L’appello degli attori italiani: accendiamo le luci dei teatri

Le luci dei teatri tornano a riaccendersi, simbolicamente, per una sera. Lunedì 22 febbraio, dalle 19.30 alle 21.30, U.N.I.T.A. (Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo, associazione che conta 1.100 lavoratori dello spettacolo) invita direttori di teatro, artisti e cittadini a presidiare, in sicurezza, le sale del Paese, troppo a lungo rimaste chiuse. L’istanza contenuta nel comunicato diffuso ieri è indirizzata anche al governo: «Che si programmi e si renda pubblico un piano che porti prima possibile alla riapertura» dei teatri, luoghi che, da 2500 anni, sono «piazze aperte sulla città, motori psichici della vita di una comunità».

«In questi mesi — osserva l’attrice Cristiana Capotondi, tesoriere di U.N.I.T.A. —, nonostante le manifestazioni di affetto da parte del pubblico, i nostri associati si sono sentiti “messi da parte”: questa nostra azione vuole rilanciare la centralità del ruolo della cultura, la necessità del teatro. Naturalmente sempre in sicurezza». «Abbiamo messo in campo questa iniziativa simbolica e luminosa — spiega Fabrizio Gifuni, attore e regista — per tornare a rinominare la parola scandalosa e dimenticata che da 2500 anni aiuta a rischiarare le nostre coscienze: il teatro». Dopo un anno di inazione, sostiene Gifuni, «lo spettacolo dal vivo va rianimato: è necessario tornare a mettere in campo i corpi per ritrovare, altro tema “scandaloso”, un respiro comune. Con ogni misura di sicurezza prevista, benché teatro e cinema siano stati in questo senso un esempio virtuoso».

Per Federica Fracassi, attrice e fondatrice a Milano, con il regista Renzo Martinelli, di Teatro i, «U.N.I.T.A. rappresenta il sentimento e le esigenze, anche interiori, non solo economiche, di chi si è trovato senza casa. Al di là dei ristori, è necessario riaprire i teatri, per noi attori e per il pubblico: è suicidario crescere un Paese cancellando il suo senso di comunità. Lunedì noi saremo nelle sale: accoglieremo il pubblico, in sicurezza, per un saluto, per un fiore, per una comunità, la nostra, che ha bisogno di ritrovarsi».

Più agguerrito Massimo Popolizio, attore e regista di cui la pandemia ha stoppato il tour di due spettacoli, «Nemico del popolo», di Ibsen, e «Furore», di Steinbeck. «Invito il CTS a fare un giro all’Ikea, a Leroy Merlin, in centri commerciali come La Rinascente: a Milano, è segnalato all’ingresso: “Possono entrare fino a 2500 persone” — . Non si capisce — riflette l’artista — perché a essere penalizzato sia solo un settore, quello della cultura. L’alternativa allo spettacolo dal vivo non può essere lo streaming: è come se il Ministero dell’ambiente dicesse che i parchi nazionali vanno chiusi, perché tanto si possono guardare i documentari. Non si preme per aprire domani, ma per avere un calendario di apertura che consenta la riprogrammazione degli spettacoli». «Stiamo vivendo una situazione senza precedenti — considera Lucia Mascino —, attori e maestranze da un anno non lavorano, ma sento la mancanza del teatro anche come spettatrice. L’arte è un focolare dove ci si può scaldare; stare al freddo quest’inverno è stata dura».

Laura Zangarini, Corriere.it

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