“La mia tv venduta a Silvio Berlusconi per una lira”: così nacque Canale 5

Quarant’anni fa un imprenditore emergente registrava a Milano il marchio Canale 5. Il suo nome, anche se dirlo non serve, è Silvio Berlusconi. Fino a quel momento aveva costruito case, ma il suo fiuto gli aveva permesso di capire che l’affare del futuro sarebbe stata la televisione. La storia gli darà ragione, ma per mettere a fuoco il momento preciso in cui tutto è iniziato bisogna riavvolgere il nastro indietro di cinque anni, fino al 1974, e spostare l’attenzione su un altro nome, quello di Giacomo Properzj, 80 anni il 13 marzo, al tempo impiegato di banca e poi esponente di spicco del Partito Repubblicano. Fu lui, infatti, in quegli anni di forte fermento e grandi cambiamenti, ad avere per primo l’intuizione giusta.

In un seminterrato di Milano 2, il quartiere che Berlusconi stava finendo di costruire a Segrate, fondò Telemilanocavo, una televisione condominiale molto seguita, ma purtroppo per lui anche molto costosa. «La metà degli anni Settanta è il periodo in cui iniziano ad affermarsi le prime televisioni private via cavo — racconta oggi Properzj —. La più famosa era Telebiella. Si capiva che le persone erano interessate alla novità e un giorno, parlando con l’amico Vittorio Moccagatta, allora segretario di Berlusconi, appresi che Milano 2 era dotata di un impianto centralizzato di trasmissione via cavo, liberalizzata pochi mesi prima da una sentenza della Corte Costituzionale». Properzj decide di provarci. Con l’aiuto dell’ex compagno di partito Alceo Moretti affitta un locale al pian terreno con seminterrato, prende in leasing le attrezzature e mette a contratto come operatori due ragazzi. «Due figli dei fiori — prosegue Properzj —, ma se la cavavano. Il nostro pubblico erano i residenti di Milano 2 e delle zone vicine, vale a dire circa cinquemila persone. Trasmettevamo le assemblee condominiali, iniziative di quartiere e grazie a Mondadori anche documentari naturalistici e sulla Ferrari».

Un prodotto artigianale in onda per due o tre ore al giorno, talvolta penalizzato da immagini scadenti. Ma gli abitanti della zona facevano a gara per apparire in video. Nel 1975, poi, arrivano anche le elezioni regionali e comunali. I politici, senza sapere che il segnale si fermava ai confini di Segrate, pagano un contributo per poter dire la loro davanti alle telecamere. Il ritorno in termini di popolarità è soddisfacente, meno quello in termini economici. La televisione via cavo costa. Moretti, il compagno d’avventura, emigra in Brasile e Properzj si ritrova da solo. Il lavoro in banca gli consente di vivere più che dignitosamente, ma non basta certo per coprire le spese di una televisione. «Qualche tempo prima, mentre ero al telefono con Pillitteri, che allora era assessore alla Cultura, vedo entrare in redazione un signore basso e sorridente — ricorda Properzj —. Stavo cercando fondi e quindi non stacco nemmeno l’orecchio dalla cornetta. Lui scende nel seminterrato, gira per qualche minuto e poi se ne va salutandomi». Era Berlusconi, che nel 1976, pochi mesi prima che la Corte Costituzionale con una seconda sentenza liberalizzasse anche l’etere, rilevò alla cifra simbolica di una lira Telemilanocavo, accollandosi anche i 18 milioni di lire di debiti, la maggior parte dei quali per affitti non pagati a Edilnord.

Properzj dice di non essere pentito. Non sarebbe mai stato in grado di sostenere investimenti milionari come quelli di Berlusconi. Rimane ancora un anno nel consiglio di amministrazione al termine del quale viene liquidato con 370 mila lire e poi decolla la carriera politica: sindaco di Segrate, presidente della Provincia di Milano e presidente prima di Aem e poi di Atm. Fino all’arresto durante la stagione di Mani Pulite per un giro di tangenti. La sua strada, però, non si è più incrociata con quella di Berlusconi.

Riccardo Rosa, Corriere.it

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