ANGELO TEODOLI A RAI 4: “METTEREMO LE GENERAZIONI A CONFRONTO”

La sfida della nuova stagione per il direttore nominato ad aprile è trasformare il canale in una rete giovanile

angelo-teodoliNell’ultimo “giro di giostra” delle poltrone da Direttore alla Rai, Angelo Teodoli è approdato a Rai 4. Una lunga carriera in Rai, quasi trent’anni, molte posizioni di rilievo a Rai 1 e poi come direttore a Rai 2 e ora una nuova sfida, quella di affrontare un canale digitale come Rai 4 e trasformarlo in una rete giovanile, in un panorama particolarmene affollato.

Teodoli, che Rai4 andremo a vedere?
“Una rete che punta a un pubblico tra i 15 e i 35 anni, un pubblico generalista in un’accezione diversa da quella normale, una rete non dedicata a tutti, quindi, con un pubblico più giovane e fatto in parte di millenials”.

Generalista in che senso, quindi?
“Generalista per Rai4 significa mettere in onda una quantità di generi superiore a quella di una rete specializzata, tematica. Noi saremmo specializzati sul pubblico di riferimento non su un genere solo, come ad esempio chi trasmette solo gialli. Rai4 è stata fino ad oggi una rete specializzata che trasmetteva solo film e telefilm per un pubblico un po’ più giovane, aveva delimitato la parte sociodemografica e di genere, invece l’incarico che mi è stato dato è quello di ampliare l’offerta, più generi e soprattutto più programmi originali. Quindi sarà una rete dove troveremo anche delle docufiction, prodotti televisivi puri, prodotti identificati, promossi, e riconoscibili”.

Un progetto non di breve durata. Avrà il tempo di realizzarlo?
“Quando si accetta un’incarico si pensa di poterlo portare a termine, non si tratta di lavorare con i minuti contati. Intanto è servizio pubblico, faremo cose che hanno in trasparenza un contenuto che abbia valore pubblico, il Direttore Generale vuole questo e i tempi sono quelli che deciderà l’azienda. A Rai 2 sono rimasto tre anni, i tempi sono stati quelli e in quelli ho lavorato. Certo, in un quadro affollato come questo non è facile imporre un’altra cosa, le capacità di comunicazione che abbiamo e quelle di interpretare e metabolizzare del pubblico sono ovviamente limitate, non è facilissimo. Ma siamo già al lavoro per ottenere qualche risultato, sia sui telefilm, che con i programmi, come con la collaborazione con la Gialappas. Gli ascolti sono cresciuti, parliamo dello 03/04 per cento, speriamo di riuscire ad accontentare il gusto del pubblico e non segmentare eccessivamente”.

Lavorare su una rete tv significa pensare in maniera nuova, multipiattaforma, non più soltanto il classico palinsesto.
“Si, è già così e le cose andranno avanti, con lo sviluppo di Rai Replay ognuno potrà vedersi le sue cose quando e come vuole. Il canale lineare deve esserci comunque, è un punto di riferimento, e per capire come va l’ascolto l’unico numero resta quello di Auditel. Ma anche li le cose cambieranno, le rilevazioni terranno conto anche degli ascolti non lineari, del web e del mobile, quando ci saranno avremo somme diverse: una trasmissione che ha fatto un certo ascolto dopo sette giorni ne avrà realizzato uno diverso”.

È soddisfatto di quello fatto fin’ora?
“Fino alla fine di febbraio ero a Rai 2, a Rai 4 sono arrivato dal primo marzo e a giugno ho dovuto presentare il palinsesto. Il tempo per costruire cose nuove con chi produce prodotto e trovare risorse per costruire qualcosa che abbia una definizione totalmente nuova non c’è stato, ma abbiamo iniziato. La quota di prodotto nuovo non sarà enorme ma importante, un 25 per cento non sarà fatto di film e telefilm”.

Seguendo quale linea?
“Cavalcare chiavi di lettura interessanti per il nostro pubblico e restando fedeli al servizio pubblico. Per ora siamo andati a orientarci sul rapporto che c’è tra i millennials e le generazioni precedenti: un programma si chiama Generation gap ed è un quotidiano che lavora sul confronto tra le generazioni, trenta minuti dove i giovani e gli anziani vengono messi a confronto con modi e oggetti della generazione opposta, le reazioni sono un elemento per raccontare gli oggetti e i modi del passato come che mondo sta vivendo l’altra generazione, contrappuntato da info minimali che danno un quadro di cosa si parla, leggerezza e divertimento, ma un portato di confronto e informazione sulle piccole cose. L’altra è un settimanale, Weekend con il nonno, un nipote e nonno che stanno insieme tre giorni e ognuno vive la vita dell’altro. A novembre andrà in onda Monument crew, sei ragazzi che fanno parcour, ma invece di mandarli in periferia vanno in alcuni dei grandi monumenti italiani. Praticano il parcour e raccontano un luogo storico, non secondo i canoni classici ma attraverso la costruzione di un percorso di parcour, un pezzettino d’Italia e una passione dei ragazzi. E ancora Pechino addicted, nella fascia delle 20.40: abbiamo mandato i vincitori di Pechino Express dello scorso anno dietro al Pechino Express di quest’anno, mentre i concorrenti vanno, gli altri fanno lo stesso percorso ma entrano nelle cose che i concorrenti hanno attraversato velocemente, raccontano meglio luoghi curiosi e caratteristici solo sfiorati dall’altro programma”.

Dopo una grande rete come Rai 2, com’è lavorare a Rai 4?
“Sono stato al massimo 4 anni in ogni posto, non mi è mai piaciuto fare il santone, gestire la stessa cosa all’infinito, amo innovare e fare attività interessanti. Cambiare ogni quattro anni è una fortuna ed è stimolante, il piacere di lavorare è maggiore di quello di essere un guru, sono qua e mi sto divertendo. A Rai2 avevo il portadentiera d’oro sulla scrivania, qui lo zainetto di Pechino. Avendo fatto una carriera di lavoro e basta ho i sensori tarati sul combattimento, è divertente così”.

Repubblica

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