Darko Peric: 5 curiosità su Helsinki e La casa di carta

Le rapine del Professore alla Zecca di Stato e alla Banca di Spagna si sono concluse e la banda ha avuto il suo finale su Netflix, ma la storia de La casa di carta è ben lontana dall’ultima parola. E non solo perché è in cantiere il prequel Berlino, sull’amatissimo personaggio interpretato da Pedro Alonso, artista poliedrico (non solo scrittore, ma anche pittore di successo, come dimostra l’omaggio alla Principessa Grace di Monaco per il Festival della TV di Monte-Carlo). Il più amato dagli eventi in giro per il mondo però resta Darko Peric, l’attore serbo che presta il volto a Helsinki. L’ultima tappa prima delle vacanze natalizie è a Jeddah, in Arabia Saudita, per il Red Sea International Film Festival, la prima manifestazione legata al grande schermo nella storia del regno. 

Durante la sua visita l’interprete (che nelle puntate interpreta il più silenzioso dei protagonisti del cult spagnolo) ha svelato dei retroscena sulla serie e su stesso, rivelando un amore assoluto per il nostro Paese. Ecco cinque cose che (forse) il pubblico non conosce di lui e della serie di Alex Pina.

I love Italy

«Ho un vero e proprio debole per l’Italia – ha confessato, sorridente, l’attore – come dimostrano i miei recenti progetti. Ho girato a Bari La prima regola, il film di Massimiliano D’Epiro, con un cast di giovanissimi, e a Roma Greta e le favole vere con Sabrina Impacciatore e Angela Finocchiaro, che parla della generazione della Thunberg. A gennaio 2022 ci ritorno per un nuovo progetto su grande schermo, che è proprio quello che cerco dopo cinque anni di serialità con La casa di carta. E poi parlo italiano (l’ho imparato guardando la TV, assieme alle altre lingue, inglese incluso, anche se non ho mai messo piede né in Inghilterra né negli Stati Uniti), quindi mi sono lanciato subito, d’altronde il vostro cinema mi ha sempre ispirato, lo considero uno dei più alti al mondo. Prendi Malena di Giuseppe Tornatore: è un capolavoro».

Gli esordi

«La prima volta che ho provato l’ebbrezza della recitazione», ricorda, «avevo sei anni, ero nell’ex Jugoslavia e sono salito sul palco. Caspita, mi ha fatto l’effetto di una dipendenza, quasi un virus, non potevo farne a meno anche se l’industria dello spettacolo è faticosa. I miei genitori, ad essere proprio onesti, non avevano alcuna intenzione di vedere i figli lavorare in una specie di ‘circo’. Speravano che diventassi un dottore, così ho finito l’università e mi sono trasferito a Berlino per provarci, ma ho scelto anche progetti che avessero un qualche legame con gli animali, visto che ho studiato veterinaria».

Fenomeno casa de papel

«La mia vita», spiega Darko Peric, «è cambiata radicalmente dopo La casa di carta, perché è la prima volta nella storia che una serie spagnola superasse i confini nazionali e avesse successo all’estero. Il fenomeno è esploso grazie a Netflix, ho iniziato a ricevere messaggi da tutto il mondo e non lo avrei mai immaginato. Non pensavo di certo alla fama o alla necessità di quattro guardie del corpo per andare in bagno. All’inizio ricevevo 10-20 messaggi, ora ne sono invaso e sento una fortissima responsabilità in quello che scrivo, non voglio essere frainteso. Il massimo l’ho raggiunto a San Paolo, circondato da duecento persone fuori dall’hotel».

I dolori di Helsinki

«La quinta stagione», ammette, «è stata una sfida su vari fronti. Sono uno che crede nel destino e so che tutto accade per un motivo. Così subito dopo la scena in cui Helsinki viene sparato alla gamba mi sono rotto l’altra per davvero. Di fatto recitavo stando fermo, ma mi sono beccato la congiuntivite per tutta la polvere e il sangue finto che respiravo stando sdraiato, ma questo mi ha insegnato che la recitazione non è solo urla e corse, ma anche la staticità, se il ruolo lo richiede».

La ricetta del successo

«L’impatto visivo della serie è un omaggio a Palm Dog di Quentin Tarantino e infatti le maschere e le tute sono diventate iconiche. Guarda Squid Game: pure loro hanno scelto uniformi rosse. È un caso? Non credo, ma oramai portano bene, non mi stupirei se nella prossima stagione la indossasse pure La regina di scacchi. Quello però che ha creato coesione nel cast è stato il clima di ristrettezze economiche in cui abbiamo girato la prima stagione. Abbiamo fatto squadra sul serio e infatti quando è stata fatta fuori Nairobi ci ho sofferto moltissimo. Alba Flores è una delle mie migliori amiche e il senso di perdita mi lascia sempre sconvolto. Forse perché sono cresciuto in un clima di guerra e ho imparato a dar valore alla vita. Sapevo di poter morire il giorno dopo e così tutto è diventato più semplice».

VanityFair.it

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