Tiziano Ferro: «Quando ero un alcolista e volevo solo morire»

Il cantante, che su Amazon Prime Video sarà protagonista di un documentario biografico, ha affidato a una lettera i suoi pensieri più intimi. «Alcolista, bulimico, gay, depresso, famoso. Vivevo perennemente frustrato, incazzato e anche umiliato. Bere mi dava la forza di non pensare», ha confessato

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Tiziano Ferro ha scelto di raccontarsi attraverso un documentario. «Intimo, profondo», con la promessa di restituire l’uomo dietro il personaggio. Ferro, prodotto da Amazon Prime Video, arriverà online il 6 novembre. Ma non ci saranno sorprese ad attendere i fan del cantante, che, in una lunga lettera affidata alle pagine di 7, magazine

del Corriere della Sera, ha voluto anticipare alcuna delle sue confessioni più difficili. «Ero un alcolista e volevo morire», ha cominciato il ragazzo di Latina, imputando ad un gesto di placida convivialità l’origine di quella piaga che è la dipendenza.

«Una sera la band mi convinse a bere. E da lì non mi sono fermato più. Bevevo quasi sempre da solo, l’alcol mi dava la forza di non pensare al dolore e alla tristezza, ma mi portava a voler morire sempre più spesso. Ho perso occasioni e amici. Io ero un alcolista. L’alcolismo ti guarda appassire in solitudine, mentre sorridi di fronte a tutti», ha spiegato Tiziano Ferro, per cui le radici del male sono affondate in un’infanzia fatta di bullismo e violenza.

«Non sono mai stato il primo della classe, ero anonimo, non bello, per niente atletico, anzi grasso, timido, i ragazzi mi chiamavano ciccione, femminuccia, sfigato. Aspettavo che qualcuno intervenisse per difendermi, ma non succedeva mai. Vivevo perennemente frustrato, incazzato e anche umiliato. Poi ho cantato per la prima volta e il mondo è cambiato. La musica era l’unica cosa che avevo, un canale per esprimermi in un mondo nel quale non mi riconoscevo», ha proseguito oltre Ferro, che la fama, di primo acchito, ha vissuto come un dolore.

«Alcolista, bulimico, gay, depresso, famoso. Pure questo, famoso, mi sembrava un difetto, forse il peggiore», ha scritto oltre il cantante, dipingendo un quadro complesso, nel quale ogni tassello si compone a formare una storia di speranza. Perché, ha spiegato il ragazzo di Latina, «Ho sempre pensato che dietro ogni storia di dolore si nascondessero il privilegio e il dovere morale di poter aiutare qualcun altro. La mia storia me lo insegna e ogni volta che ho consegnato alla gente le mie cicatrici, si sono sempre trasformate in soluzioni».


Claudia Casiraghi, Vanityfair.it

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