Clint Eastwood, con Sergio Leone parlavamo a gesti

A 91 anni, se sei Eastwood, ti può capitare anche questo: essere celebrato come se non ci fossi più da colleghi, attori e registi, che ti raccontano con rispettoso amore e valutano anche la tua eredità .

CLINT EASTWOOD – A CINEMATIC LEGACY è appunto una docuserie in nove puntate – in anteprima al Torino Film Festival che ha in cartellone anche il suo ultimo film CRY MACHO – la quale racconta puntualmente la sua carriera, dai western alle storie d’amore, fino ai thriller polizieschi pieni di polvere da sparo. Tante le persone a parlare, da Martin Scorsese a Steven Spielberg, da Mel Gibson a Gene Hackman a Meryl Streep e ovviamente tante parole su di lui. Tra queste riecheggiano spesso quelle su Sergio Leone e gli “spaghetti western” che in realtà lo lanciarono anche sul mercato americano con la ‘trilogia del Dollaro’ in cui l’attore era semplicemente ‘l’uomo senza nome’.
“Sergio Leone non parlava inglese e io non parlavo italiano quando ci siamo conosciuti – dice Eastwood- . Quindi ce la siamo cavata con il linguaggio dei gesti dove lui, essendo italiano, se la cavava molto meglio di me”.
E ancora il regista nel docu-film: “Cosa ho preso da lui? Era bravissimo nei paesaggi, sapeva come esaltarli, ma soprattutto era estremamente audace, coraggioso, non ha mai avuto paura di provare qualcosa di nuovo, di mai fatto al cinema. Mi ha influenzato come regista in tante cose e sicuramente per il suo sguardo e la sua ironia. Con lui è stata comunque una grande avventura”.
Tra i suoi registi di riferimento poi Don Siegel (L’Uomo dalla Cravatta Di Cuoio): “Don – dice – è stato sicuramente quello che ha avuto la più grande influenza su di me. Don era capace di fare un sacco di film, ma non di rimediare un budget decente.
Nonostante questo riusciva a fare cose molto belle”.
Una cosa che deve aver davvero influenzato Eastwood se Spielberg dice di lui: “È uno che fa sempre le cose nei tempi previsti e rientra sempre nel budget. È una cosa che ammiro e che cerco di fare ogni volta nei miei film senza riuscirci”.
Per Gene Hackman, Eastwood “è soprattutto un grande storyteller” mentre per Meryl Streep “uno che fa sempre film interessanti”. Richard Harris dice invece: “È un uomo meticoloso, calmo, affascinante che, grazie anche alla sua lunghissima carriera, conosce tutti sul set anche l’ultimo dei tecnici” , mentre Martin Scorsese sottolinea come abbia “catturato lo spirito del cinema americano classico e portato nel nostro tempo”.
La docuserie, già disponibile in streaming dal 5 novembre su HBO Max negli States, sbarcherà poi in digitale anche su altre piattaforme e persino in Blu-ray, quindi gli appassionati italiani di Eastwood potranno goderne ugualmente. Il documentario è solo una delle tante iniziative con la quale la Warner Bros. celebra i cinquanta anni di esordio alla regia di Eastwood.
Tornando ai numeri, oltre ai 91 anni di età, Eastwood può vantare due premi Oscar per la miglior regia, uno alla memoria Irving G. Thalberg e due come miglior film, un Premio César, sei Golden Globe e quattro David di Donatello. Ha interpretato poi oltre sessanta film incassando in totale più di 1,68 miliardi di dollari USA, con una media di 37 milioni di dollari. Anche a figli il re del western, e musicista per passione, non si è fatto mancare nulla, è infatti otto volte padre da unioni diverse.
Il primogenito Kyle, nato nel 1968 e cresciuto ascoltando Miles Davis, Dave Brubeck e Thelonious Monk, è oggi un noto musicista e compositore. La sorella di Kyle, Alison Eastwood, sempre figlia della prima moglie Maggie Johnson è invece attrice e regista.

Francesco Gallo, ANSA

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