Ferrara e Dafoe, da Roma a Cannes con un film tra realtà e fiction

Un regista americano in preda ai suoi demoni, una giovane moglie di cui è geloso fino al parossismo, la vita quotidiana fatta di spesa al mercato, incontri, sedute con gli Alcolisti Anonimi. E soprattutto Roma, raccontata attraverso la vitalità, l’umanità, il caos multietnico di Piazza Vittorio: sono questi i protagonisti di Tommaso, il film in cui Abel Ferrara, 67 anni e un passato ”maledetto” («ma dalla droga mi sono disintossicato», rivela), si mette a nudo come non aveva mai fatto prima a un anno dal documentario Piazza Vittorio. Con la complicità di Willem Dafoe, 63: come il regista suo vicino di casa, anche l’attore vive gran parte dell’anno a Roma con la moglie italiana, la regista Giada Colagrande. In Tommaso, girato nel vero appartamento di Ferrara, recitano la compagna del regista, la bellissima Cristina Chiriac, e Anna, 4 anni, la figlioletta della coppia. Dopo gli applausi ricevuti al Festival fuori concorso, Abel e Willem, alla quinta esperienza insieme (tra i loro film comuni Go Go Tales e Pasolini), raccontano la loro nuova avventura scambiandosi battute, sguardi d’intesa e risate.

Come Tommaso, nella vita siete anche voi dei tipi gelosi?
Abel Ferrara: «A volte sì, a volte no. Dipende (interviene la moglie: «Solo quando deve esserlo», e giù risate).
Willem Dafoe: «Per essere geloso devo sentirmi minacciato. E non capita spesso, a dire la verità».

Il film, che mescola verità e finzione, ha funzionato per voi come una sorta di autoanalisi?
WD: «Non direi. Il cinema rappresenta sempre una riflessione su chi siamo, cosa facciamo e dove andiamo. Ma non è mai una terapia. In tutti i film mi sento soprattutto un attore e metto l’identico impegno».

AF: «Realizzando Tommaso ho cercato di avvicinarmi il più possibile alla realtà. Ho usato il mio appartamento, ho portato la cinepresa nelle strade e nei luoghi che frequento abitualmente. Ho scelto un’ambientazione che mi è familiare, vicina».

Cosa avete trovato a Roma, al punto di volerci vivere?
AF: «E’ una città magnifica, cos’altro posso dire? Sono felice di passarci buona parte dell’anno. Come a New York e in tutte gli altri luoghi in cui ho abitato, mi identifico soprattutto nella vita del mio quartiere. In più, a Piazza Vittorio abita il mio amico Willem, possiamo vederci dalla finestra».
WD: «Adoro Roma perché mi permette di camminare. E proprio giorvagando a piedi, 15 anni fa ho incontrato mia moglie…Ho scoperto degli scorci magnifici della città non battuti dai turisti. Il traffico, i disagi? E’ niente, per noi che siamo abituati alla follia di New York. Il caos fa parte della vita e quella di voi italiani è molto più sana della nostra».

Com’è cambiata, nel tempo, la vostra collaborazione cinematografica?
WD: «Si è articolata sempre meglio. Il nostro rapporto è indescrivibile. Tra noi c’è pura fiducia, discutiamo sempre insieme dei nostri rispettivi progetti. E questa volta Abel mi ha permesso di lavorare con sua moglie e sua figlia: è stata una grande responsabilità».
AF: «Ad ogni film, Willem e io andiamo un po’ più avanti. Troviamo l’ispirazione, ci intendiamo sempre meglio. Posso dire che Tommaso è nato da Pasolini che girammo nel 2015».

Che effetto vi fa essere tornati a Cannes?
In coro: «C’è la spiaggia, i ristoranti sono ottimi, mostriamo il nostro film. Non c’è niente di meglio».

Entrambi siete legati a donne che appartengono al mondo del cinema: è difficile stare in coppia con chi fa lo stesso mestiere?
WD: «No, nel mio caso è una fortuna».
AF: «Beh…». Di nuovo interviene Cristina: «Sono fortunatissima ad aver sposato Abel. Stando con lui si corrono dei rischi, ma ne vale la pena». Risate generali.

Gloria Satta, ilmessaggero.it

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