Cinema senza soldi: “Così non si riapre”. Troppo alti i costi per ripartire

Sulla carta i cinema potrebbero riaprire lunedì prossimo ma tenere una sala aperta con la metà dei posti disponibili, i costi altissimi e la paura di non riempirla, fa tremare chi li gestisce. La situazione era già difficile prima della pandemia, figuriamoci oggi. A scattare una fotografia dettagliata del comparto è un’interrogazione di qualche giorno fa al Ministero della Cultura di Emilio Carelli, (Gruppo Misto) che chiede fondi straordinari per accompagnare la ripresa. Richiesta, del resto, che viene anche dalle associazioni di categoria come Confcommercio, che vede difficile la ripartenza senza iniziative di sostegno per gli imprenditori privati. Le incognite sul dopo Covid, infatti, sono tante a partire dalla principale: i romani sono pronti a tornare nei luoghi al chiuso e per di più con l’obbligo del distanziamento e della mascherina?
Intanto si fanno i conti con quanto avvenuto in questo ultimo anno e più. La situazione di emergenza sanitaria ha fatto si che nel 2020 i cinema hanno registrato un incasso complessivo di oltre 182.5 milioni di euro per un numero di presenze pari a circa 28 milioni di biglietti venduti: rispetto al 2019 si è trattato di un decremento di più del 71,3 per cento degli incassi e di più del 71 per cento delle presenze. Se si considerano i dati a partire dall’8 marzo 2020, primo giorno di chiusura nazionale delle sale, il mercato nel 2020 ha registrato invece il 93 per cento circa in meno di incassi e di presenze rispetto al 2019, per una differenza negativa di oltre 460 milioni di euro.

Nella Capitale il quadro è particolarmente drammatico visto che lo scorso anno si registravano circa 50 sale cinematografiche chiuse in circa 30 anni e 15 già demolite. Sono 97 i luoghi disseminati per la città che un tempo erano dei cinema, ma che oggi hanno cambiato destinazione d’uso e si sono trasformati in altre attività: fra questi 16 sono diventate attività commerciali, 12 teatri, 10 bingo, 9 supermercati, 6 banche e 3 hotel.

Spiega Carelli: «Il cambio di destinazione d’uso dei cinema ha interessato, nel corso degli anni, praticamente tutti i quartieri della città, nonostante l’esistenza di leggi specifiche che tutelano la continuità d’uso dei luoghi di interesse culturale, come le deroghe al piano regolatore. Questo prevede, in particolare, che nel recupero delle sale cinematografiche, almeno il 50 per cento dello spazio venga utilizzato con fini culturali e, nei casi di locali e attività di interesse artistico e culturale contenuti nella Carta della qualità del piano regolatore generale del Comune di Roma, siano consentiti solo interventi di manutenzione o di restauro, senza cambio di destinazione d’uso. Nella pratica, però, i vincoli sulla destinazione d’uso molto spesso decadono, facendo spazio ad accordi tra il Comune e i privati, che trasformano questi luoghi in attività di tutt’altra natura, come bingo, alberghi o supermercati. Da qui la richiesta di altri fondi straordinari al Ministero della Cultura per non lasciare soli gli imprenditori».

iltempo.it

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