Sarah Jessica Parker racconta la seconda stagione di “Divorce”

Ad aprile torna su Sky Atlantic la seconda stagione di ‘Divorce’ la serie con cui l’attrice di ‘Sex and the City’ è tornata in tv. Sposata da vent’anni con Matthew Borderick dice: “È vero, di divorzio so poco ma in compenso so molto sull’essere madre di un adolescente”

Sarah Jessica Parker

Quella che è stata la single più famosa della tv, la Carrie Bradshow di Sex and the city, si appresta a diventare la divorziata più amata del piccolo schermo con la seconda stagione di Divorce, dal 3 aprile in onda su Sky Atlantic. Sarah Jessica Parker è produttrice e interprete della serie della HBO che analizza le conseguenze del divorzio in una coppia borghese, Frances (Parker) e Robert (Thomas Haden Church) che dopo un’esplosiva separazione, raccontata nella prima stagione, stanno imparando a vivere le loro vite in modo indipendente scoprendo le crescenti e impreviste difficoltà dei rapporti con i figli e gli amici.

Allegra, sicura sui tacchi a spillo non di un paio di Jimmy Choo ma di un modello prodotto da lei, un vestito floreale e un’enorme collana di un designer turco, l’attrice che ha compiuto 52 anni lo scorso marzo, all’incontro in un hotel di New York ci rivela: “C’è una battuta nella prima stagione in cui Frances dice Voglio salvare la mia vita finché ne ho una, è il modo migliore per descrivere la serie”. Sposata da vent’anni con l’attore Matthew Broderick da cui ha tre figli, James di 15 anni e le gemelle Marion e Tabitha di 8, Sarah Jessica Parker ci dice del suo personaggio: “Frances aveva immaginato la sua liberazione dal matrimonio in un determinato modo e scopre che l’esercizio del divorzio, di cui lei non è certo un’esperta, non è poi un cambiamento sismico. Sussistono i problemi di sempre: soldi, essere genitori single, la delusione di non aver potuto mantenere la promessa fatta”.

Sarah, lei e suo marito siete una coppia solida e quasi rara per la realtà holllywoodiana. Come si e’ preparata per recitare una donna divorziata? 
“Ammetto che l’idea del divorzio e di come ci si può sentire vivendolo mi è abbastanza estranea, ma ho riconosciuto un’assenza di discussione del tema in televisione. La realtà di quello che Frances e Robert affrontano come classe media americana che divorzia è qualcosa di nuovo sul piccolo schermo. Ovviamente abbiamo un consulente divorzista per motivi pratici, per parlare di legge nello stato del New York. Io sono sposata da più di vent’anni e dove posso mettere una parte di me è nell’essere genitore, soprattutto la difficoltà di trattare con figli adolescenti. Il mio ha ancora 15 anni ma già vedo i segni dei problemi adolescenziali”.

‘Sex and the City’ provocava sempre reazioni fra il pubblico. Spera di ottenre gli stessi risultati con ‘Divorce’?
“Penso che sia molto pericoloso scrivere e produrre sperando in una reazione, perché dovresti partire dai risultati, che non è una gran cosa ai fini di un racconto. Quello che mi interessava di più è vedere cosa accade attorno a questi due esseri umani, con i loro difetti ma fondamentalmente delle brave persone, chi tra gli amici e i parenti cambia posizione, chi si allea con lei, chi con lui”.

La serie ‘Sex and the city’ è stata importante per le donne. Quanto è cambiata secondo lei la discussione su quei temi?
“Certamente la discussione è diventata molto più comune di quando abbiamo cominciato ad andare in onda a fine anni ’90. La gente non faceva quel tipo di conversazione intima esplorando i sentimenti delle donne sulla vita, la politica, l’amore, il sesso, i rapporti e le amicizie. Credo che ora ci siamo più abituati. Anzi in molti casi uno se l’aspetta e si condivide con poca autoconsapevolezza. Penso che queste conversazioni siano buone ed è anche buono quando gli uomini ne vengono coinvolti. Non sono sicura, se oggi rifacessimo lo stesso show, cosa direbbe la gente. Non so dirle quanto Sex and the city abbia giocato un ruolo nel cambiamento generazionale e culturale, ci vorrà del tempo per capirlo, ma anch’io sono convinta che sia stato rilevante”.

C’è ancora in programma un terzo film con le protagoniste della saga?

“Non per ora. Abbiamo una bella sceneggiatura cui manca un buon finale. Ci stiamo lavorando”.

Come spera che l’industria cambi dopo gli scandali di molestie sessuali cui abbiamo assistito negli ultimi mesi?
“Seguo anch’io la situazione come tutti, e penso che la conversazione sia inevitabile e dolorosa. Penso che possa anche essere molto produttiva e posso immaginare che, come in tanti altri ambienti, le cose possano cambiare perché è doveroso che cambino. E cambieranno per forza perché non ci sarà altro modo per andare avanti. Sarà molto complicato e difficile e dovremo tutti distinguere la serietà delle varie accuse, ma alla fine ne usciremo migliori. La mia grande speranza onestamente è proprio che apra la conversazione per tutte le donne che lavorano nel settore dei servizi, negli uffici, quelle di cui non conosciamo i volti e di cui non si sente mai parlare, e che questo aiuterà i milioni e milioni di donne che lavorano in questo e in ogni paese, tutti i lavoratori illegali che non hanno la possibilità di parlare delle proprie esperienze e si sentono minacciati sul lavoro”.

Le è mai successo da giovane di avere esperienze del genere?
“Non tanto perché ho cominciato a lavorare a 8 anni; a 15 anni lavoravo sempre. A Los Angeles c’erano rigide leggi sul lavoro dei minori e mia madre era sempre con me  Forse non era così sano a quell’età passare tanto tempo con mia madre, ma certamente mi ha protetta molto!”

Silvia Bizio, Repubblica.it

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