Bono: “Non mi piace il nome della band e mi imbarazzano le nostre canzoni”

Il frontman degli U2, al netto di oltre 200 milioni di dischi venduti in 45 anni di carriera, in un’intervista al podcast Awards Chatter dell’Hollywood Reporter ha dichiarato di non amare la propria voce “molto tesa” in tante canzoni del gruppo

La rivista Rolling Stone lo ha collocato al 32º posto nella lista dei 100 migliori cantanti di tutti i tempi, il mensile Q al 26º, ma anche al  tra i 100 migliori frontmen di sempre. 

Ha interpretato brani memorabili come “One” (che, secondo un sondaggio condotto dalla rete televisiva VH1, è la canzone britannica con il miglior testo in assoluto), “Beautiful Day”, “With or Without You” e “Where the Streets Have No Name”. Nel 2002 il suo nome è stato incluso nella lista, promossa dalla BBC, dei “100 Grandi Britannici” del presente e del passato come, ad esempio, Sir Winston Churchill, John Lennon, la Principessa Diana di Galles, la Regina Elisabetta II d’Inghilterra

Nel 2005 è stato nominato “Persona dell’anno” da Time Magazine e figurava nella lista dei 100 candidati per il Premio Nobel per la Pace

Il 29 marzo 2007 viene insignito del titolo di “Cavaliere” dalla regina Elisabetta II per il grande contributo in ambito musicale e umanitario.

Ma, nonostante tutto questo, Bono Vox, 61 enne frontman degli U2, in un’intervista al podcast Awards Chatter dell’Hollywood Reporter, ha dichiarato che molte delle canzoni del gruppo, di cui non gli piace  nemmeno il nome, lo fanno “rabbrividire”. Ha aggiunto che i primi brani della band, che ha venduto più di 200 milioni di dischi in 45 anni di carriera, gli provocano imbarazzo e ne salverebbe solo alcune: “Vertigo”, brano di apertura dell’album “How to Dismantle an Atomic Bomb”, e “Miss Sarajevo” che però non è esattamente degli U2, ma di un gruppo, “Passengers”, che includeva i quattro U2 e Brian Eno, nato per creare colonne sonore.

Sebbene riconosca che la sua band suoni in modo fantastico“, Bono ha dichiarato che la sua stessa voce “molto tesa” non gli piace affatto: “Anche la mia voce in quei brani mi imbarazza, sono diventato un cantante solo adesso”, ha specificato.

Il cantante irlandese, nonostante quindi il successo planetario e la longevità del gruppo, ha raccontato di aver sentito una delle sue canzoni alla radio e di essere terribilmente arrossito e ha poi sparato a zero anche sul nome “U2”, ispirato all’aereo spia americano: “Nella nostra mente, ricordava il ‘Lockheed U-2′: l’aereo equipaggiato di macchine fotografiche e telecamere, sapeva di futuro… Poi è diventato una sorta di accettazione implicita di quello che quell’aereo significava. Non mi piace quel nome”.

La pensa allo stesso modo anche il chitarrista del gruppo. David Howell Evans, in arte The Edge, che non apprezza il gioco di parole che ne viene fuori: “U2” suona “You too”, “anche tu”. 

Il designer Steve Averill aveva proposto una rosa di nomi. “Tra i suggerimenti, non è che U2 sia saltato fuori come quello che cercavamo davvero. Era quello che odiavamo di meno“, ha spiegato The Edge, anche lui ospite del podcast. “Lo abbiamo scelto senza amarlo davvero all’inizio”. “Io non lo amo nemmeno oggi – ha incalzato Bono – Il nome avrebbe dovuto far pensare a qualcosa di ‘futuristico’, tra un ‘aereo spia’ e i battelli sottomarini ‘U-boat’. Invece è stato accolto come un banale ”anche tu”.

Magari “anche tu”, in un’ ottica attuale, potrebbe essere considerato inclusivo e non banale… Ma certo è che queste dichiarazioni hanno stupito e fanno scalpore. Si potrebbe malignare, pensando ad una trovata pubblicitaria, ma ovviamente Bono Vox non ne ha bisogno… Allora? E’ possibile che anche un mito possa non riconoscersi più in ciò che è stato? Forse. Si può immaginare che persino una delle rockstar più amate al mondo sia insoddisfatta? E’ umano.

Forse, come diceva in “Red Flag Day”, “I am made of all that I’m afraid of” (Sono fatto di tutto quello di cui ho paura) .

Ma lui stesso ha scritto: “When the lights go out, don’t you ever doubt the light that we can really be” (Quando le luci si spengono, non dubitare mai della luce che possiamo davvero essere) – “The blackout”

Torna in alto