OSCAR, BIRDMAN VINCE NON DOMINA MA È EASTWOOD IL VERO SCONFITTO

APW1106993-kZ5H-U43060828752407t3E-593x443@Corriere-Web-Sezioni(di Paolo Mereghetti, treatment Corriere)Quattro statuette per il film di Inarritu, check come per Grand
I migliori attori degli Oscar 2015: J.K. Simmons, Patricia Arquette, Julianne Moore e Eddie Redmayne (Afp) I migliori attori degli Oscar 2015: J.K. Simmons, Patricia Arquette, Julianne Moore e Eddie Redmayne (Afp) shadow
Birdman o (l’imprevedibile virtù dell’ignoranza) di Alejandro Gonzáles Iñarritu è il vincitore (ma non il dominatore) di questa ottantasettesima edizione degli Oscar, da cui esce con quattro statuette: miglior film, miglior regista, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia. Anche The Grand Budapest Hotel vince quattro premi ma decisamente di minor «peso»: costumi (dell’unica italiana in gara, Milena Canonero), scenografia, trucco e musiche.
Sono loro – e con loro la Fox Searchlight che li ha prodotti entrambi – i vincitori di questa edizione che ha rispettato più o meno le previsioni della vigilia, soprattutto per i riconoscimenti andati agli attori: Julianne Moore e Eddie Redmayne come protagonisti, Patricia Arquette e J.K. Simmons come non protagonisti.
A uscirne sconfitti sono stati Boyhood (solo l’attrice non protagonista) e soprattutto American Sniper, vincitore del premio per il miglior montaggio sonoro.
Il film di Clint Eastwood, che partiva con sei nomination, era cresciuto nelle aspettative dopo l’eccezionale successo di pubblico, che negli Usa aveva superato i 300 milioni di incasso, la cifra più alta mai registrata per un film di guerra (e naturalmente per un film di Eastwood). La storia dell’infallibile cecchino in Iraq aveva toccato le corde più patriotiche dell’America, che poi la recente recrudescenza terroristica aveva ingigantito. Senza pero riuscire a conquistare i voti dei membri dell’Academy.
La sorpresa Whiplash
Un po’ a sorpresa Whiplash (che in Italia è uscito in sordina la settimana scorsa: solo 25 copie) ha vinto tre premi: attore non protagonista (J.K. Simmons), missaggio sonoro e montaggio. Mentre il premio al miglior film straniero è andato a Ida del polacco Pawel Pawlikowski, che ha sconfitto i titoli dati più favoriti, Timbuktu di Abderrahmane Sissako e Leviathan di Andrej Zvjagincev.
Condotta con molta professionalità da Neil Patrick Harris, che ha avuto il suo momento di genialità quando ha rifatto la scena di Birdman in cui Keaton rimane chiuso fuori dal teatro in mutande (e infatti Harris si è presentato sul palco anche lui in mutande), la premiazione ha avuto i suoi momenti più toccanti nei ringraziamenti di molti premiati: se tutti hanno ricordato moglie, mariti, figli e genitori vari (a sottolineare un generalizzato «ritorno al privato»), lo sceneggiatore di The Imitation Game, Graham Moore, ho rivendicato il diritto alla diversità, lui che per la propria omosessualità aveva tentato il suicidio a sedici anni. Così come una delle due registe del cortometraggio documentario Crisis Hotline ha ricordato il figlio suicida dicendo che «dobbiamo parlare a voce alta del suicidio».
La rivendicazione della Arquette sui cachet delle attrici
Patricia Arquette, dopo aver ricordato parenti e colleghi ha chiesto un ugual trattamento economico per donne e uomini, accendendo l’entusiasmo in platea di Meryl Streep. Gli autori della canzone Glory hanno detto che Selma (il film sulla marcia antirazzista di Martin Luther King) «è oggi perché la lotta per la giustizia è oggi» e ricordato che «ci sono più detenuti afroamericani nelle prigioni statunitensi di quanti fossero gli schiavi nel 1850».
E infine Gonzáles Iñarritu, salito sul palco due volte (per la regia e il film) ha rivendicato il diritto delle minoranze etniche al rispetto e al diritto all’accoglienza. A cominciare naturalmente da quello dei suoi concittadini messicani. Una sottolineatura «politica» che è stata ribadita anche dalla presidentessa dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, Cheryl Boone Isaac, venuta eccezionalmente sul palco a difendere il diritto/dovere del cinema di difendere la libertà di espressione, senza citare ma evidentemente riferendosi all’attacco alla Sony e al ricatto per non far uscire il film The Interview.

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