Oliver Stone, guerra e mito mi hanno formato

“Cercare la luce è, per ogni regista, trovare l’inchiostro giusto per scrivere il film, raccontare le ombre, senza farsi sopraffare”, così Oliver Stone nella masterclass inaugurale della sesta edizione di Filming Italy – Los Angeles di Tiziana Rocca, che da stasera al 21 marzo 2021 si svolgerà con modalità al 90% streaming, con presidente onorario Claudia Gerini e, in rappresentanza degli Stati Uniti, Harvey Keitel.
In questo incontro webinar il regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e attore statunitense, classe 1946, ha parlato con centinaia di studenti collegati on line per raccontare della sua carriera e del suo libro CERCANDO LA LUCE (La nave di Teseo). “Troppe persone e da troppo tempo mi chiedevano come avessi trovato i soldi per il mio primo film Salvador o per Platoon, così ho deciso di scrivere come sono andate davvero le cose. E dovete sapere che ci ho messo venti anni per portare a termine Platoon, perché nessuno degli Studios voleva finanziarlo. Come dice il titolo del libro ci vuole tanto tempo per trovare la luce, sia per l’uomo in sé stesso che per il regista quando gira una scena e vuole un particolare effetto”.
Oliver Stone, che ha vinto per due volte l’Oscar come miglior regista per Platoon e Nato il 4 luglio, aggiunge: “Da ragazzo volevo fare lo scrittore, ma poi ho dovuto rinunciare e mi sono arruolato per andare in Vietnam. Avevo anche considerato l’idea della scuola di cinema come possibile occupazione, ma non sapevo se mi avrebbe dato la possibilità di esprimermi davvero. Ma proprio lì ho seguito in corso di mitologia greca, che in realtà non era nel programma, che ha cambiato la mia prospettiva, sia come uomo che come scrittore di sceneggiature. In realtà ho sempre amato la storia greca e romana e il modo in cui vedevano la guerra”.
Ma sottolinea poi il regista: “La differenza poi per chi è andato in guerra come me e ed è sopravvissuto è proprio capire quanto è importante la vita e quanto bisogna essere coscienti rispetto a lei. La mia esperienza in Vietnam mi ha cambiato e se ci ho messo tanti anni a fare Platoon è perché io volevo fare un film nel segno della verità su come erano andata davvero e questo non piaceva a una certa America. La guerra è un’esperienza che ti cambia, un’esperienza definitiva che ti trasforma. L’America – aggiunge – non ha mai voluto vedere certe verità, vedere i reduci in carrozzella come Tom Cruise in Nato il 4 luglio”.
“Il mio Paese – continua Stone – è innamorato della guerra che è molto popolare negli Stati Uniti, fa parte della della mentalità degli americani. Questo non lo accetto come il fatto che l’America abbia sempre avuto bisogno di un nemico”.
 Alle serie tv, sempre più diffuse oggi, Oliver Stone guarda favorevolmente: “Si possono fare film in tanti modi e con tante diverse durate. Oggi si può fare un film anche con un telefonino, il problema casomai è quello della distribuzione che non ama certo i film lunghi. Anche a me è capitato di farne e vederli poi tagliati proprio per problemi di distribuzione, ma questo è normale”. La possibilità di fare un sequel del libro? “È una cosa che mi piacerebbe, ma non so”.

Francesco Gallo, ANSA

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