Nirvana, 30 anni di Nevermind, manifesto della Generazione X

Il trentennale di “Nevermind” è l’anniversario di un disco rivoluzionario che ha cambiato le regole del gioco musicale, cogliendo di sorpresa l’industria e, soprattutto, diventando il manifesto definitivo della Generazione X.
Dopo tre decenni (uscì il 24 settembre 1991) la musica dei Nirvana non ha perso nulla della sua dolorosa potenza, anzi: la nuova frontiera della musica giovanile è proprio il crossover tra i riff del Grunge e i codici del genere “Urban”.


“Nevermind” è un esempio perfetto di capolavoro che intercetta lo spirito del tempo, dà voce a codici giovanili e tormenti, sposta in avanti gli orologi del tempo, trasforma gli elementi di riferimento in qualcosa di nuovo, chiude un’epoca e ne apre una nuova.
Grazie ai Nirvana e a questo album, Seattle, che all’epoca era il più fertile laboratorio di fermenti artistici del pianeta, si trasformò nella capitale mondiale del nuovo rock e il Grunge diventò non solo il codice musicale degli anni ’90 ma una sorta di empirica filosofia di vita, oltre che uno stile.
A dimostrazione della sua formidabile carica innovativa c’è il fatto che la Geffen, la major che aveva messo sotto contratto Kurt Cobain, Krist Novoselic e Dave Grohl, puntava a vendere 250 mila copie, considerandolo un prodotto di nicchia.
Nel suo cammino verso le vette delle classifiche mondiali, “Nevermind” vendeva 300 mila copie al giorno.
Un successo clamoroso, inarrestabile, nato dal basso, dal passaparola e spinto dalla forza espolsiva di “Smells Like Teen Spirit”, il primo singolo.
Così come era stato stampato in un numero di copie sufficiente a sostenere un prodotto di nicchia, non era stata organizzata una promozione massiva: anche i grandi media (tra i primi recensori ce n’è più d’uno che avrà tentato di far sparire i suoi giudizi) furono presi alla sprovvista dalla musica di un trio chitarra, basso batteria e voce, con dichiarate ascendenze punk, con un cantante che era l’antitesi del glamour dei divi rock e che , in certi passaggi, addirittura rendeva quasi incomprensibile la pronuncia dei suoi testi, una produzione asciutta ed essenziale, testi che esprimevano ansia, dolore, un’incurabile inquietudine. Simbolicamente l’album arrivò al primo posto negli Usa scalzando “Dangerous” di Michael Jackson.
Nell’anno di grazia 1991 l’Indie Rock è diventato un fenomeno globale: una vera rivoluzione, incruenta, ma una rivoluzione: a marzo è uscito “Out of Time” dei R.E.M., ad agosto “Ten” dei Pearl Jam, a settembre “Nevermind”.
L’effetto fu devastante ed elettrizzante al tempo stesso: la musica indie da fenomeno marginale diventò il centro propulsore della scena musicale, creando un nuovo ricchissimo mercato ma portando in primo piano personaggi e figure cresciute nel rifiuto dell’establishment e dell’industria.
Come per tutti i capolavori, “Nevermind” è un insieme di storie nella storia.
La più attuale riguarda la copertina, con il bambino di quattro mesi nudo immerso in una piscina con davanti una banconota da un dollaro legata a un amo da pesca. Proprio questa estate Spencer Elden, il bambino in questione oggi trentenne ha fatto causa agli eredi di Cobain e a Novoselic e Grohl, chiedendo 200 mila dollari di risarcimento con l’accusa di aver violato le norme federali sulla pedopornografia. Evidentemente se n’è accorto con diversi anni di ritardo visto che si era già fatto rifotografare, anche se in bermuda, per la cover dell’edizione del decennale, del ventennale e del venticinquennale.
Tra nel 1991, l’anno della pubblicazione, la copertina fu censurata suscitando la furia di Cobain che, per il retro, aveva creato un collage di foto di pezzi di carne cruda, illustrazioni dell’Inferno di Dante, foto di infezioni vaginali. Tra le immagini della carne cruda c’è anche una foto dei Kiss.
Per esempio quella dei “Sound City Studios” di Van Nuys, un sobborgo di Los Angeles, dove agli ordini del produttore Butch Vig, fu registrato “Nevermind”.
Allora era uno studio con una storia gloriosa alle spalle e un presente disastroso ma con la leggendaria consolle Neve.
Tra le varie conseguenze del successo di “Nevermind” ci fu che i Sound Studios tornarono a vivere una nuova stagione d’oro.
Non è un caso che Dave Grohl nel 2013 ha diretto e prodotto uno straordinario e super consigliato documentario, intitolato “Sound City”: quando lo studio chiuse i battenti Grohl si è comprato la leggendaria consolle Neve.
Il suicidio di Kurt Cobain e l’inevitabile fine dei Nirvana hanno contribuito ad aumentare l’aura mitica che avvolge l’album e tutto ciò che riguarda il trio di Seattle.
Ma “Nevermind” ha la forza delle opere che, pur così strettamente legate a un’epoca, sono senza tempo

Paolo Biamonte, ANSA

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