I canali Rai rischiano l’oscuramento?

I canali Rai rischiano di essere fortemente penalizzati dal piano che prevede il rilascio delle frequenze in banda 700 alle tlc: ci saranno zone del paese in cui Rai 1 e Rai 2 non arriveranno e anche Rai 3 subirà una perdita del bacino di telespettatori, almeno fino a quando non avranno nuove antenne e televisori. Non solo, il piano impone costi per gli investimenti di «varie centinaia di milioni di euro», rispetto a soluzioni alternative che sono già state proposte e si impongono ai cittadini costi che avrebbero potuto essere evitati.

Sono soltanto due dei punti su cui si soffermano gli avvocati del servizio pubblico radiotelevisivo nel ricorso che è stato presentato lo scorso mercoledì al Tribunale amministrativo del Lazio, con il quale si chiede l’annullamento del Piano nazionale delle frequenze 2018 approvato dall’Agcom il 27 giugno (delibera 290/18/Cons). Un ricorso che mostra la decisione con cui la Rai vuole opporsi all’intero piano per il rilascio delle frequenze partito con la legge di Bilancio 2018. E non un ricorso qualunque. Perché se è vero che già altri operatori hanno presentato la loro opposizione al Tar (anche Mediaset), in questo caso Viale Mazzini va a toccare il fulcro dal quale parte tutto il processo di transizione, ovvero il multiplex 1 destinato a Rai 3, trasformato il quale si dovrebbero fare tutti gli altri spostamenti.

Il ricorso arriva peraltro con una tempistica da non sottovalutare: lunedì ci sarà il secondo incontro del tavolo presso il ministero dello sviluppo economico nel quale si stanno vagliando i vari aspetti del processo di rilascio. Perciò se è vero che il Tar impiegherà tempo per pronunciarsi, ciò che vale è il messaggio della Rai al governo: il piano spreca risorse e non permette di fare servizio pubblico, perciò va cambiato. Attesi i convenevoli del primo incontro, insomma, Viale Mazzini fa la mossa per sparigliare le carte, anche se il governo, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, ha una soluzione che potrebbe mitigare almeno in parte i problemi fin qui lamentati e che potrebbe presentare già lunedì.

Il ricorso prende di mira come detto l’utilizzo del mux 1. Si tratta di un multiplex che sarà trasmesso in banda III Vhf sul quale sarà spostata Rai 3 e per il resto emittenti locali (80% della capacità trasmissiva destinata a queste tv all’inizio) a partire dal 2020 fino alla fine del 2021 gradualmente sul territorio. Questo servirà a liberare le prime frequenze e poi a riorganizzare il resto. Il problema, lamenta la Rai, è che così come è stato concepito il Mux 1 non sarà ricevibile da vasta parte della popolazione se non aggiungendo un’ulteriore antenna a quella che già hanno. La Rai copre infatti in Vhf ormai solo parte del territorio, e l’attuale Mux 1 è perlopiù in Uhf dove trasmettono tutte le altre emittenti. All’aggravio sulle tasche degli italiani (che in ogni caso dovranno adattare i televisori per il nuovo digitale terrestre), si aggiunge quello della tv pubblica che dovrà investire di più perché dell’attuale Mux 1 non sarà salvato niente. Peraltro l’uso di frequenze specifiche, sostengono ancora gli avvocati, era stato ottenuto per 20 anni, fino al 2032.

C’è poi l’obbligo di ospitare le locali: intanto quelle ospitate dalla Rai saranno privilegiate perché i trasmettitori coprono ovviamente meglio il territorio rispetto a quelli di altri operatori locali, ma soprattutto la tv pubblica non potrà usare il suo Mux 1 per ospitare anche Rai 1 e Rai 2 laddove sia necessario per coprire meglio il territorio. Perché nel ricorso tra i molti punti che si criticano c’è anche la conformazione delle altre frequenze che impedirà di arrivare al 100% di copertura. Un documento che smonta l’intero processo, insomma, in cui si contesta anche l’attribuzione del terzo delle frequenze alle locali (che peraltro si sono dette disposte ad accettarne una diminuzione) sostenendo che in realtà questa riserva è già stata superata dalla legge di Bilancio 2018.

Andrea Secchi, ItaliaOggi

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