dylaniano».

«Non so se fosse una combinazione ragionata, ma funzionava, anche se credo ci sia stata della tensione creativa in studio», aggiunge Gans. «Un gruppo così non era mai esistito e mai più esisterà».

Il suono di Infidels non suona datato come quello di altri album del periodo, con l’eccezione del riverbero sulla batteria. Nella nuova versione è stato ridotto al minimo indispensabile. «È facile liberarsene, è un effetto da studio», dice la fonte. «Abbiamo preferito il suono naturale dei microfoni. Sly, però, teneva il rullante molto tirato. È una cosa reggae, è impossibile liberarsi completamente di quel suono».

Tra le sfide affrontate per questo progetto c’è anche l’estrazione dei brani dai nastri digitali 3M a 32 tracce usati nelle session. È un formato che ha avuto vita breve e oggi non ci sono molte macchine che possono utilizzarlo. «È stato difficile recuperare parte di quel materiale», spiega la fonte. «Con alcune sovraincisioni non ci siamo riusciti».

Ci sono registrazioni tratte dal tour estivo negli stadi con Santana nel 1984, già raccontato in Real Live. L’unico pezzo usato qui non è stato mai pubblicato: è Enough is Enough, dal concerto del 4 luglio 1984 allo Slane Castle, in Irlanda. C’è anche una versione live di License to Kill, direttamente dalla leggendaria apparizione allo show di Letterman insieme alla band new wave Plugz. «Era nei nostri archivi e in quelli di Letterman», spiega la fonte. «La loro versione non suonava molto meglio della nostra, ma abbiamo usato quella».

Il box set si chiude con una selezioni di brani registrati per Empire Burlesque. Il disco del 1985 era prodotto da Arthur Baker, conosciuto per il lavoro coi New Order e Afrika Bambaataa. Ha steso sulle canzoni una tinta brillante anni ’80, un suono che sembrava incredibilmente datato già pochi anni dopo l’uscita.

«Arthur è un grande», dice la fonte, «ma era stato chiamato per fare un lavoro specifico, cioè applicare a Dylan quel suono anni ’80 che aveva funzionato così bene con Springsteen, Cyndi Lauper e altri artisti dell’etichetta Columbia. Volevano il suono del momento, ma non credo abbia giovato a qualcuno».

Ironia della sorte, neanche Baker ama il suono originale di Empire Burlesque. «Col senno di poi, alcune delle cose che ho fatto per quel disco mi imbarazzano», ha detto a Rolling Stone nel 2017. «L’etichetta voleva che Dylan suonasse più moderno. Io volevo fare una cosa alla Phil Spector, tipo wall of sound. Ma la verità è che di Dylan mi piacevano lui e la sua voce, non la produzione. Mentre lavoravamo al progetto ho cercato di metterle in evidenza, ma dovevo anche guadagnarmi lo stipendio».

Springtime in New York elimina parte di quella patina e presenta canzoni come Emotionally YoursWhen the Night Comes Falling From the Sky e Seeing the Real You at Last in forma più grezza.

«When the Night Comes Falling From the Sky è un pezzo incredibile che non è mai stato lavorato come merita», dice la fonte. «Emotionally Yours può davvero emozionarti se la liberi da quella patina. Tight Connection to My Heart è un altro gran pezzo. Dovevamo permettere loro di respirare, togliere gli artifici tecnici per svelarne la grandezza».

Permettere ai fan di godersi queste canzoni in forma diversa è il vero obiettivo di tutti i volumi della Bootleg Series. «Ci sono tante grandi canzoni di quel periodo che sono state peggiorate dalla tecnologia», dice la fonte. «Sapevamo che togliendo certi trucchetti sonori ne avremmo svelato il valore. E se questo lavoro permetterà di regalare una seconda vita a un disco come Infidels, potremo dire di avere centrato l’obiettivo».

rollingstone.it

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