Indiana Jones, tutti i segreti del set più pazzo del mondo

Erano passati soltanto otto mesi da quando George Lucas aveva presentato al mondo le avventure di Luke Skywalker, della principessa Leia e di Chewbacca, ma il regista di Guerre stellari già organizzava il suo prossimo progetto. In cinque giorni, durante uno straordinario brainstorming a casa del suo assistente a Los Angeles, Lucas con Steven Spielberg e con lo sceneggiatore Lawrence Kasdan inventarono un personaggio che nelle loro intenzioni doveva essere a metà strada tra Humphrey Bogart e James Bond. Così nacque Indiana Jones, primo essenziale tassello per mettere a fuoco il primo dei quattro capitoli della saga, I predatori dell’arca perduta, di cui in questo giorni si celebra il 40esimo anniversario. “Quello che stiamo facendo qui, in realtà, è progettare un giro a Disneyland”, disse Spielberg in quel primo incontro secondo un resoconto di quelle giornate. E proprio come le imprese di Indiana Jones in tutto il mondo, la storia della produzione del film è essa stessa una storia di disavventure, pause, intoppi e soluzioni fortunate. Ecco alcune storie dal set. Per quanto sia un grande regista, Spielberg difetta un po’ di praticità e concretezza. Le ricostruzioni del film, dai luoghi alle trappole, sono esempi della vecchia maestria hollywoodiana: l’idrovolante di Indiana Jones, il salone nepalese e le scogliere del Cairo erano tutti fondali dipinti a mano, il pubblico scoprirebbe il trucco in pochi minuti senza un montaggio veloce. Per i massi che rotolano e rischiano di travolgere Indiana, Spielberg commissionò sfere in fibra di vetro e roccia in gesso che scorrevano su una pista di quasi 40 metri. Anche con i loro 150 chili, invece delle tonnellate che simulano, quelle sfere frantumarono ogni cosa lungo il loro percorso e un masso avrebbe potuto schiacciare anche Harrison Ford: “È stato fortunato”, disse Spielberg sulla rivista American Cinematographer, “sono stato un idiota a convincerlo e per averlo lasciato provare”. Le riprese in Tunisia vennero tormentate dal caldo asfissiante del deserto e dalle intossicazioni alimentari. Spielberg finì per nutrirsi solo di cibo in scatola, a colazione, pranzo e cena. In un articolo che ha scritto per il Washington Post sui giorni sul set, la fotografa Nancy Moran ha ricordato come Spielberg si lamentasse spesso e volesse tornare a casa. Queste condizioni portarono a una serie di errori come nella sequenza della Fuga dal pozzo delle anime con i falsi movimenti di rocce e camion. Anche Harrison Ford venne colpito dalla dissenteria e quando arrivò il momento di girare il duello per il quale Spielberg aveva preventivato un giorno e mezzo di riprese, l’attore chiese se potevano cavarsela invece in un’ora. “Sì, se gli spari”, gli rispose Spielberg mentre i due dovevano affrontarsi spada contro frusta. E poi così fecero, una delle scene più divertenti del film. I problemi più grandi arrivarono dall’utilizzo di animali sul set. Soprattutto una scimmia infida che, nonostante fosse addestrata a eseguire un saluto nazista, ha costretto a girare la scena più di 50 volte di fronte a un esasperato Lucas.

Repubblica.it

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