Myrta Merlino: «Così la politica porta ascolti in televisione»

Myrta Merlino, il mix Covid-attualità politica sta riportando l’attenzione del pubblico sulla tv. Che effetti registra con «L’aria che tira» su La7? «Gli effetti ci sono, e molto concreti. Tutta la nostra Rete, un po’ corsara, molto compatta e concentrata sull’informazione, ha ottimi risultati e noi de “L’aria che tira” abbiamo registrato un boom con picchi fino al 10%. La crisi politica porta ascolti perché al nostro pubblico di riferimento se ne aggiunge un altro nuovo che vuole capire cosa accade. In queste ore concitate cerchiamo di rappresentare una bussola attendibile. Non è facile perché gli aggiornamenti avvengono ora per ora, minuto per minuto. Bisogna seguire contemporaneamente i ristoratori in piazza e gli sviluppi politici. Inclusi i tweet tra Mastella e Calenda… ».

Viviamo in un mondo globalizzato in cui i social sembrano sostituirsi all’informazione…

«Invece proprio la difficoltà del momento restituisce valore a chi ha gli strumenti professionali per offrire un quadro affidabile. La mia squadra ha una fissazione: il continuo controllo di ogni notizia, ogni dato, ogni cifra. Il contrario di ciò che avviene con i social dove l’algoritmo ti invia materiali per confermarti acriticamente nelle tue convinzioni. Mio padre diceva, citando Cartesio, il dubbio è l’inizio della conoscenza».

La «conoscenza» oggi è complessa. Soprattutto per la materia italiana.

«Massimo Cacciari ha detto “il laboratorio Italia ha sfornato il suo caso più spettacolare”. Ed ha ragione. La vicenda italiana sembra ormai un film, anche con le sue parole-chiave da aggiornare: voltagabbana, responsabili, costruttori. Una trasmissione come la nostra ha il compito di rimettere tutti i pezzi insieme al riparo dalle semplificazioni della Rete, dei leader che si rivolgono direttamente al popolo. Per fare un esempio globale, pensiamo a Trump e ai suoi tweet, all’effetto devastante che ha avuto la sua comunicazione. Il giornalismo offre mediazione e spiegazione contro disintermediazione e indottrinamento. In questi frangenti per noi è anche preziosa la costante collaborazione con il Tg di Enrico Mentana».

La mediazione giornalistica è continuamente sotto attacco, come qualità e metodi.

«Per molti la fine della mediazione giornalistica ha rappresentato un sogno: ognuno può diventare giornalista. Ma poi il dilagare delle bufale anche pericolose, ci sta dimostrando come il controllo di ciò che viene offerto al pubblico sia un dato essenziale per le democrazie».

E l’appuntamento domenicale? Sulla sospensione girano molte voci. C’è chi parla di insuccesso.

«La missione della mia squadra e mia è spendere tutte le energie nell’appuntamento quotidiano per poter raccontare una situazione così densa e difficile. La trasmissione domenicale rappresenta un esperimento, come lo abbiamo definito dall’inizio, e aggiungo: un esperimento appassionante e ben riuscito che riprenderemo appena possibile. Ma adesso la sfida è seguire ogni giorno “ventre a terra” l’incrocio tra una crisi di governo dagli sviluppi imprevedibili e la corsa della pandemia. È questa la nostra mission e soprattutto il patto con il pubblico che ho sottoscritto da dieci anni».

Paolo Conti, corriere.it

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