È GUERRA TRA RAPPER: FEDEZ (E J-AX) CONTRO MARRACASH E GUÉ PEQUENO

A Fedez non vanno giù i commenti di Marra-Gué: frustrati, dovete sempre parlare di noi. La replica: «Al nano con la sindrome di Napoleone è partita la nave sui social»

fedez-j-ax-gue-pequeno-marracash-vorrei-maUn fight club a colpi di parole e parolacce, di rime poco poetiche, di metafore a senso unico, la gara a chi ha l’ego più grosso. Doppio scontro sul ring: da una parte i pesi massimi J-Ax e Fedez, dall’altra Marracash e Gué Pequeno. Insomma il gotha del rap italiano. All’appello, o meglio allo scontro, mancano Fibra, Emis Killa e Salmo, ma la rissa verbale tra quattro dei pistoleri più ascoltati è degna di un film di Sergio Leone con l’hip hop al posto di Morricone. J-Ax e Fedez hanno spaccato la scorsa estate con «Vorrei ma non posto», un tema — il prevalere della vita social su quella real — che Marracash e Gué Pequeno hanno messo in rima in «Insta Lova». Ma al di là del comune giudizio sulla società dell’immagine (di cui sono fustigatori e vittime) non si sopportano. Ruggini sempre vive, livori sempre lividi, parole impresse a fuoco, come i tatuaggi di cui sono pieni tutti e quattro (a esporli ci si tappezzerebbe una via).
Il primo colpo è del duo Marracash e Gué Pequeno (intervistati proprio sabato dal Corriere). Quando si parla di confronti, Marra punge i «Comunisti col Rolex» (il prossimo album del duo Fedez-Ax ispirato all’accusa rivolta a chi arriva al successo e ai soldi dai centri sociali): «Non sono rapportabili a noi. Basta guardare alle rime e agli artisti con cui collaborano per capire che sono una forma di pop che si maschera da rap. Fedez è una macchina da guerra del business, glielo riconosco, ma il mio fare musica ha altri obiettivi». Gué non era stato meno tenero: «Non è un delitto fare soldi, ma io lo dico chiaramente. Non voglio essere un politico, un attivista sociale o altro. Se invece hai la piscosi che ti fa vivere per il clic, sui social finisci col dire tutto e il contrario di tutto, preghi per Aleppo, preghi per i terremotati quando in realtà preghi per i soldi».
L’intervista va in edicola, la replica arriva in rete. Fedez posta un video su Instagram. Il linguaggio è da strada, qui lo renderemo da salotto: «Dev’essere frustrante fare le interviste ed essere costretti a pronunciare sempre il nostro nome perché se no non vi filano (il verbo è un altro, ndr)». Quindi racconta di un duello western, un faccia a faccia tra i due: Fedez sfida Marra, che avrebbe abbassato lo sguardo. Chiude con la gara dei numeri: «Il nostro tour ha già venduto più di 100 mila biglietti e non è ancora uscito il disco, la terza data del Forum è quasi sold out e ne apriremo una quarta». L’immagine finale è un classico, sventola il dito medio e commenta: «Fa male, vero?».
Le lancette non fanno nemmeno un giro di Rolex che arriva la controreplica. Appena sveglio, felpa militare, tazzina di caffé in mano ad attenuare i postumi dell’hangover (parole sue), Marracash attacca: «A quanto pare al nano con la sindrome di Napoleone è partita la nave sui social, ha inventato un bel po’ di storie. Anzitutto come parli oh, sembri il Cummenda. In secondo luogo, tu mi hai visto e io ho abbassato lo sguardo… ma dove? Ti stai inventando una fandonia (sarebbe stato quasi un colpo di genio usare questo sostantivo, ma ovviamente non l’ha fatto, ndr). Sei l’unico babbo della storia dell’umanità che va alle sfilate con il bodyguard». Stoccata finale dall’alto dei suoi 189 centimetri contro i 174 di Fedez: «Al massimo io abbasso lo sguardo perché mi arrivi al… » e segue la comunissima parola nazionalpopolare con due zeta. Altro giro di lancette, il tempo di assorbire il fuso di Santo Domingo e arriva Gué Pequeno su uno sfondo da far invidia. Imita Fedez e ne fa una caricatura esagerata: «Abbiamo venduto 300 milioni di biglietti, faremo un tour su Marte, il nostro disco è il numero uno dei numeri uno, presto sarò presidente della Repubblica… Ma vai a ca…». (Non era casa).

Renato Franco, Il Corriere della Sera

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