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Monocolore? La nuova Rai è super pluralista

(di Tiziano Rapanà) Il vento dell’acrimonia soffia sulla nuova Rai. Da mesi, è stata costruita una narrazione fuori dalla realtà. Addii eccellenti – avvenuti in un normale flusso di telemercato – presentati come epurazioni, ritratti al vetriolo di professionisti, questo è il racconto del nuovo corso. Eppure questa Rai riluce d’equilibrio, anche più di prima. Report, che ha messo in difficoltà il governo varie volte, è lì nel palinsesto di Rai 3. Marco Damilano continua a presentare il suo Il cavallo e la torre, sempre per la terza rete. Il giornalista, per come narra l’emergenza migranti, non mi sembra un simpatizzante di Meloni e Salvini. La Rai, plurale e aperta a tutte le voci, non ha pensato mezzo secondo di chiudere la trasmissione alla prima stagione e Damilano continua a raccontare la sua visione delle cose. Le voci dissonanti possono esprimere il loro pensiero, eppure si ha il coraggio di definire questo nuovo andamento come “monocolore”. Fabio Fazio, Massimo Gramellini, Lucia Annunziata, Bianca Berlinguer se ne sono andati, non li hanno mandati via. L’unico che non ha potuto, per un errore suo, iniziare il suo programma è stato Filippo Facci: non proprio un pericoloso bolscevico, ma un intelligente giornalista che non è stato difeso dalla destra. Non ha senso esaminare gli ascolti d’inizio stagione. Bisogna dare tempo al tempo, Roberto Inciocchi e Annalisa Bruchi sono due volti nuovi per la mattina di Rai 3, il pubblico si deve abituare. E Caterina Balivo sarebbe dovuta ritornare allo spirito della Festa italiana (sempre per il pomeriggio di Rai 1, 2005-2010), ch’era più sulle sue corde. Questa Volta buona è poco incisiva, un format tra tanti format, non trova una collocazione esistenziale: è una trasmissione difficile da definire, non è né carne né pesce. Ma dell’affermazione di Techetechetè in prima serata su Rai 1 nessuno ne parla, così come non si cita il programma Storie di donne al bivio che è stato il successo dell’estate della seconda serata di Rai 2. È troppo facile dire ogni male nei primi giorni, ossia nel tempo di assestamento. Ma ormai si cerca di ribaltare la realtà, con epurazioni mai esistite e analisi televisive frettolose. Ovviamente nel mirino non c’è solo la tv, ma anche la radio. Si è scritto che su Radio 1, diretta da Francesco Pionati, va in onda la propaganda leghista. Non è vero, è ancora un’emittente in progress con certezze (“Radio anch’io” con Zanchini) e novità (“Ping pong” con Annalisa Chirico) in un palinsesto interessante slegato da ombre di faziosità. L’unico programma lievemente di parte è quello con Marcello Foa, Giù la maschera. Ma Foa, e i commentatori dovrebbero saperlo, risponde unicamente a sé stesso e al suo essere autenticamente anticonformista: non è tipo da legarsi a pensieri di partito. Forse – così mi porta l’istinto – l’unico vero programma leghista è il religiosissimo Ascolta si fa sera, vista la nota devozione di Salvini per il cuore immacolato di Maria. Lo vogliamo togliere dal palinsesto per fare contenti gli acrimoniosi? Ma il programma esiste ben prima di Salvini ed è parte integrante della storia della radio nostrana, non mi sembra il caso.

tiziano.rp@gmail.com

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