Cristicchi si fa in tre: “Il teatro e i disegni dopo il libro sulla felicità”

Simone Cristicchi è un mosaico di talenti. Ogni tassello è distinto e talvolta distante, tutti insieme raffigurano uno degli artisti più controcorrente in circolazione. Ora, neppure gli mancasse qualcosa, sta per inaugurare una mostra di diegni che si intitola Happy Sketches – Natura umana che è inserita nella Milanesiana itinerante di Elisabetta Sgarbi e debutta il 23 giugno alla Reggia di Venaria. «Io ho iniziato a disegnare a 10 anni, è stato il mio primo contatto con l’arte», spiega lui che quando parla è pacato, soave, chiarissimo. Quando diventa «artista o creativo», come si definisce sorridendo, è tutt’altro: imprevedibile e coraggioso. Si è fatto conoscere con il tormentone Vorrei cantare come Biagio nel 2005, poi ha vinto il Festival di Sanremo nel 2007 con Ti regalerò una rosa ma non ha continuato a replicarsi all’infinito come tanti altri. Si è reinventato.

Ha scritto colonne sonore (Rosso Istria del regista Antonello Belluco) e ha portato in scena Magazzino 18 sulle foibe e sull’esodo giuliano-dalmata, che gli ha riservato l’inevitabile e stantia contestazione dell’estrema sinistra. Poi è tornato al Festival di Sanremo con l’emozionante preghiera laica Abbi cura di me e poi, tra un concerto e una rappresentazione, si è fatto in tre. Un’idea, tre progetti: un libro, una mostra, un’opera teatrale.

«Il libro Happynext – Alla ricerca della felicità è nato prima della pandemia: ho incontrato 150 persone in giro per l’Italia facendo loro una sola domanda: Che cos’è la felicità?. Nella prima parte ho inserito anche la mia personale risposta». Qual è? «Sono sette parole: attenzione, lentezza, umiltà, cambiamento, talento, memoria e noi». Il noi rende perfettamente l’idea: Simone Cristicchi è empatico, condivide sul serio, non come si fa sui social. A proposito com’è Cristicchi sui social network? «Riesco comunque a tenere un rapporto con le persone. Ma non sono assiduo, non faccio storie…».Le storie le racconta. In musica, in teatro, con i disegni: «Ho iniziato a disegnare dopo la morte di mio papà, avevo 10 anni e quella è stata la mia reazione al dolore: disegnare mondi dove stavo bene. Ho disegnato in modo compulsivo fino a 18 anni, passavo ore e ore con un pennino da 0,1. Poi sono passato alla musica che comunque ha la stessa frenesia di sintesi: da una parte devi raccontare una storia in poche tavole, dall’altra in pochi minuti».

Ha ripreso a disegnare durante il periodo del lockdown e nella mostra ci sono i disegni di allora e quelli di adesso. Lo stile non è quello disincantato, dolce e malinconico delle sue canzoni. «Disegno quasi sempre personaggi dal volto torvo e imbronciato. Prima ero molto più bravo, adesso il disegno mi aiuta a ritrovare una forma di lentezza di cui ho bisogno». Dopo aver disegnato sulla carta quasi ossessivamente fino a diciott’anni, Simone Cristicchi ha iniziato a disegnare sullo spartito ed è diventato il cantante che tutti riconoscono. Ma negli ultimi anni «ho seguito sempre meno la musica e mi sono concentrato sulla scrittura, anche se faccio sempre tanti concerti». In sostanza si è concentrato «più sulle persone che sul pubblico».

Non a caso, a 44 anni, ora si sente «fuori dal tempo». Vorrebbe sì scrivere canzoni «ma non quelle che passano in radio, quelle che possono vivere oltre me. Scrivere un brano è semplice, scrivere un brano eterno è difficilissimo».

Nell’attesa, ha preparato il terzo capitolo di questo progetto, il capitolo teatrale per il quale ha scritto anche dieci canzoni: «Debuttiamo il 23 luglio a San Miniato con Paradiso – Dalle tenebre alla Luce, che è strettamente collegato alla ricerca della felicità e su come trovare il paradiso nelle nostre vite. Una sorta di teatro canzone orchestrale con riferimenti anche alla Divina Commedia e al 33esimo canto nel quale Dante incontra la visione di Dio. Al momento ci sono già 20 repliche». Una sfida per niente semplice, la conferma che artisti si nasce e poi lo si diventa in ogni modo, cantando, recitando, scrivendo e restando controcorrente.

Paolo Giordano, ilgiornale.it

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