ANDREA DE SICA REGISTA DEBUTTANTE NEL SEGNO DI NONNO VITTORIO

La prima idea di nonno Vittorio De Sica, scomparso sette anni prima che lui nascesse, è nata dai racconti familiari. «Mio padre Manuel e mio zio Christian mi raccontavano sempre un aneddoto riferito alla lavorazione di La Ciociara», dice Andrea De Sica con gli occhi chiari che ridono. «Loro due, poco più che bambini, erano andati a trovare il padre sul set e, nascondendosi dietro un covone per fumare, rischiarono di provocare un incendio. Al che Vittorio urlò al megafono davanti alla Loren e tutta la troupe: Fate uscire da lì quelle due teste di cazzo! Mi piace pensare al nonno in quel momento, più come un padre arrabbiato che con l’aura sacrale del maestro del cinema».
UN NOME PESANTE
Quando ti chiami De Sica e decidi di fare il regista, sai benissimo che dovrai vedertela con la memoria collettiva e i giudizi prevenuti. Ma Andrea, 35 anni, due figli, una laurea in Filosofia presa prima del diploma al Centro Sperimentale, ha messo nel conto cromosomi e dinastia. Dinastia doppia, a dire la verità: sua madre è infatti la produttrice Tilde Corsi, figura di spicco nel recente cinema italiano. «Appartenere a una famiglia come la mia comporta una grande responsabilità e al tempo spesso un handicap, perché sarai sempre obbligato a dimostrare che vali. Ma dai miei ho ereditato la passione per il cinema, per la musica e la volontà di inseguire i miei sogni». E ora il giovane regista presenta al pubblico la sua convincentissima opera prima: I figli della notte, in sala il 25 maggio dopo il passaggio al BiFest di Bari, storia di un gruppo di ragazzi benestanti (i protagonisti Vincenzo Crea e Ludovico Succio sono molto intensi) parcheggiati dai genitori in un collegio esclusivo e super-severo isolato tra le montagne innevate, una specie di riformatorio per ricchi. Tra i corridoi claustrofobici che ricordano l‘Overlook Hotel di Shining e le atmosfere inquietanti alla Lynch, la tensione è garantita e l’epilogo, virato sull’horror, tutt’altro che scontato.
«Dal grande Vittorio credo di aver ereditato il gusto del racconto e il rispetto per il pubblico», spiega Andrea. «Fin da piccolo amavo raccontare delle storie a costo di farmi la fama di ballista. Ho cominciato prestissimo, più come cinefilo che come discendente, a vedere i film del nonno. Il mio preferito è forse Sciuscià perché parla di bambini e delle decisioni che gli adulti prendono sulla loro pelle: un po’ quello che capita ai ragazzi protagonisti di I figli della notte, che si ritrovano in collegio per adeguarsi a un modello di eccellenza e supremazia sociale scelto per loro dai genitori assenti».
PEDINARE LA REALTÀ
Ma il film, aggiunge, «non ha pretese sociologiche o di denuncia: è una storia che ho maturato dopo aver ascoltato i racconti di alcuni amici passati per quel tipo di esperienza che a me, studente felice al liceo Visconti di Roma, non appartiene. Al cinema non sono interessanti solo gli adolescenti di periferia, possono esserlo anche i benestanti borderline come i miei personaggi». E per rendere la vicenda credibile, l’esponente della terza generazione De Sica ha cercato le informazioni alla fonte. «Mi sono presentato in alcuni collegi svizzeri fingendo di cercare un posto per un fratello dalla testa calda, ho curiosato in giro, fatto domande, capito molte cose che poi sono finite nel film». Pedinare la realtà, la lezione di Zavattini.
De Sica. Un nome, un destino. «I miei genitori erano terrorizzati dal mio desiderio di fare cinema», rivela Andrea. «Papà mi raccontava che anche Vittorio, in preda allo stesso sentimento, comprava ai figli i giochi di costruzioni: sperava che diventassero ingegneri». E’ andata come sappiamo e oggi il neo-regista, già assistente di Bertolucci per The Dreamers, presto sul set di un horror «vero», ha dedicato il debutto al padre Manuel che, prematuramente scomparso nel 2014, non ha fatto in tempo a scrivere le musiche lasciando il compito al figlio. Andrea ha aggiunto alla colonna sonora il brano Ti sento dei Matia Bazar. E Vivere cantato da Pavarotti, usato dal nonno nel Giardino dei Finzi Contini. De Sica. Un nome, un destino.

Il Mattino

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