Iannacone, nelle periferie con Che ci faccio qui

Giornalista, regista, scrittore, autore dei suoi programmi, riesce ogni volta senza retorica, senza enfasi, a raccontare storie di miseria, vite perdute o redenzione, povertà, quella vera, di protezione o di perdita totale del consentito.
Dal 2 dicembre Domenico Iannacone torna su Rai3 in seconda serata con 4 puntate speciali di Che ci faccio qui (senza punto di domanda), per portarci nel cuore di due periferie-simbolo del nostro Paese: Scampia a Napoli e San Basilio a Roma. “Rappresentano – racconta il giornalista e conduttore in una conversazione all’ANSA – due facce della stessa medaglia, collocate in due città bellissime cariche di storia, ma che hanno delle criticità enormi, e anche sappiamo importanti problemi, non solo di gestione amministrativa, ma anche di criminalità, droga, violenza”. Con il suo sguardo senza pregiudizi, Domenico Iannacone ci accompagna in luoghi in cui il male e il bene si scambiano di posto continuamente.
Nella prima puntata, intitolata La Famiglia, prosegue Iannacone, “affrontiamo una storia che è come un romanzo crime scritto alla rovescia: potremo chiamarla la storia ‘Oltre Gomorra’. Siamo a Scampia, una volta luogo indiscusso di supremazia per lo spaccio, ma non più oggi perchè gli è stato soffiato via il primato da altri luoghi tristemente noti”. A volte basta nascere in una famiglia che vive e annusa sin dall’infanzia questi codici comportamntali di vita che gli vengono trasmesssi imposti perché la propria vita sia già segnata, infilata in un binario che sembra non concedere scampo. Mancanza di un tetto, miseria, violenza, prigione, morte, fanno spesso da sfondo all’esistenza di tante persone. Ma può succedere di rinascere una seconda volta, anche a Scampia: come è avvenuto a Davide Cerullo, ex camorrista, che “è stato in carcere e aveva fatto solo la quinta elementare, non aveva mai letto un libro, ha iniziato a farlo dietro le sbarre – prosegue Iannacone – e oggi è diventato uno scrittore – tradotto anche all’estero, in Francia – fotografo e animatore dei bambini che vivono all’interno delle Vele. “Non sapevo cosa fosse il valore della vita – dice Davide – Quello che valeva per me in quella vitaccia era cosa pensava il boss di me: se io per lui valevo, se io per lui contavo, se io per lui ero utile, se lui di me si fidava. Se io gli davo fiducia”.
Un racconto crudo e senza sconti, che attraversa la vicenda tragica di una vita e di un’intera famiglia. “Perchè a un certo punto, dopo aver scontato la sua condanna, senza essere un pentito – aggiunge Iannacone -. Davide ha una sorta di crisi esistenziale, si rende conto che la sua vita è sempre stata quella di un altro e piano piano cambia, fino alla svolta definitiva, per questo dopo aver vissuto fuori decide di tornare a vivere a Scampia dove tutto era iniziato, come un’espiazione, un purgatorio, ma è lì la sua salvezza”. La seconda puntata è ambienta a San Basilio dove l’emergenza abitativa è un allarme sociale. Perché queste due periferie Napoli e Roma? “Il tema dell’emarginazione, l’idea che possano esserci città esterne e uomini invisibili mandati ai margini – spiega Iannacone -, è un argomento che mi sta a cuore, perché è uno dei grandi problemi sociali. Oggi, mentre il centro città si svuota, nelle periferie c’è ancora energia insieme ai problemi: ci sono dinamiche legate alla sopravvivenza ed una solidarietà assente altrove. C’è il bene, ovvero l’altruismo, e il male, possono coesistere o camminare su binari paralleli”.
Che ci faccio qui condotta da Domenico Iannacone e prodotta da Hangar TV di Gregorio Paolini, va in onda su Rai3 con 4 puntate speciali a partire dal 2 dicembre, alle 23:15

Nicoletta Tamberlich, ANSA

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