La tv svizzera spegne il segnale. Fine delle trasmissioni in Italia

Il 3 giugno la Tv Svizzera spegnerà il suo digitale terrestre. Fine delle trasmissioni per i telespettatori italiani rimasti (nelle province di Como e Varese) e fine di un’epoca. «La Svizzera», da questa parte del confine, non si vedrà più. «Non è stata una nostra scelta, ma del governo federale che ha deciso di spegnere le 200 antenne che diffondevano il segnale. In Svizzera la tv via cavo copre tutto il territorio e mantenere il digitale terrestre, soprattutto per i costi, non conviene più». È sconsolato Maurizio Canetta, dal 2014 direttore della Radiotelevisione Svizzera. «C’è grande malinconia per questo addio al pubblico italiano – ammette Canetta, in azienda dal 1980 -. Sto ricevendo tante lettere ed email di telespettatori dispiaciuti. In Ticino ogni giorno entrano 60 mila lavoratori frontalieri che nei nostri programmi hanno sempre trovato un punto di riferimento. Con tutto il rispetto per l’ottimo lavoro del Tg3 Regionale, siamo noi la televisione dei frontalieri».

Il 3 giugno finirà una storia che per il pubblico italiano è iniziata con la finale di Coppa dei Campioni del 1963. A Wembley, Londra, si sfidavano il Milan di Rivera e il Benfica di Eusebio. La partita si giovava di pomeriggio e, per ragioni ancora oggi misteriose, la Rai, non volendo stravolgere il suo palinsesto, decise di trasmettere la finale la sera in differita. Si assistette così a un esodo di tifosi dalla Lombardia, e non solo, verso il Canton Ticino per vedere la finale trasmessa in diretta dalla tv svizzera. A inizio anni Settanta «la Svizzera» entrò nelle case degli italiani («A metà di quel decennio ci vedevano anche a Roma», ricorda Canetta) divenendo, insieme a Capodistria e prima delle tv private, l’unica alternativa ai due canali Rai (Rai 3 sarebbe arrivata solo nel 1979). Un’intera generazione è cresciuta guardando le partite di basket della Federale Lugano del grande Manuel Raga, quelle di hockey su ghiaccio dell’Ambri Piotta, le compassate telecronache di calcio di Giuseppe Albertini, romano trapiantato a Lugano che chiamava il pallone «la sfera». E poi «Scacciapensieri», il primo programma televisivo di soli cartoni animati visto dai bambini italiani. E ancora, Giorgio Gaber con lo spettacolo «Me, fuori di me» del 1973 e Mike Bongiorno con «Personaggi in fiera». «Abbiano iniziato con i programmi a colori nel 1971, sei anni prima della Rai – ricorda il direttore -. Diversi artisti e personaggi televisivi italiani emigrarono nei nostri studi per provare l’ebbrezza di andare in onda a colori». Senza dimenticare le infallibili previsioni meteo della tv svizzera, nonostante da questa parte ci fosse il colonnello Bernacca. «Per il pubblico italiano eravamo un canale esotico, piacevamo anche per questo. Secondo le rilevazioni dell’epoca erano 700 mila i televisori italiani sintonizzati sul nostro canale».

Poi, a partire dal 1977, con la liberalizzazione delle frequenze e il boom delle tv private, l’esotismo elvetico iniziò a scemare. Così come la potenza del segnale che man mano si è ritirato verso la Confederazione. Negli ultimi anni, per il pubblico italiano, la tv svizzera è diventata una vera tv di frontiera, visibile solo da chi abita nelle zone di confine. Dal prossimo 3 giugno ne faranno a meno anche loro. Rimane internet con alcuni programmi on demand . Ma non sarà la stessa cosa.

Roberto Rizzo, Corriere.it

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