Con Bong Joon-ho la Corea si riscatta

Il regista presenta con successo «Parasite», che due mesi fa vinse a Cannes

Parasite conquistava l’ambito trofeo e il regista Bong Joon-ho si portava a casa il prestigioso premio. A Locarno il cinquantenne cineasta ha invece accompagnato il protagonista di molti suoi titoli, quel Song Kang-ho che nel Ticino ha ritirato il Pardo d’eccellenza e figura nel cast dell’ultima fatica di Bong. Una coppia inossidabile, insomma, artisticamente parlando, con quattro collaborazioni insieme. «Quando ci vediamo fuori dal set, parliamo di calcio», ammette Song che confessa anche di avere una particolare sintonia – perfettamente ricambiata – con l’autore coetaneo e conterraneo.Il cinema coreano finisce così al centro dell’attenzione mondiale dopo aver conquistato un ruolo di primo piano anche nel panorama orientale, dove ha superato Giappone e Cina. «Impossibile spiegare che cosa sia accaduto – dice Bong -. Fino all’inizio degli anni Novanta in Corea c’era un regime dittatoriale che ha represso ogni forma di espressione, quando è caduto ed è subentrata una forma di governo pluralista il cinema ha trovato un improvviso e insospettato rilancio. Il merito è di una generazione di artisti particolarmente frizzante e viva».L’ultimo esempio è proprio questo Parasite che arriva in Italia in autunno distribuito da Academy Two. La storia, particolarissima, mescola dramma e commedia, come nello stile consolidato di Bong che scoppia a ridere quando uno spettatore russo gli chiede se l’idea è autobiografica, visto che lui stesso si è trovato davvero in casa un «ospite» che gli ha svuotato il frigorifero. E non solo. Immancabile il capitolo Netflix, piattaforma che ha finanziato e ha in programmazione il suo Okja con Tilda Swinton e Jake Gyllenhaal, un film presentato in concorso a Cannes nel 2017 senza successo. «Non avevo altra scelta, il budget si è dimostrato troppo alto per qualsiasi produttore, major o indipendenti. Netflix ha sborsato senza esitare più di 50 milioni di dollari e mi ha lasciato libertà totale. Sapevo di pagare in termini di diffusione però non mi lamento. Con loro mi sono trovato bene».

Stefano Giani, ilgiornale.it

Torna in alto