Takagi e Ketra, i padroni dell’estate: “Oggi ci imitano tutti, ma per noi è una lusinga”

Si chiama “Ciclone” l’ultimo pezzo di Takagi & Ketra. I due producer sono da anni i dominatori delle classifiche estive sia con pezzi a firma loro che con pezzi di cui firmano la produzione: da Roma-Bangkok a “Margarita” e qust’anno “La Isla”, “Karaoke” e “Paloma”. Con Fanpage hanno parlato di pop, dell’ultimo singolo e di hit estive.

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“Non si dice più tormentone, è fuori moda” dicono Takagi e Ketra dallo studio milanese dove sono quando rispondono alla chiamata Skype. Non diciamo tormentone, allora, ma senza dubbio per descriverli non possiamo fare a meno di chiamare in ballo la hit estiva, quella di cui da anni, ormai, sono i re indiscussi, sia a nome loro che firmandone la produzione:

Da “Roma Bangkok” all’ultima “Ciclone”, passando per “Nu juorno buono”, pezzi come “Margarita” di Elodie fino alle ultime “Karaoke” dei Boomdabash, “La Isla” di Elettra Lamborghini e Giusy Ferreri, “Paloma” di Fred De Palma, per un elenco che sommato darebbe centinaia di milioni tra streaming e visualizzazioni. Sono anni, ormai, che la coppia di producer è diventata un must dell’estate italiana, sono loro a contendersi il titolo di brano dell’estate, ormai lo sanno bene, ne sono consapevoli e studiano sempre cosa quale sfumatura (spesso latina o caraibica) portare al pop italiano. Con loro abbiamo parlato di cosa significhi essere diventati quelli da imitare, ma anche della figura del produttore, di pop, e di essere italiani che provano a sfondare all’estero.

Quando nasce l’idea di unire le forze per dare l’assalto all’estate?

Guarda, è stata una cosa molto naturale, nel senso che la musica non puoi farla con chi ti sta sulle palle. Ci conoscemmo in un backstage, e ci siamo trovati subito, poi è venuta naturalmente la voglia di beccarsi qua in studio a Milano, abbiamo fatto le prime cose, ci piaceva lavorare insieme e in un modo o nell’altro ci completavamo. Siamo due persone che credono molto nel lavoro di squadra, ci piace tanto collaborare, ci siamo messi a fare le prime cose e la prima seria è stata la produzione di “Nu juorno bbuono” di Rocco Hunt che ha vinto Sanremo Giovani, quindi ha funzionato da subito.

Avete dato forma a quello che negli Usa esiste da un po’, ovvero la figura preponderante del produttore/producer nel pop. Sentivate che mancava qualcosa?

Sì, in realtà c’era in tante parti del mondo, come in Francia con David Guetta, Bob Sinclair, i Daft Punk, diciamo che l’Italia è arrivata un po’ dopo. Per noi è stata naturale, prima non c’era l’idea di fare un progetto col nostro nome. Dopo il successo di “Roma-Bangkok”, però, sono arrivate tantissime proposte dalle varie major, soprattutto per fare il disco da produttori, però ci è sempre sembrata una cosa fatta “a tentativo”: quello che ci viene in tot mesi, lo confezioniamo, lo pubblichiamo e se va bene, bene. Noi non abbiamo avuto questo percorso, abbiamo idea di fare una canzone alla volta, così da poterla curare nei minimi particolari, poterci fare dei viaggi sia geografici che temporali, non abbiamo un meccanismo da mettere in atto tutte le volte. Quando c’abbiamo il pezzo e lo sentiamo nostro lo buttiamo fuori.

Però sarebbe il primo album a questo livello fatto in un ambito non hip hop…

Non facendo tour e non volendo fare gli artisti non ha senso creare un album, che comporterebbe una serie di cose che non vogliamo fare. Sicuramente arrivati a un tot di pezzi potremmo pensare a una raccolta, ora siamo a 6 brani, vediamo fin dove arriviamo.

Dove guardate quando cercate novità? Da cosa vi lasciate ispirare?

Ketra: io personalmente vedo molti film, tutto tranne la musica, poi è ovvio che ne ascoltiamo tantissima, quindi magari dopo due mesi può tornarti un’idea che avevi avuto mesi prima e la metti in pratica, però non abbiamo un meccanismo per cui ci diciamo che vogliamo fare una cosa e guardiamo quella cosa specifica, l’ispirazione arriva in maniera naturale.

Takagi: Ascoltiamo musica non prettamente da classifica e italiana, ascoltiamo tantissimi sottogeneri latini, veniamo colpiti da questi ibridi come il baile funk, l’afrobeat in Africa, adesso siamo stati a Medellin per una session di scrittura e abbiamo conosciuto due generi interessanti come il vallenato e il guaracha che qua non conosce nessuno, ma sono deviazioni dal reggaeton, dalla Cumbia, musica che ha una grossa componente culturale. Non ci piace fare appropriazione, quindi prima la dobbiamo studiare, capire, vivere e così è stato.

Come trasformate queste sonorità per il mercato italiano? 

Sì, quello che ci piace fare è creare una strumentale molto lontana dal pop italiana, però farla interpretare da cantanti molto pop, creando sempre questo corto circuito, mettendo due cose completamente diverse insieme che poi diano fuoco alla miccia. In “Karaoke” (la canzone dei Boomdabash di cui Mr Ketra fa parte, ndr), per esempio, la base è molto giamaicana, molto cruda, abbiamo messo su Alessandra Amoroso e quella è stata la figata, mettere lei che è abituata a fare altre canzoni, a fare cose completamente lontane dal suo solito.

Mentre Elodie era abbastanza centrata su “Ciclone”.

Quest’anno, per il nostro pezzo, volevamo prendere una cantante che fosse brava e anche bella. Siamo rimasti colpiti dal fatto che da tanti anni in Italia non ci fosse una cantante che avesse quell’attitude e quella presenza scenica tale da potersi permettere un video come quello che abbiamo fatto. Volevamo mettere lei su questo brano perché oltre ad avere una voce che spacca, ha tutto quello che bisogna avere per fare pop nel 2020.

Non esistono ricette su come si fa un tormentone, questo lo sappiamo, però ci sono delle costanti, non a caso avete una squadra rodata con Davide Petrella e Federica Abbate, per dire.

Loro sono con noi dal giorno uno, abbiamo sempre scritto con loro, ci piace moltissimo ed evidentemente anche a loro piace lavorare con noi. Poi tutto questo è diventato, a furia di successo, lo standard. Quest’estate sentiamo che c’è un po’ di imitazione di quello che abbiamo creato in questi anni, ma ci sta, sappiamo che è la massima lusinga quella di essere copiati. Noi abbiamo sempre cercato di non fare quello che avevamo già fatto, ci accorgiamo che ultimamente, un anno dopo, cercano di fare quello che abbiamo fatto l’anno prima.

C’è anche sempre un po’ di snobismo – specie da parte degli addetti ai lavori – verso la hit estiva, che sensazione vi fa?

Secondo me gli addetti ai lavori che “trattano male” le hit estive sbagliano, innanzitutto perché dal 2015 abbiamo ribaltato il mercato. Le canzoni più vendute dell’anno solitamente coincidevano con il Natale, con l’inverno, invece da cinque anni è il contrario. Noi siamo convinti di una cosa, che essendo un periodo che la musica è on demand la gente sceglie cosa ascoltare, non c’è imposizione da parte di nessuno.

Però le playlist streaming sono fondamentali anche in questa cosa e sappiamo bene che le playlist principali sono costruite attorno a queste canzoni, no?

Sì, però guardano molto la performance, se non funzioni ti levano, non c’è un’imposizione, anche loro fanno il proprio mestiere: guardano i numeri, i trend dei brani e quelli che stanno affermando nella loro piattaforma vanno nelle playlist. Insomma, non credo che sia un momento in cui una hit viene imposta, le canzoni fanno la loro strada, vedi Fred De Palma, che l’anno scorso uscì come ottantesimo ed è ancora in classifica oggi, per dire: oltre alle playlist ufficiali c’è proprio che la gente se l’è salvata nella propria playlist. La vogliamo vedere in maniera romantica.

Sentite, in Italia siete ormai nel canone contemporaneo del genere, c’è però una voglia di sfondare all’estero?

In parte abbiamo cominciato ad andare all’estero, abbiamo avuto la fortuna di fare “Quiereme mientras se pueda” il primo singolo di Manuel Turizo, artista molto famoso nel mondo latino e da lì abbiamo aperto un piccolo spiraglio. Però, per come abbiamo capito, bisogna stare sul posto per cercare di entrare in quel mercato. Siamo stati molto fortunati, perché la prima canzone che abbiamo scritto l’hanno usata come singolo ed è andata molto bene…

Non c’è più il problema della lingua, quali sono quindi le difficoltà che si riscontrano?

La difficoltà, come detto, è che se vuoi essere competitivo in quel game devi stare sul posto. Noi abbiamo avuto la fortuna di incrociare sul nostro cammino persone fondamentali come Justin Quiles e Bull Nene, che sono i principali autori latini in assoluto, che hanno scritto, rispettivamente, pezzi come “Loco Contigo” di Dj Snake e “Ginza” di J Balvin e sono stati con noi in studio perché hanno capito che avevamo quel savoir-faire di cui c’è bisogno in studio per lavorare con loro, ma non facciamo l’imitazione del loro sound: abbiamo comunque un modo italiano ed europeo di intendere il reggaeton, che è una musica che ha dei canoni precisi ma vive di piccole novità, piccole rivoluzioni. Loro hanno apprezzato il fatto che quello che facciamo noi non è l’imitazione scontata delle hit che sentono e fanno e si trovano bene a lavorare con noi. Abbiamo scritto tante canzoni con tanti autori latini che stanno girando tra questi artisti che sono costantemente alla ricerca, quindi ci è capitato che grandi nomi provinassero i nostri pezzi, poi magari ne sentono cento e ne sentono undici. La chiave è tenere comunque il made in Italy, perché competere con loro sul loro campo è impossibile.

Quante cose scartate? Come avviene la vostra selezione?

In maniera naturale, di solito iniziamo molti più brani di quanti ne chiudiamo, però può succedere che restino lì per un po’: “Margarita” di Elodie è rimasta due anni nel computer prima di uscire. Ci sono cose che se arrivi a salvare a fine serata hanno qualcosa di buono, bisogna solo trovare la loro strada in maniera naturale. Non cerchiamo mai di forzare, anche perché ci piace l’effetto cotto e mangiato, non amiamo lavorare troppo sui brani: quelli di questa estate qua sono stati finiti, mixati e sono usciti uno dietro l’altro. Non siamo mai neanche stati bravi a rimettere mano ai brani, capovolgerli, solitamente la prima stesura è quella più vicina alla resa finale.

C’è qualcuno di cui vi fidate e a cui la fate sentire?

K: a mia madre e qualche amico fidato che non ascolta la musica da musicista, quindi se muove la testa e sorride va bene, poi siamo sempre noi gli ultimi a decidere.

Sentite, ammettiamolo una volta per tutte, non ci vuole niente a scrivere una hit estive, giusto?

(ridono) Comporre una hit estiva non è affatto facile. Il pop italiano è probabilmente il genere più difficile da fare in Italia, perché qualunque musica che non sia il pop ha dei canoni determinati – pensiamo alla trap -, mentre il pop deve reinventarsi continuamente, perché è lo specchio del momento e già l’anno dopo quello che hai fatto l’anno prima è vecchio. Poi il pop mangia se stesso, le canzoni nuove che escono fanno sembrare vecchie quelle di prima, praticamente è un territorio che non c’è, lo devi trovare andando alla cieca.

Prima di andare via, ve lo devo dire, da napoletano: sentendo Ciclone ho pensato che ci stava bene anche la voce di Gigi D’Alessio, che gioca con le sonorità latine da una ventina d’anni ormai.

Ma noi siamo superfan di Gigi e superfan del napoletano, di quello che sta arrivando da lì, è la cosa più forte che abbiamo in Italia, pensiamo veramente che sia musica da esportazione, poi è molto gangsta quindi ci piace ancora di più. Anche se nessuno dei due è napoletano siamo molto napoletani nell’approccio, ci piace che quando c’è un’aria melodica. Pensiamo che la melodia napoletana, della new wave, assomigli molto alle melodie delle grandi hit reggaeton, se provi a fare in spagnolo melodie della nuova wave napoletana potrebbero stare tranquillamente su un pezzo di Ozuna.

Music.fanpage.it

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