A Woodstock, 50 anni dopo concerto

Un cartello e un museo ricordano i tre giorni di pace e amore

“Tra il venerdì pomeriggio del 15 agosto e la mattina del 18 agosto del 1969, oltre 400mila giovani si riunirono qui su questa collina per far parte di uno degli eventi cruciali degli anni ’60, Woodstock“.

Ciò che resta mezzo secolo dopo il concerto che cambiò la storia della musica è un cartello con queste parole posto all’inizio della spianata dove si tenne l’evento rock più famoso della storia. Siamo a Bethel, cittadina a circa 160 km da New York, dove quasi mezzo milione di giovani per tre giorni visse l’illusione di vivere in un mondo all’insegna della pace, dell’amore e della musica. Il concerto non si svolse fisicamente a Woodstock come programmato dagli organizzatori per protesta da parte dei residenti bensì nella vicina Bethel.

Cinquant’anni dopo il concerto resta una spianata silenziosa dove solo l’immaginazione può portare la mente a quei tre giorni di musica suonata dal pomeriggio alla mattina successiva durante i quali quel popolo, identificato come hippie, ballava, cantava e si sballava. Tuttavia nonostante la maggior parte di quel popolo, musicisti compresi, fosse sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, non si verificarono incidenti. Chi si reca sui luoghi di Woodstock viene qui anche per sognare e riesce a far parte di quel sogno visitando il museo a pochi metri distante, (Bethel Woods center or the Arts) dove foto, oggetti, video riproducono quel momento.

Esposto, tra le altre cose, l’annuncio di quei tre giorni, ‘3 Days of Peace & Music‘ si legge e accanto le date, 15, 16 e 17 agosto con il line-up degli artisti. Sul palco Joan Baetz, Santana, The Who, Joe Cocker, Jimi Hendrix, solo per citarne alcuni. “Forse è un commento sulla musica di oggi – si legge su un cartello che recita una dichiarazione di uno dei partecipanti – che queste band degli anni ’60 vanno ancora in tournée, suonano ancora dal vivo e fanno tutto esaurito, hanno ancora un impatto sui 50enni così come sui 20enni”. Lungo le pareti i volti di tanti giovani artisti, all’epoca poco conosciuti, e che poi hanno fatto la storia del rock.

Un filmato mostra l’assolo alla chitarra di Jimi Hendrix dell’inno nazionale americano ‘Star Spangled Banner’. Una performance passata alla storia perché fu una forma di protesta contro la cosiddetta ‘gloria americana’ che l’inno rappresenta. Al museo di Bethel a ricordare Woodstock c’e’ anche la mostra ‘We are Golden’, una riflessione sui 50 anni del festival e su ciò che la gioventù del 1969 voleva dal mondo. Infine il ricordo di Woodstock si snoda anche lungo il ‘Bindy Bazaar’, il percorso a serpeggio dove i venditori ambulanti si posizionarono con i loro banchetti per vendere merce.

Ansa.it

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