Rkomi e l’esigenza di superarsi. Sempre

Il segreto del successo incredibile dell’autore più ascoltato degli ultimi 12 mesi è una curiosità inquieta che ispira di continuo nuove sfide. Per imparare, per crescere, per creare di più e meglio

C’è un che di affascinante nell’avventura di Rkomi a Sanremo. Per quanto i numeri abbiano un valore relativo nel fattore qualitativo musicale, è innegabile che il 2021 dell’ex rapper di Calvairate sia stato da incorniciare: Taxi Driver, il suo disco “collaborativo” che vede 11 featuring in 13 tracce, da poco aggiornato con un’appendice di ulteriori 8 brani, è stato il disco più venduto / ascoltato / streammato e da due settimane è tornato in cima alle classifiche redatte da FIMI e GFK. Al contempo, però, Rkomi non è arrivato sul palco più seguito d’Italia con l’impatto del veterano, ma con lo spirito di chi ha tanto da imparare. Sempre perché i numeri hanno un valore relativo, il 17° posto di Mirko ha un impatto altamente positivo sulla persona che incontro tra un outfit e l’altro mentre scatta queste foto.

Te lo avranno chiesto un milione di volte, ma aiuta a contestualizzare la scelta: perché Sanremo?

Sono affascinato dalle cose non ovvie, le sfide. Parlando con il mio team avevo già mostrato curiosità, interesse, pertanto Sanremo mi chiamava da praticamente un anno. Arrivavo da un tour molto importante per me e la mia crescita, sia a livello teorico-musicale, che a livello di come si affronta un palco. Soprattutto arrivavo da un tour che aveva mostrato la mia capacità di affrontare le “crisi”, le situazioni avverse. Per metà lo feci con le stampelle, non so se ricordi. La cosa – non lo nego – mi buttò giù. Quell’incidente arrivò proprio mentre sentivo di aver trovato la mia dimensione sul palco. La dovetti re-inventare. Per farla breve: dopo, sentivo di essere a un buon punto di crescita e volevo qualcosa che mi mettesse in difficoltà. Il palco di Sanremo.

Interessante, la ricerca della sfida non da sport estremo, da brivido, ma come scelta della via più impervia perché vuoi crescere. Hai scelto un percorso non convenzionale quando ti sei sentito chiuso dentro argini stretti, ma per la “critica” sei stato rap fino a questo disco… Non ti fa sentire “incompreso”?

Mi sentirei stretto in qualunque genere. Cambio continuamente perché ho avuto la prova empirica che si può essere molto più di quello che pensiamo. Prima del 2016/17, mai avrei pensato di poter essere “qualcosa” nel mondo del rap. Quindi, partendo da questo presupposto, penso che potrei far tutto, ovviamente con i miei limiti, dopo del duro lavoro su me stesso. Mi piace curiosare in tutto quello che sta attorno alla musica (e non), portandolo nella musica. Non mi sentirò mai un artista pop, non mi voglio sentire un artista di alcun tipo. Per un anno e mezzo ho approfondito la mia “radice” rock per avere una nuova visione del ruolo di palco e strumenti nella mia musica. Così, ora chiedo di più a me stesso. Sarà sempre così, anno dopo anno. Curiosare porta ad avere consapevolezze nuove.

Cosa ti ha insegnato Sanremo?
 
In termini fisici, mi sentivo a casa su quel palco. Emotivamente, invece, ho faticato. Ma ho sempre faticato. Ancora oggi, ai miei concerti, ho bisogno di carburare: sicuramente il pezzo in cui rendo di più non è il primo che canto. Sono sempre molto emozionato, sento la pressione di dover far bene, questa cosa probabilmente non cambierà mai. A Sanremo, ogni sera, canti solo il primo pezzo. Hai un brano. Ma in realtà io sono contento dell’esperienza. Ho da poco imparato a riguardarmi. Ovviamente non sono fiero e orgoglioso al massimo, ma non mi vergogno di come ho approcciato quel palco. Ho visto un ragazzo genuino che sta imparando a conoscersi, guardandomi con un occhio esterno.

Sei curioso e coraggioso. Ammetto di essermi chiesto “chi glielo fa fare di ricominciare da zero ogni volta che ha ottimi feedback?”

Lascio il rap nel momento in cui il rap va tantissimo. Mi danno del venduto ma ho fatto l’opposto. Ho i piedi per terra e punto in alto. Sfidarmi, anche rischiando di perdere tutto da un giorno all’altro, mi ripaga al meglio. L’ho capito col tempo, anche il primo brano, Dasein Sollen, dimostra che il coraggio ripaga. Non ho mai mollato questa filosofia, facendo scelte a volte piccole, a volte grandi.

Ti hanno dato del venduto. Come vivi commenti e critiche cosi duri? 

Leggo tutti i commenti, belli e brutti. Non me ne frega niente. Ci sono guerre più importanti, diverse, peggiori. Rispetto il pensiero altrui, però questa cosa non mi deve toccare. Capita che l’apprezzamento della tua musica ti renda contento, ma quel sentimento non ti deve cambiare. E così al negativo. Perché, poi, il vero grande amico di me stesso sono io, così come il più grande nemico.

gqitalia.it

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