Rami Malek: “Ho studiato per poter entrare nella mente e nel cuore di Freddie Mercury”

Parla l’attore che impersona la star nel film sui Queen “Bohemian Rhapsody”

È almeno dal 2010 che si sente parlare della imminente realizzazione di un film su una delle più grandi band del rock contemporaneo, i Queen. Ma solo ora arriva al cinema Bohemian Rhapsody, dall’omonimo singolo di grandissimo successo del 1975. L’anteprima mondiale si terrà il 23 ottobre 2018 alla Wembley Arena di Londra, sede dello storico Live Aid voluto da Bob Geldof e la cui performance dei Queen è fedelmente riprodotta nella parte finale del film, che uscirà negli Stati Uniti il 2 novembre e in Italia il 29 dello stesso mese. Dietro la macchina da presa di questo biopic musicale, realizzato sotto l’occhio vigile del chitarrista dei Queen, Brian May, e del batterista, Roger Taylor, c’è Bryan Singer, l’eclettico regista de I soliti sospetti e della saga di X-Men, che però ha avuto un incidente di percorso verso la fine delle riprese – non presentandosi alcune volte sul set per via, ha spiegato lui, della malattia della madre – con tanto di licenziamento da parte della Fox che ha chiamato Dexter Fletcher a sostituirlo. Anche se alla fine, per ragioni contrattuali, nei titoli di testa è rimasto il nome solo di Singer. I soliti ben informati però raccontano di divergenze sul set tra il regista e il protagonista, Rami Malek (volto molto conosciuto per la serie Mr. Robot), chiamato a interpretare Freddie Mercury. Ma il diretto interessato, venuto a Roma a presentare il film, lascia rispondere l’altro protagonista, Gwilym Lee che interpreta Brian May il chitarrista dei Queen: «Sono cose che possono capitare. In realtà il cambio di regia si è verificato alla fine quando sapevamo bene che storia raccontare e come farlo. Non ha avuto un grande impatto su di noi».Mentre Malek, che ha lavorato tantissimo nel tentativo camaleontico di riportare alla luce la fisicità, anche nel particolare del volto e addirittura della caratteristica posizione dei denti anteriori di Freddie Mercury, preferisce soffermarsi proprio su questi aspetti: «È stato estremamente difficile interpretarlo, ma non tanto perché fosse un peso o un onere, ma proprio per la natura mitologica di quest’uomo che contava così tanto nella mente e nel cuore di milioni di persone. Tanto che io lo definisco un dio della musica». E così ecco la preparazione da grande attore che lo ha visto lavorare per un anno e mezzo «non solo con lezioni di canto e di pianoforte ma anche con un coreografo e con un coach che mi hanno insegnato da un lato i suoi movimenti, dall’altro anche il suo modo di parlare e il suo peculiare accento».Bohemian Rhapsody è un condensato della storia della grande band dalla sua formazione, nel 1970, al concerto del Live Aid nel 1985 con l’esecuzione di alcune delle loro più famose canzoni come, appunto, Bohemian Rhapsody, Radio Ga Ga, We Will Rock You e We Are the Champions. Ed è soprattutto un ripasso, per chi lo conosce bene, oppure un’autentica scoperta per gli altri, della storia di Freddie Mercury che in realtà si chiamava Farrokh Bulsara – era nato nel 1946 a Zanzibar da una famiglia parsi – e nella sua vita non era sempre stato omosessuale: «Tutti quanti – spiega Rami Malek – conoscono l’aspetto macho, audace e impertinente di Freddie Mercury. Ma io non credo che nessuno conoscesse la sua parte più intima e personale. Io, per esempio, non sapevo del suo rapporto con Mary Austin con cui visse sette anni. Così come non sapevo che da Zanzibar era scappato in Inghilterra per la rivoluzione in atto. L’ho quindi visto come un ragazzo immigrato che cerca una sua strada. Un po’ come me che sono un americano di prima generazione con una famiglia che viene dall’Egitto».La fine di Freddie Mercury invece è nota a tutti, con la morte avvenuta nel 1991 in seguito a complicazioni dovute all’Aids che in 10 anni l’aveva consumato.

Pedro Armocida, ilgiornale.it

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