Fenomeno duetti: da Elisa a Gazzè ormai le canzoni sono a due piazze

Aggiungi un posto a tavola (del pop). Ormai in classifica e in radio arrivano sempre più spesso brani cantati a tre o tre voci, quasi che le collaborazioni, i featuring e i duetti servissero a camuffare una mancanza di identità o di punti di riferimento.Sono nella settimana appena conclusa, tra i venti brani più trasmessi dalle radio ben 8 sono cantati a più voci. Dal primo (Pedro Kapò e Farruko in Calma) all’ultimo (In questa nostra casa nuova di Laura Pausini e Biagio Antonacci). E non è un caso. Già nel 2018 il pop è stato una poltrona per due. Al Festival di Sanremo hanno vinto Ermal Meta e Fabrizio Moro con Non mi avete fatto niente, i Boomdabash con Loredana Bertè hanno confezionato il tormentone dell’anno con Non ti dico no, Andrea e Matteo Bocelli hanno fatto il giro del mondo con Fall on me e Lady Gaga ha entusiasmato tutti cantando Shallow con Bradley Cooper nella colonna sonora di A star is born. Insomma, l’egocentrismo degli artisti ha fatto i conti con la realtà e con il bisogno di «spalmarsi» sui pubblici diversi che lo streaming è in grado di raggiungere.In fondo un duetto è (anche) un modo convincente di trovare ascoltatori nuovi oppure, più semplicemente, di farsi conoscere in ambienti diversi. Lo conferma Rkomi, ossia Mirko Manuele Martorana, milanese di 25 anni, che al momento è in classifica con quattro featuring (Blu con Elisa, Mon cheri con Sfera Ebbasta, Visti dall’alto con Stardust e Boogie night con Ghali) e un solo brano solista (Dove gli occhi non arrivano). Ma non è l’unico, anzi. Se i Kolors con Elodie sono altissimi in radio con Pensare male, anche Guè Pequeno con Frah Quintale vola bene con il suo 2% e Mengoni con Tom Walker gode ancora l’ultima tranche di successo dello splendido Hola!.In poche parole, il fenomeno del «featuring», lanciato dal rap, ha sdoganato la possibilità di duettare senza perdere credibilità oppure disorientare il pubblico. E se, da una parte, questa soluzione è molto stimolante nel creare nuove collaborazioni e nell’abbattere barriere stilistiche ormai tremolanti, dall’altra comporta una continua «turnazione» di voci e artisti che forse può disorientare gli ascoltatori.Qualche volta i duetti, anzi i feat., hanno una identità stilistica che li rende omogenei (ad esempio Cabriolet di Salmo con Sfera Ebbasta o anche Ernia e Nitro in Certi giorni). In altri casi sono una sorta di bentornato come nel caso di J-Ax che annuncia il ritorno di un nome storico come Tormento con il brano Acqua su Marte. Anche nel caso di Carl Brave il duetto ha il compito di allargare il mercato. Lui, che in realtà si chiama Carlo Luigi Coraggio e ha 30 anni, si è costruito un nome in radio e nella nicchia del rap, specialmente romano. Con la splendida Posso, che ha anche la voce di Max Gazzè, si è fatto conoscere da un pubblico che altrimenti non lo avrebbe notato. Ma gli esempi arrivano a decine un giorno dopo l’altro. E non sono soltanto limitati alla sfera rap o indie pop. Takagi & Ketra sono in alta rotazione con La luna e la gatta incisa con Jovanotti, Tommaso Paradiso e Calcutta. E Laura Pausini e Biagio Antonacci, dopo Il coraggio di andare sono tornati con In questa nostra casa nuova che anticipa il loro tour negli stadi in partenza dal San Nicola di Bari il 26 giugno. E anche Madonna ha calato in Medellìn la carta del duetto con Maluma (ops, featuring) per annunciare il primo disco dopo aver aver compiuto 60 anni. Tra l’altro, da quello con Prince (mai pubblicato) fino a quelli con Justin Timberlake di 4 minutes o M.I.A. e Nicki Minaj di Gimme all you loving, non si è mai tirata indietro all’idea di condividere il microfono con qualcun altro.Per farla breve, oggi il duetto è d’obbligo. E il mercato lo recepisce bene, almeno a giudicare dalle classifiche e dalla rotazione radiofonica. In una fase nella quale i generi musicali sono sempre meno distinti e le «fan base» sempre più tolleranti alle «contaminazioni», le strade sono spianate e il futuro promette gli intrecci più sorprendenti. Fino, naturalmente, a esaurimento scorte.

Paolo Giordano, ilgiornale.it

Torna in alto