Patrizio Roversi torna in tv: «Viaggio nella Padania slow che racconta cosa mangiamo»

Ecologismo, sostenibilità ambientale, transizione ecologica… «Finché queste parole d’ordine saranno solo un modo per farsi dei gargarismi in gola non si andrà da nessuna parte». Non ha dubbi Patrizio Roversi, conduttore televisivo e «esploratore» turistico che, a pochi giorni dal suo ritorno in televisione con la seconda serie di «Slow Tour Padano» (sabato pomeriggio alle 15.30 su Rete 4) racconta la sua posizione sulla crisi ambientale e climatica che stiamo vivendo. E non solo.

A che punto è l’Italia sulla transizione economica?
«Vedo tanta gente che parla ma il “blabla” criticato da Greta (Thunberg, ndr) è davvero pericoloso. Io ho una paura, che tutte queste belle parole… resilienza, transizione energetica, siano entrate nel marketing e nel linguaggio ma poi passare all’azione è complicato. Finché queste parole d’ordine saranno solo un modo per farsi dei gargarismi in gola non si andrà da nessuna parte».

Ma Greta Thunberg se la prende proprio con la sua generazione di adulti.
«Lei la mette sul piano generazionale e non sono del tutto d’accordo con questo, tuttavia credo sia necessario andare avanti almeno nell’analisi delle cause. Se siamo qui è perché le scelte politiche ed economiche ci hanno portati a questo punto. Ai ragazzi che scendono in piazza a protestare o che fanno gli scioperi del clima io dico, benissimo, però il sabato studiare. Se c’è un problema, per risolverlo devi guardare in faccia alle cause, alle lobby, al mercato economico che ci ha portato qui. Non è colpa di una generazione, ma è colpa di un sistema economico ampio che ci ha portato qui. Insomma, non mi piace sentirmi dire ‘per colpa vostra’, perché mio padre non faceva il petroliere ma il geometra di campagna».

Lei ha girato l’Italia in lungo e in largo, ci sono zone più attente al «green»?
«Se il cambiamento parte da qualche parte, partirà da qui, dall’Emilia-Romagna. Nonostante tutto credo che sia una regione molto attenta e all’avanguardia. Certo, ha delle criticità perché siamo ci sono i maggiori produttori di allevamenti e carni, siamo piani di inquinamento, ma dal punto di vista locale qui qualcosa si fa, parlo delle aziende locali. Tra i maggiori produttori di allevamenti e carni. Siamo tacciati di inquinanti. Però i produttori locali qualcosa stanno facendo, si stanno muovendo…»

Quando li ha conosciuti?
«Molti durante le riprese di ‘Slow Tour Padano’, che ha l’obiettivo di raccontare i prodotti che mangiamo, come vengono fatti e chi li fa. Raccontiamo, in questo caso, il Grana Padano ma tutta la zona di produzione che lo circonda, che rappresenta il cuore dell’agricoltura italiana proprio per sensibilizzare le persone a questi temi».

Quindi si parlerà anche di ambiente?
«Certo. Il senso del viaggio è sempre raccontare il territorio, l’agricoltura e i prodotti dal punto di vista dei consumatori, ma con un’attenzione particolare rivolta alla sostenibilità e alla transizione ecologica, proponendo esempi virtuosi di economia circolare e di abbattimento degli sprechi»

Un’anticipazione divertente?
«La prima puntata inizia con un dialogo tra me e una vacca da latte che si dichiara molto triste e depressa perché tutti le addossano le colpe di tutto. Se c’è il cambiamento climatico è colpa sua che emette Co2 con i suoi rutti; poi consuma troppa acqua, poi troppa terra. Quindi la rassicuro dicendo che racconterò l’agricoltura e tutte le aziende che cercano di essere il più sostenibili possibile».

In pochi parlano di agricoltura e sostenibilità, perché?
«Secondo me in campo agricolo si sta cercando di are qualcosa e per questo mi appassiona. È un campo concreto dove ci si rimboccano le maniche. Poi chiaro, vado dai miei amici allevatori di bovini nella Pianura padana e mi raccontano di guadagnare 40 centesimi al litro di latte e che se ogni vacca non ne fa almeno 40 litri al giorno non ci stanno dentro. Poi vado in Calabria e mi dicono che i pomodori li pagano 7 centesimi al chilo e quindi, mi chiedono, dove li trovo i margini per la transizione economica. Sul tema ciò che manca è un’analisi seria delle cause».

Lei ha passato gran parte della sua vita a raccontare (e a vivere) il turismo. Com’è cambiato?
«Io credo che la pandemia abbia creato solo disastri e dolori ma forse qualche elemento positivo ce lo ha regalato. Nel turismo, ad esempio, siamo stati costretti a guardarci attorno e a riscoprire un turismo di prossimità sul territorio, più ecologico. Che privilegia i sentieri agli aerei».

A Bologna è appena stato eletto il nuovo sindaco e tra i temi caldi c’è quello della mobilità. Lei, da cittadino bolognese, cosa ne pensa?
«Il tema della mobilità è critico e serio. Bologna ha un problema di viabilità mai risolto… A volte camminare per strada sembra di stare in una giungla, tra biciclette e monopattini, dove il pesce grande mangia quello più piccolo e per quando pensi un quintale (ironico, ndr) se sono un pedone sono comunque un pesce piccolo. Non si rivolvono nulla le piste ciclabili disegnate per terra anzi, mi sembrano una presa in giro».

E sul tram?
«Ho girato mezzo mondo e Europa e ho visto che in città medio piccole come Bologna il tram è la reale soluzione. È da tempo che lo aspettavo e mi è sempre dispiaciuto pensare che sia stato tolto».

Sara Forni, corrieredibologna.corriere.it

Torna in alto