Paris Jackson, Growing into love

Paris Jackson è nata e cresciuta a Neverland, che è la terra del “per sempre” ma anche la terra del “mai”. Mai doma quindi, nonostante gli anni difficili seguiti alla morte del padre (il 25 giugno 2009). Ma anche guerriera e sognatrice, ora e per sempre. Una creatura terrestre nelle cui vene scorre il più soul del sangue blu. Diciannove anni trascorsi tra sogno e realtà, occhi azzurri e anima black, Paris è l’unica figlia femmina di Michael Jackson, nata dal matrimonio tra il re del pop e Deborah Rowe, un’infermiera bianca conosciuta nell’ospedale dermatologico dove curava la sua leggendaria vitiligine. Un’adolescenza trascorsa nell’ombra e nella costruzione di sé, fino alla scelta recente di affacciarsi al mondo: «Non certo per cavalcarlo, ma per cambiarlo», racconta. Modella e attrice agli esordi, attivista e sostenitrice dell’uso “politico” dei social, per cominciare la sua nuova vita ha scelto la cover de L’Uomo Vogue, proprio come suo padre 10 anni fa: «Mi sento onorata, e fortunata, per questa straordinaria coincidenza e questa grande occasione».
L’Uomo Vogue: Ha detto di aver scelto di uscire dall’ombra e iniziare a sfilare e recitare “per aiutare le masse”. Come pensa di poterlo fare?
Paris Jackson: Prima di tutto ho iniziato a recitare perché amo questo lavoro. Ma di certo, mi sono immediatamente resa conto che tutto può andare di pari passo col mio ruolo di attivista: più passa il tempo e più posso raggiungere un numero maggiore di persone, e diffondere il mio messaggio su larga scala.
L’U.V.: Tutelarla dall’esposizione mediatica era l’ossessione di suo padre: come pensa di proteggersi dalle trappole della fama?
P.J.: L’unico mantra è questo: fregatene di tutto, ma prova compassione. Se trovi un equilibrio tra queste due cose, sarai a posto per tutta la vita.
L’U.V.: Si è convertita al buddismo?
P.J.: L’ho studiato, ma non mi definisco un’adepta. Sono più che altro una discepola e una studentessa della vita, e della natura.
L’U.V.: Anche nel look, sembra piuttosto “freak and woodstock”, ultimamente…
P.J.: Verissimo, è uno stile che mi fa sentire vera, molto nella mia pelle. In questo momento le mie tre icone fashion sono Stevie Nicks, Janis Joplin e Jimi Hendrix.
L’U.V.: Che missione crede di aver ricevuto dall’universo?
P.J.: Sento di avere un’anima fatta d’amore e a esso dedicata. E questo amore lo voglio diffondere ogni giorno, da un punto di vista personale e anche verso le masse. L’amore è la medicina che cura tutto. È la chiave dell’unicità di ciascuno. Quindi, se riuscissi a far compiere al mondo anche solo un passo in quella direzione, allora avrò contribuito al progresso dell’umanità.
L’U.V.: Perché John Lennon è così importante per lei?
P.J.: Per me è un maestro, un fratello, un santuario. La sua musica, come quella dei Beatles, m’è servita da guida e da rifugio, sin da quando ero bambina. E più mi imbarco in quest’idea di esistenza che voglio condurre, e più il suo messaggio cresce dentro di me. John non solo ha cantato l’amore: lui s’è arreso, all’amore. E alla fine, amore, lo è diventato.
L’U.V.: Perché allora ha detto che il mondo “è un luogo malvagio”?
P.J.: Non ricordo di averlo detto, ma può anche essere, la mia memoria spesso fa cilecca. Ciò che posso dire con certezza, però, è che siamo governati dalla paura. La paura è il dio della maggioranza, e porta divisioni e odio. Se la riconoscessimo, se la sradicassimo, vivremmo tutti in armonia. Immagini…
L’U.V.: Ha scelto di diventare ambasciatrice per la Fondazione per la lotta all’Aids creata da Elizabeth Taylor. Per la sua generazione è un tema sensibile?
P.J.: Intanto voglio dire che mi entusiasma il ruolo di ambasciatrice per la fondazione creata dalla mia madrina. Era una tipa tosta, e ammiro ciò che ha fatto: voglio impegnarmi per tutta la vita. Per il resto, la risposta è sì: è una priorità non solo per la mia generazione, ma per il mondo intero. Per colpa dell’ignoranza il virus continua a diffondersi, le persone a rischio devono poter fare il test e sapere che molte cliniche lo offrono gratuitamente. È necessario che queste istituzioni continuino a esistere e ricevere finanziamenti.
L’U.V.: È per battaglie come questa che si espone così tanto sui social network?
P.J.: Sì. Ma anche per mostrare i mei errori, le motivazioni che mi muovono, la mia crescita. Per dare e ricevere, in continuazione. Voglio condividere il mio viaggio in questa folle cosa, che tutti chiamano vita.

L’uomo Vogue

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