Floris, il mio thriller sull’identità

Un thriller psicologico sull’identità e sulla tendenza della società in cui viviamo a semplificare tutto. Ma anche un libro sui segreti e sugli affetti. Giovanni Floris percorre questa sfida nel suo nuovo romanzo ‘L’invisibile’ che esce per Rizzoli e sarà presentato il 18 ottobre a Roma, alla Feltrinelli-Galleria Alberto Sordi dall’autore con Aldo Cazzullo e Teresa Ciabatti. Tutto si gioca in una settimana e parte dall’incontro tra due personaggi molto diversi eppure simili: un giornalista cinquantenne, Antonio, sempre connesso al suo sito notizievere.com e impegnato, in attesa che il mondo riconosca il suo talento, in vari lavoretti per sopravvivere, tra cui scrivere la tesi per un tizio di CasaPound. L’altro protagonista è un imprenditore di successo, Fausto Maria Borghese, super riservato, con una famiglia perfetta, che si dice voglia candidarsi a sindaco della Capitale. “Lavorare sull’identità significa cercare di ricostruire se stessi attraverso quello che si è stati, che si è e che si vuole diventare. Se non riesci a mettere insieme queste tre cose finisci per basarti su quello che gli altri dicono di te e possono dire di tutto. Antonio e Fausto sono, in qualche misura, lo specchio della società in cui viviamo. Ognuno vuole raccontarsi come si immagina di essere e non come è. Si etichettano gli altri” dice all’ANSA Floris, autore e conduttore di Dimartedì su La7, dopo tredici anni di ‘Ballarò’ su Rai3, autore di tre romanzi dedicati all’amicizia maschile tra cui ‘Quella notte sono io’, ispirato a una storia di bullismo. Questa volta il giornalista non prende spunto da un fatto di cronaca e racconta, con una vena di ironia, una storia di fantasia in cui trovano spazio degli inaspettati e significativi intermezzi. “E’ un romanzo d’invenzione ma estremamente probabile, che si compone di piccoli fatti di cronaca, come la vicenda dell’apolide totale” spiega Floris. Una vicenda ha ispirato il primo intermezzo: “Ero straniero ovunque. Un apolide, un ‘sedicente’, secondo la legge”. E chi potrebbe essere nella realtà l’imprenditore Fausto Maria Borghese? “Ognuno di noi può rispondere in modo diverso su chi sia. Può essere tante persone” dice il giornalista. “E’ un clima e una cultura – aggiunge – quella a cui mi sono ispirato. In verità, l’idea del romanzo è partita un giorno in cui sono andato a tagliarmi i capelli e osservavo quante identità diverse passino dal barbiere. Il libro si gioca sul fatto che le persone che vogliono apparire semplici spesso nascondono qualcosa” spiega. Ed e’ proprio l’incontro da Oreste, un anonimo barbiere al quartiere Nomentano di Roma, dove Antonio non si aspetta proprio di vedere Fausto, a far decollare la storia e la macchina del fango. Una macchina che diventa inarrestabile quando, poco dopo, Oreste scompare e Antonio comincia a scavare nella vita di Fausto per distruggerlo. Un gioco pericoloso però “cercare la verità di qualcun altro se non si sono fatti i conti con la propria” dice Floris. Un gioco che porta dritto alle fake news, al mondo dei social e al problema del chi sono. “Le fake news sono un esempio di come si rischia di ragionare in questi tempi. Grazie ai social la macchina del fango è alla portata di chiunque. Antonio utilizza il suo lavoro per piegare la realtà al suo desiderio” afferma Floris, ma sottolinea: “questo gioco non è solo del giornalismo, è di una società che pensa che basti pronunciare una parola perchè la realtà corrisponda a quello che pensiamo. C’è il tentativo forzato, anche in politica, di semplificare. Così la manovra è risolutiva, il decreto immigrazione è risolutivo mentre sono dei tentativi di risolvere. I rapporti fra le cose sono più complessi” racconta Floris, 52 anni che è padre di tre figli a cui è dedicato il libro. “‘L’invisibile’ è anche un romanzo sulla famiglia, su quello che ci portiamo dentro, che abbiamo davanti e che lasciamo successivamente” spiega il giornalista. Nel libro c’è anche una storia che ci fa riflettere sull’immigrazione: quella dei bambini italiani che hanno vissuto in clandestinità in Svizzera negli anni Settanta, quando i loro padri erano lavoratori stagionali. “Quanto è facile rimuovere elementi della nostra identità. Fausto e Antonio rimuovono il loro passato come la nostra società che lo ridisegna nel racconto. Non c’è memoria di se stessi” dice Floris. E a portare a galla le verità, in un crescendo di colpi di scena, saranno le donne.

Mauretta Capuano, ANSA

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