ALESSANDRO CATTELAN: «ARISA UBRIACA? MA VI RICORDATE MORGAN?»

Intervistato da Libero Quotidiano, Alessandro Cattelan ripercorre i piccoli «scandali» di questo X Factor: dalla rinuncia dei Jarvis («è stata una strumentalizzazione») a quella dei Daiana Lou («potevano rimanere»); da Danilo D’Ambrosio («il montaggio era sbagliato») ad Arisa ubriaca («Con Morgan nessuno batteva ciglio»)

alessandro-cattelan-conduttoreAlessandro Cattelan non è mai stato in forma come in questo periodo. Merito di X Factor, della promozione del suo EPCC e di un’esperienza da conduttore ormai navigata, che gli permette il giusto distacco e il giusto giudizio.
Come quello sui Daiana Lou, rei di aver abbandonato il talent show di Sky Uno prima che i giochi fossero finiti: «Era da un po’ che erano affaticati e hanno sfruttato il primo momento utile per autoeliminarsi. Una scelta personale, la rispetto. La lucidità è parte del mio ruolo, ho tentato di dare un consiglio, X Factor tra un mese finirà, si poteva provare a resistere», confida Cattelan a Libero Quotidiano.
«Capisco che chi non è abituato può rimanere spiazzato ma la tv non è la realtà, è fatta anche di sponsor e non ha gli stessi ritmi di una persona normale, l’elaborazione di un lutto per esempio è più compressa», continua il conduttore. In effetti, in questa edizione di X Factor, le polemiche non sono certo mancate. Come quel Danilo D’Ambrosio che accusò la produzione di aver manomesso il video della sua audizione: «Con lui c’è stato un errore di montaggio, non c’era dolo».
Ma anche con la discussa decisione dei Jarvis di non firmare il contratto che il Live li imponeva: «Mi è sembrato si sia cercato di strumentalizzare una cosa normale, all’inizio tutti ci siamo trovati davanti a contratti di quel tipo». Ma la ciliegina sulla torta rimane un’altra: l’ubriacatura di Arisa alla prima puntata: «Un po’ me ne’ero accorto, mi fa sorridere che un’ammissione genuina tiri su un polverone. Con Morgan nessuno batteva ciglio. Arisa è un giudice impeccabile, sa valorizzare i ragazzi».

Mario Manca, Vanity Fair

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