Carla Bruni: «Sarkozy è il mio grande amore. Lo difenderò sempre»

L’ex presidente francese, processato per corruzione, rischia una condanna a quattro anni di reclusione. In attesa della sentenza, la moglie si è schierata pubblicamente dalla sua parte, postando una foto in cui lo accompagna davanti ai giudici

Durante il servizio fotografico che accompagna questo articolo, Carla Bruni-Sarkozy, torinese, 53 anni, canticchia costantemente le canzoni del suo nuovo album, intitolato Carla Bruni (Universal), oltre ad esprimere il suo apprezzamento per gli abiti del direttore creativo di Saint Laurent, Anthony Vaccarello, che indossa nelle foto, e a controllare il suo cellulare. «Ho l’animo di una teenager», ammette.

Che è la ragione per cui è «un po’ fissata con i social media». Ma, recentemente, la modella, cantante ed ex first lady di Francia ha usato il suo account Instagram per fare molto di più che postare foto e video della sua tranquilla vita privata o della sua fortunata carriera musicale, come è sua abitudine fare: ha usato Instagram per difendere lealmente suo marito, Nicolas Sarkozy, che ha ricoperto il ruolo di presidente della repubblica francese tra il 2007 e il 2012, e che è stato appena condannato a tre anni di carcere per corruzione e traffico di influenze. Un tribunale di Parigi ha valutato come dimostrato il fatto che, nel 2014, Sarkozy avrebbe offerto una mazzetta a un pubblico ministero in cambio di aiuto per un caso che lo riguardava. «Sono orgogliosa di te, amore mio. Ammiro il tuo coraggio, il tuo comportamento, il tuo ergerti da solo contro tutti, a fronteggiare torrenti di spazzatura», ha postato immediatamente dopo che la decisione della corte era stata resa pubblica. Non è la prima volta che la Bruni usa i suoi social media per cercare di ripulire l’immagine del marito, o che utilizza la sua musica per supportarlo con forza, che si tratti di una canzone su un sempliciotto e indeciso pinguino (che pare fosse dedicata al suo successore all’Eliseo, il socialista François Hollande), o di altre intense canzoni romantiche come L’Amoureuse, Mon Raymond, J’Arrive À Toi, Tu Es Ma Came…

Lo scorso inverno, nel mezzo della promozione del suo ultimo album, Bruni-Sarkozy ha aggirato le domande dei giornalisti sui problemi legali di suo marito, il quale aveva altre cause in corso legate al presunto finanziamento illegale della sua campagna per la rielezione del 2012: «È il mio ragazzo. Non indossa mai il pigiama a letto. Sono innamorata come il primo giorno. Ora sta boxando in tribunale come su un ring. E io sono dalla sua parte. Gli sto vicina incoraggiandolo, dandogli il mio amore e prendendomi cura delle sue ferite». A dicembre, decise di accompagnarlo in tribunale e, in quell’occasione, condivise una foto con un testo che era chiaro come il sole: «Sto dalla parte del mio uomo», un’allusione al brano Stand By Your Man, un classico della cantante country Tammy Wynette, che Bruni aveva inserito nel suo album precedente, French Touch, che includeva altre cover di canzoni famose. «Be’, forse non è un brano molto femminista, almeno nel modo in cui il femminismo è inteso oggi, non lo è in modo militante. Ma mi piace ancora stare a fianco del mio uomo», ride. «E sa cosa? Il mio uomo fa lo stesso con me. È uno scambio. Il mio uomo si prende cura di me. Se ho un problema, posso contare su di lui. Sempre. È reciproco», confida durante una conversazione al telefono da casa, un palazzo nel 16simo arrondissement a Parigi, dove la coppia vive con la loro figlia Giulia, 9 anni, il diciannovenne Aurélien Enthoven, figlio della Bruni e del filosofo Raphäel Enthoven, due cani e due gatti. «Ho sempre avuto animali. Mio marito diventa pazzo perché è una tigre».

Nonostante la sentenza non sia definitiva – Sarkozy può ricorrere in appello e, anche se, alla fine, verrà giudicato colpevole, non andrà in carcere, ma sconterà la sua condanna agli arresti domiciliari – secondo quanto riportato dai media di tutto il mondo, la decisione della corte significherebbe la fine definitiva dei suoi ipotetici programmi di un ritorno all’Eliseo. Sia i suoi detrattori, sia i suoi ancora numerosi sostenitori – che vedono in lui l’unico candidato in grado di riportare la destra al potere – danno per scontato che Sarkozy si candiderà per le elezioni presidenziali del 2022. Cosa che Carla Bruni-Sarkozy nega categoricamente.

«Mio marito non tornerà in politica perché non vuole divorziare», rivela. «Mi ama molto, pertanto sarebbe costretto a “barattarmi” in cambio di qualcos’altro (Ride). No, no, no, non più politica, è finita! Non solo per me, ma perché mio marito che – è la mia opinione – è stato il miglior presidente che abbiamo avuto per anni, non è stato rieletto. E questa è la democrazia, per cui basta. No, no, no! Non tornerà in politica», insiste la Bruni che, inoltre, fa appello alla stabilità della loro vita familiare, la maggiore preoccupazione di suo marito in questo momento, e al fatto che Sarkozy guarda sempre al futuro. «Non è un uomo malinconico o nostalgico. Io lo sono perché scrivo musica. Succede agli scrittori, ai poeti, ma anche ai giornalisti. Non pensa ci sia qualcosa di nostalgico nell’arte dello scrivere?», mi chiede. «Ma lui non è così», continua. «È un uomo d’azione. E ha un nuovo lavoro: mio marito è un avvocato (Nel 2013, ha negoziato, per esempio, il divorzio dell’Aga Khan, ndr), ed è impegnatissimo. Gente da tutto il mondo viene a Parigi per chiedergli consigli. Per la prima volta nella sua vita sta guadagnando un po’ di soldi, perché, come sa bene, i politici di solito, da quel punto di vista, non fanno un granché. Abbiamo cinque figli (Giulia e Aurélien, e Jean, Pierre e Louis, nati dai due matrimoni precedenti di Sarkozy, ndr), tre nipoti, siamo felici. Non vogliamo più avere a che fare con la politica. Mio marito ha avuto una carriera brillante. Ha cominciato come deputato, è stato sindaco (Di Neuilly sur Seine, un Comune ricco ai confini di Parigi) per vent’anni, ministro (degli Interni dell’Economia), presidente… E ha perso le elezioni. È in un’altra fase della sua vita ed è felice», dice con la sua voce seducente. La stessa con la quale conquistò suo marito nel 2007, quando s’incontrarono a una cena a casa del pubblicitario Jacques Séguéla che terminò con lei che gli sussurrava canzoni d’amore nell’orecchio e con Sarkozy che le prometteva: «Sarai la mia Marilyn and e io il tuo JFK». Considerata la frenesia mediatica che si scatenò intorno alla loro relazione, il presidente non stava, evidentemente, esagerando.

A quel tempo, Sarkozy viveva da solo all’Eliseo e stava lottando per venire a patti con la sua separazione dalla seconda moglie, Cécilia Ciganer Albéniz, che lo aveva appena lasciato per andarsene a New York con l’uomo d’affari e pubblicitario Richard Attias. Anche la Bruni aveva appena rotto con il filosofo Raphaël Enthoven, lo stesso al quale è dedicata una delle sua canzoni più note, Raphaël, e figlio del suo compagno precedente, il filosofo Jean-Paul Enthoven.

Non c’è bisogno di dire che questa relazione fu al centro delle conversazioni della scena letteraria parigina e della sinistra benestante, una polemica che si è ripresentata lo scorso autunno quando padre e figlio hanno pubblicato due romanzi ispirati a quegli eventi e dai quali, comunque, la Bruni esce incolume. Ma tornando alla sua cotta per Sarkozy, la notizia che la cantante «libertina», come era stata definita da certa stampa, che era arrivata a descriverla come la reincarnazione femminile del mito di Don Giovanni per le sue storie con Eric Clapton e Mick Jagger (Che lei non ha mai confermato) si fosse «ravveduta» con il leader dei repubblicani fu una notizia davvero esplosiva, confermata dalla pubblicazione delle immagini dei due insieme a Disneyland Paris e nel sito archeologico di Petra, in Giordania, dove lui, con addosso jeans e occhiali da sole Ray-Ban, si guadagnò il soprannome di «presidente bling bling». Tre mesi dopo, si sposarono all’Eliseo.

Come Bruni-Sarkozy spiegò all’edizione americana di Vanity Fair, nel 2013, formalizzare la relazione la aiutò a esercitare il ruolo di first lady della repubblica, «in modo pulito e legale».

Durante il mandato di suo marito, un politico conservatore, Carla viaggiò in tutto il mondo e divenne la migliore ambasciatrice della moda francese, sempre impeccabile nei suoi abiti Christian Dior e con ai piedi scarpe base o con un tacco medio per non mettere in ombra il marito, parecchio più basso di lei. Un periodo affascinante, ammette la Bruni, che occuperà diverse pagine del libro autobiografico che ha in programma di scrivere. «È stato un capitolo meraviglioso della mia vita. Ho incontrato persone straordinarie, da eroi sconosciuti a Nelson Mandela. Da una donna che aiutava le persone in difficoltà, bambini disabili o pazienti di Aids, alla regina di Inghilterra. O di Spagna». Infatti, la sua visita nella penisola iberica, nell’aprile del 2009, provocò enorme fermento e l’immagine della first lady e dell’allora principessa delle Asturie, che salgono le scale del Palazzo della Zarzuela, la prima in un abito blu e un paio di scarpe con tacco medio e le inconfondibili suole rosse di Christian Louboutin, la seconda con addosso una creazione viola di Felipe Varela e tacco dieci fece il giro del mondo. «La regina Sofia è stata estremamente calorosa con me», ricorda Bruni-Sarkozy. «Quanto a sua Altezza e alla sua consorte, formano una coppia meravigliosa. Sono evidentemente molto innamorati, mi sono sentita come se stessimo pranzando con una famiglia normale, non con re e regine. C’erano i genitori, Juan Carlos and Sofía, il figlio, la nuora, due ragazzine…», ricorda. «Non dev’essere facile ricoprire quel ruolo, ma penso che la regina Letizia stia facendo un ottimo lavoro. È così bella, elegante, generosa, discreta. Era una giornalista, quindi ha dovuto imparare tutto da zero. Non viene da una famiglia abituata ad avere fra i suoi componenti una regina. Possiede una nobiltà naturale».

«Ha dato un qualche tipo di consiglio alla nuova first lady degli Stati Uniti, Jill Biden?», chiedo. «No, non dò mai consigli, perché non so nulla. Posso dare suggerimenti solo sugli spaghetti. Posso svelarti il segreto per cuocerli al dente (Ride): “Signora Biden, ha bisogno di una pentola grande, con molta acqua. Quando bolle, aggiunga il sale e cuocia la pasta un minuto in meno di quello che c’è scritto sulla confezione”». La stampa ha sempre raccontato come lei e i Macron andiate d’accordo, ha parlato con la first lady di recente?», domando. «No, perché non sono contenta di come stanno andando le cose in Francia. Preferisco evitare. Sono educata. Quello che ho fatto è stato dire a mio marito di chiamare il presidente e di dargli qualche consiglio. Ma non lo ha fatto perché è un vero leader, o è al comando o non lo è. Non ci sono vie di mezzo».

Carla Bruni-Sarkozy non è soddisfatta rispetto al modo in cui il governo Macron sta gestendo la pandemia. «Non capisco dove siano i vaccini. Nel 2011, mio marito ha dovuto fronteggiare l’emergenza SARS, ricorda? Si procurò 80 milioni di dosi e le fece somministrare in ogni centro medico della Francia, giorno e notte. Giorno e notte! Fece vaccinare 30 milioni di persone, soprattutto gli anziani e i più fragili. Se lo ha potuto fare, perché adesso sembra impossibile? Non mi trovo in una posizione normale perché ho visto quello che lui ha fatto con la SARS, che era molto più letale del Covid-19, era la peste, il colera! Naturalmente non è andato in Europa a parlare, bla, bla bla. Ha comprato i vaccini e basta. In Gran Bretagna, 80 milioni di persone sono già state vaccinate, in Israele l’intera popolazione, lo stesso in Svizzera. Perché non in Francia, in Spagna? Perché? C’è un motivo? No. Quindi, no, non sono contenta rispetto a come la situazione è stata gestita. Non sono felice perché il nostro mondo sta morendo. Hotel, ristoranti, café, musei. Sta morendo tutto! Che cosa significa che il vaccino esiste ma non lo comprano? No, non sono soddisfatta per niente», dice.

Comprendo perfettamente la sua rabbia e anche il motivo per cui la sua agente e braccio destro da decenni, Véronique Rampazzo, dichiarò, nel 2013, all’edizione francese di questa testata che le etichette discografiche cercano sempre di dissuaderla dal parlare di politica durante la promozione dei suoi album. È troppo onesta e diretta: «Rischia di fare delle gaffe». «Lavoro duro e lotto per le cose cui tengo, ma non mi piace il conflitto», mi dice, nonostante tutto. «Non amo discutere con la gente. Posso farlo se devo, ma preferisco le vibrazioni positive…», dice, mentre comincia a canticchiare Good Vibrations. «Oh, adoro i Beach Boys». È una buona idea per un disco, le faccio notare. Sta scrivendo? «Sto componendo canzoni per altri, ma ho appena finito questo album e voglio dedicarmi a Carla Bruni. Spero ancora di poterlo presentare Live a Barcellona in estate. Tengo le dita incrociate».

Prima di salutarci, mi racconta di avere uno studio di registrazione a casa, dove compone di notte. «È il posto perfetto perché posso vedere i miei figli, il mio uomo, preparare cena, ma è soprattutto il “mio studio”, un luogo protetto. Sa che Virginia Woolf era solita dire che per una donna è molto importante avere una stanza tutta per sé. Le donne hanno bisogno del proprio spazio più degli uomini, perché loro sono più rispettati. Capisce che cosa voglio dire?». Le chiedo se stia ancora dedicando canzoni d’amore a suo marito. «Be’, tutte le mie canzoni parlano d’amore. E chiaramente lui è il mio amore. Ma posso anche trarre ispirazione dalle vite di altri, da una coppia seduta su una panchina o da due anziani ancora innamorati l’uno dell’altra. O da una persona che ha il cuore spezzato. Ma se qualcuno mi chiede chi è il mio grand amour, la risposta è: “Mio marito”». 


Veronica Bianchini, Vanityfair.it

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