Emis Killa: “Sono un (Super)eroe, ma di una storia vera… salvo tutti tranne me stesso”

Eʼ uscito il 12 ottobre il quarto album in studio del rapper di Vimercate (Mb). Con il disco anche un cortometraggio e un comic book…

“La prima volta che mi hanno chiamato eroe andavo alle elementari, ho salvato dei gattini abbandonati e il mio amichetto mi ha detto: sei un eroe. …” racconta a Tgcom24. Da allora Emis Killa, classe 1989, ha affinato i suoi super poteri per diventare “uno tra i migliori rapper della scena hip hop” e adesso anche un… “Supereroe”. Ed è proprio questo il titolo del nuovo disco, uscito il 12 ottobre, a due anni da “Terza Stagione”, accompagnato da un fumetto, scritto dallo stesso artista e illustrato da Alessandro Vitti e da un corto di cui Emis è il protagonista insieme a Giacomo Ferrara ( lo Spadino di ‘Suburra – La serie’ ). Anticipato dal brano hit dell’estate “Rollercoaster” e da “Fuoco e Benzina” l’album si compone di tredici brani inediti per alcuni dei quali Emis si è avvalso della collaborazione dei migliori esponenti della scena rap di oggi, dal fenomeno americano6ix9in alla trap di Capo Plaza, al rap melodico di Carl Brave e  Gemitaiz fino a Gue Pequeno. Un disco “meno cupo e più positivo di ‘Terza Stagione’”, come spiega lo stesso rapper, che nei brani spazia dal rap alla trap di “Dope 2” e “Cocaina”, passando per i ritmi latini di “Rollercoasetr” e “Adios”, e quelli “rap-melodici”, di cui è un vero precursore come “Open water”, “Fuoco e benzina” e “Come fossimo cowboy”, fino al beat afrotrap di ‘Donald Trump’.

Perché “Supereroe” e chi sono i supereroi secondo Emis Killa?
Supereroe non vuol dire il Batman spaccone, il mio supereroe è quello di una storia vera, che ha dei limiti, che ha anche perso, ed triste e che alla fine salva tutti tranne se stesso… E un buono, è colui che dici: vorrei essere come lui. La prima volta che mi hanno chiamato eroe facevo le elementari e ho salvato dei gattini che erano stati abbandonati in riva a un fiume. L’amico che era con me mi disse: sei un eroe. Io non mi sentivo tale, ma ne fui contento.

Ma tu che Supereroe sei?
Sui social mi capita spesso che in molti mi chiedano consigli, per cose che riguardano la loro vita privata. Io mi chiedo perché proprio a me, questi credono che io sia un supereroe? E poi mi ricordo di quando ero adolescente, in crisi, e di come i miei supereroi fossero proprio i cantanti che ascoltavo e di come grazie alle loro parole e alla loro musica, riuscivo a sentirmi meno solo. E allora capisco… Ma non per questo mi sento un supereroe, non voglio essere lodato per il fatto di essere utile alla gente che mi ascolta, di farla stare bene. Ne sono felice, succede ed è così, non mi sento figo, non l’ho scelto io… e i supereroi a cui faccio riferimento sono così, sono mia madre che si è sbattuta per allevarci, mio padre che si è indebitato per comprarmi il motorino, i medici, i pompieri, ma anche Mike Tyson… Persone ammirevoli, ma anche imperfetti.

Hai avuto di recente una figlia, Perla, questa canzone è anche dedicata a lei?
A dire il vero l’avevo già scritta prima che nascesse… ma spero che un giorno mia figlia mi veda come un supereroe… Me lo auguro davvero.

Questa nuova dimensione di padre cambierà la tua prospettiva musicale?
Non lo so ancora, per ora è tutto molto nuovo per me. Mia figlia è ancora troppo piccola, non interagisce. Immagino che cambierà tutto, ma non so come… Lei sarà però sicuramente lo stargate tra due generazioni e mi ha già reso un… sexy daddy.

Nel disco c’è un brano che si intitola “Cocaina”, feat. Capo Plaza. Non pensi che sia un titolo un po’ forte?
Lo è da punto di vista del marketing, perché è un titolo ad effetto come tutte le cose trasgressive. Ma non parlo di cocaina nel testo, non è una incitazione a drogarsi. Sono tutte metafore, non è uno spot per gli stupefacenti. E comunque io non sono un modello per chi mi ascolta. E’ un pezzo new generation ed è per questo che ci ho voluto Capo Plaza.

Anche in “Donald Trump” dici: “Occhio a quello che dici ti ascoltano anche i genitori”…
Io canto e non rompetemi i c…i. Il rap è il mio diario segreto, ci scrivo quello che voglio. Le cose vanno dette come stanno senza filtri, senza indorare la pillola. A me piacciono le cose schiette. La droga ha fatto parte della mia esistenza, è stata una fase, perché non parlarne? La droga c’è…

E sempre in “Donald Trump” parli di Ligabue e dici che “bastava azzeccare due canzoni poi potevi fare anche lo stesso testo per due vite e mezzo”…
Ligabue lo invidio, avrei voluto farle io quelle due canzoni azzeccate. Ho persino comprato un disco per capire dove fosse il suo segreto. Non mi è piaciuto. Un tempo quando facevi un bel pezzo ti veniva riconosciuto. Le hit sono merito del popolo che le fa diventare tali, un po’ del talento e un po’ del culo

In “Senza cuore & senza nome” collabori invece con Carl Brave, cosa vi lega?
Carl mi piace per la sua capacità di cogliere il dettaglio, ‘Polaroid’ mi ha flashato: abbiamo lavorato per immagini, come fa lui, fondendo i nostri stili

Insomma evviva la schiettezza?
Non sopporto la falsità della maggior parte dei miei colleghi, che si mette continuamente in mostra: una volta va in ospedale a trovare i bambini malati, una volta fa la campagna contro i bulli, poi contro la droga, poi contro la violenza sulle donne… Tutti patinati e ben vestiti e poi però dietro fanno di tutto… Anch’io faccio opere benefiche, ma non le pubblicizzo.

E cosa ti fa arrabbiare ancora?
Il meccanismo dell’industria musicale italiana, le radio che trattano i rapper come immigrati della musica e mettono muri come quelli che mette Donald Trump, che è proprio una metafora di questo atteggiamento dei media

“Come cowboy” e “Quella foto di noi due” sono invece canzoni d’amore…
La canzone didascalica della mia love story e Quella foto di noi due”, quella è la canzone dedicata alla mia fidanzata. “Come cowboy” è un collage di esperienze passate e non autobiografiche, però è un episodio rap pop/radiofonico e mi aspetto piaccia al mio pubblico più adulto.

Sonorità e sound trasversali nel disco… dove vuoi andare?
Non so dove voglio andare, voglio uscire dal circolo vizioso del rap, è un mondo che non riesco più a decifrare. Anni fa sapevo cosa voleva il mio pubblico. Adesso c’è troppa gente, il rap ha preso talmente tante sfaccettature, che non si sa più che strada intraprendere. Cosa ho ancora da dare alla gente? Riesco a distinguermi in questo caos? Il mondo del rap è come una festa dove prima entravano solo quelli iscritti al circolo con un dress code ,adesso entrano tutti, perché tutti sanno presentarsi bene, sanno vendersi. Ma c’è tanta superficialità nei testi delle nuove generazioni di trapper. Passerà sicuramente, la gente non è stupida. Il trap ha conquistato molto spazio ma non è il mio campionato, non mi metto in concorrenza con loro. Ho 28 anni faccio musica da 12 e ho lottato per conquistare un pubblico maturo. Adesso a volte penso che mi voglio levare dalle palle, anzi no… me li voglio levare dalle palle, li voglio annientare… artisticamente, voglio che la gente venga ai miei concerti e riconosca che io sono il migliore…

Come è nato il feat. con 6Ix9ine?
Me l’ha chiesto lui, attraverso PashaPg, che è il terzo uomo nel brano e amici comuni di Brooklyn. PashaPg mi ha fatto la proposta di fare una strofa in un pezzo di 6I9ine. L’ho fatta su una base loro, ma non mi piaceva molto, così io ho rifatto la base e sono nate due versione del pezzo. Quella bella è finita in Superero naturalmente. Il tutto gratis.

Il 9 dicembre partirà da Milano il tour cosa vedremo?
Non lo so ancora, ma sul palco non credo ci sarà tutta la band, solo io e il deejay. Voglio valorizzare la mia figura di performer, non voglio che la gente venga distratta da infrastrutture e effetti speciali…

TGCOm24

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