Paola Perego annuncia: “Divento nonna. Pietro ti aspettiamo!”

Giulia tra un mese avrà un bambino. Giulia si prende la vita che vuole, come cantava Vasco Rossi. E come ho sempre voluto per i miei figli». Paola Perego è… difficile dire, è attraversata da un miliardo di emozioni. Con lei c’è sua figlia, Giulia, appena entrata nel nono mese che è un’apparizione: «Dicono che a un certo punto l’istinto materno arrivi, speriamo, per me ora c’è l’alieno che si muove nella mia pancia», scherza, ma non troppo.

E c’è il fidanzato, Filippo, con quell’aria fra l’euforico e l’annichilito che hanno sempre gli uomini (i ragazzi) in questi frangenti: «È vero ci sono mille preoccupazioni, ma su tutto c’è la felicità», spiega lui e sottolinea: «E se non lo facciamo noi un figlio, noi che siamo circondati da così tanto affetto, ma chi lo può fare?». Viene voglia di fargli una carezza. Ma vi sposate? E Giulia: «No, un trauma alla volta». Ridono. Intanto, Paola intreccia le dita e i pensieri, cammina avanti e indietro, piedi a papera, bacino proteso in avanti: empatizza.

Domanda. Paola, Giulia ha ventisei anni…

Risposta. «Io ho avuto lei alla stessa età. Solo che io l’ho voluta, a lei, invece, è capitato. Però, Giulia è felicemente accompagnata, convive. Visto quanto è bello Filippo? Ed è più buono che bello».

D. Ma come è capitato?

R. «Ma no, diciamo che sono due ragazzi all’inizio della carriera e che questo bimbo è arrivato quando ha deciso lui».

D. Del resto, un figlio dà sempre un certo slancio.

R. «Assolutamente, rappresenta le fondamenta del nuovo nucleo familiare. E a Giulia sta cambiando il carattere: lei è molto riservata e molto indipendente. Adesso, invece, ha a che fare con una vita che cresce dentro di lei e io credo che questo le darà la possibilità di manifestare le emozioni che prova. Giulia ha un mondo interiore che difficilmente esprime».

D. Capitò anche a lei, 26 anni fa, di cambiare in qualcosa?

R. «Io? Credo… Con mia figlia ho scoperto il contatto fisico, prima avevo un problema nel toccare le persone».

D. Ma sul serio?

R. «Certo, ma per dirne una, io ho fatto analisi e alla mia analista ho dato la mano l’ultimo giorno, alla fine dell’ultima seduta. Mai toccata prima. In ogni caso, quando è nata mia figlia, c’è stato un cambiamento radicale, me la toccavo, me la baciavo, me l’annusavo, avevo un rapporto fisico con lei fortissimo».

D. Ma come mai prima era bloccata?

R. «Non saprei. Un po’, credo, l’educazione, io vengo da una famiglia milanese di contadini dove l’affetto non si esprime con… Nessuno ti dice: “Ti voglio bene”, uno si occupa di te e così ti dimostra che ti vuole bene. Non è che mi sia mancato l’amore, mancava la manifestazione fisica dell’amore. E io con mia figlia ho voluto essere esattamente l’opposto, ma lei dormiva con me, anzi, su di me: sdraiata sopra la mia pancia».

D. E nel lettone quanto? Ammetta suvvia…

R. «I figli? Ma tutta la vita! Mia figlia c’è stata poco perché poi è nato il mio secondo, Riccardo. Lui ha dormito con me fino ai 14 anni. E poi, per anni, la sera mi ha chiesto: “Ma quando parte Lucio?”, voleva tornare nel lettone».

D. Paola, lei si ricorda dei suoi parti?

R. «A casa mia la tradizione è che ogni anno, al loro compleanno, io racconti ai miei figli la loro nascita minuto per minuto: gli racconto la sera prima, il travaglio, quando e come sono nati, che cosa è successo. Ormai è diventata una barzelletta, perché io li chiamo per cominciare, loro sbuffano: “Sì, mamma lo so”. E io: “È la tradizione, vieni qua”».

D. Vabbè. Ma, allora, come sono stati?

R. «Io ho avuto due gravidanze completamente diverse. Giulia è stata fortemente desiderata, io nonostante fossi piuttosto giovane sentivo forte il desiderio di maternità e ho avuto una gravidanza meravigliosa, ho lavorato fino al nono mese… Poi all’epoca si diceva: “Mangia per due”, e ho preso trenta chili, un orso: dopo il parto sembravo ancora incinta».

D. Che bel momento.

R. «Massì… Lei, comunque, era una bambina buonissima, con lei facevo qualunque cosa, me la portavo ovunque».

D. E Riccardo?

R. «Riccardo è arrivato in un momento di crisi del mio matrimonio, la gravidanza è stata anche buona, ma io, in realtà, mi sono separata che lui aveva solo sei mesi. Ed è stato difficile. Ero a Roma da sola, i miei stavano a Milano, Riccardo era asmatico e quindi non dormiva mai, né di giorno, né di notte. Io ho avuto tre tendiniti perché stava sempre in braccio. Ecco, io a Roma da sola con due figli ho passato dei… grandi momenti. Ora se mi guardo indietro non so come ho fatto, ma credo che capiti a tutte».

D. E il futuro zio Riccardo è felice?

R. «È impazzito dalla gioia, quando l’ha saputo si è messo a piangere, felice che fosse maschio, perché dice che gli deve insegnare a fare un sacco di cose, dice. Il fratello di Giulia è stato il primo a comprare regali al piccolino in arrivo. Gli ha pure regalato una maglietta con la scritta: “Bello io, ma devi vedere mio zio”».

D. Senta, invece, come si vive da futura nonna?

R. «A me sta tornando in mente tutto, tutto quello che facevo e provavo quando aspettavo Giulia, sto ricordando le emozioni che mi attraversavano. Mi ricordo come ero io nel momento che adesso sta vivendo lei. Ho memoria del bisogno che avevo di mia madre…»

D. Che nonna sarà, Paola?

R. «Ah, io questo bambino lo voglio viziare, l’ho già detto, io non devo più educare, ho finito. Quindi… “Amore, vuoi quattro gelati? E nonna ti compra quattro gelati. Poi vai da mamma e papà e ci pensano loro”».

D. Ma lei è stata severa?

R. «Ho cercato di esserlo. Senza riuscirci. Ho cercato di fare da padre e da madre perché ero da sola. Senza riuscirci. Ricordo che se dicevo a uno dei due: “Vai in punizione!”, poi, dopo due minuti, mi “incartavano” con un sorriso. E mi ricordo pure che dormivo tenendo sul comodino il libro I no che aiutano a crescere di Asha Phillips con presentazione di Giovanni Bollea. Avrei voluto dirne tanti… Ma i miei “no” duravano 15 minuti, poi diventavano dei “ni”, quindi, dei “sì”».

D. A proposito di padri, ma il padre di Giulia, Andrea Carnevale?

R. «È pazzo di gioia anche lui, anche per Andrea è il primo nipote. E poi c’è la sorella che vive a Udine che è felicissima, sono tutti pronti a venire a Roma per questa nascita».

D. Come sono i rapporti fra sua figlia e il suo papà e fra sua figlia e suo marito Lucio Presta?

R. «Giulia è molto legata al padre ed è molto legata a Lucio, Lucio è la quotidianità, mentre il papà non si vede sempre, ma c’è»

D. Dunque anche Presta diventa nonno?

R. «Certo, Lucio sarà nonno. E noi nonni ce lo porteremo in Africa e a Formentera. E io lo terrò ogni volta che servirà: a me basta che lo dicano e io lo prendo, tanto dove devo andare di sera?».

D. Quando avete iniziato a frequentarvi lei e Lucio…

R. «Io e Lucio? Riccardo aveva quasi un anno, Giulia sei, il figlio di Lucio ne aveva sei e la ragazza otto-nove. Però, all’inizio non ci siamo visti con i figli perché i bambini erano già reduci dalle nostre separazioni, erano scioccati da quell’evento. Così abbiamo iniziato a vederci io e lui: due fidanzati. Poi, piano piano, Lucio ha iniziato a venire un po’ a casa con i bambini… Ma guardi che Lucio ha insegnato a Riccardo a fare la pipì in piedi perché Riccardo, in una casa di femmine, faceva la pipì come sua sorella».

D. Ma come, Paola, lei non sa fare la pipì in piedi?

R. «Io ho capito che non puoi fare da madre e da padre, i bambini hanno bisogno di una figura maschile, e per i miei c’è stato Lucio nella quotidianità. Comunque, sì, questa con il piccolino in arrivo sarà la nostra prima esperienza insieme con il bebè».

D. Ma Giulia dovrà chiedere un appuntamento per vederlo?

R. «Io cerco di non essere invadente, vado da loro solo quando lei mi chiama. Giulia e Filippo devono trovare la loro dimensione e la loro quotidianità. La cosa bella è che Giulia, quando viveva da sola e io la chiamavo, ebbene, mi rispondeva dopo due settimane, ora mi telefona dalle 15 alle 20 volte al giorno. Ma mia madre me lo diceva e me lo ripeteva: “I figli tornano”. Ed è vero: se ne vanno, fanno i cool, gli indipendenti, poi, appena aspettano: “Mamma, mamma, mamma, ma tu entri in sala parto?”».

D. E che meraviglia, però.

R. «Lo sa? Mia mamma quando è nata Giulia ha detto: “È come se avessi partorito un’altra volta”. E io dicevo: “Vabbè, esagerata”. Invece, ora capisco: secondo me avrò i dolori del travaglio. Intanto mi concedo un po’ di ansia, sì, rivivo quello stato d’animo, la nascita è sempre misteriosa. Lo dico?».

D. Che?

R. «Che un po’ è come se andassi a partorire io».

D. Vabbè allora faccia il nome.

R. «Fino all’altro ieri si chiamava “Ciccione”, poi due giorni fa finalmente si è deciso: si chiamerà Pietro. Che con il cognome Giovanelli sta anche bene, no?».

D. Dica la verità, le polemiche tv ora sembrano lontane miliardi di anni luce?

R. «Guardi, alla fine uno si annoia pure di dover rispondere di cose di cui magari manco è responsabile. Io credo che in 35 anni di lavoro ho dimostrato quello che dovevo e oggi non mi interessano né la rete, né la fascia oraria, ma solo i progetti. Dunque tornerò in tv con le trasmissioni Superbrain a gennaio e Non disturbare, le interviste cui tengo molto e poi… a un certo punto cambiano le priorità. Ma suvvia, io e Lucio stiamo bene, non viviamo di lavoro, ma di affetti, di famiglia e di vita, e possiamo anche rallentare un po’, questo bambino, Pietro – pietra miliare – è un piccolo grande punto nello spazio e nella nostra storia, simbolico e narrativo del momento che stiamo attraversando». Tutti. Insieme.

Azzurra Della Penna, Chi

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