Nek, 30 anni di carriera e 50 d’età vissuti con umiltà e curiosità

L’artista emiliano festeggia con l’album 5030 e, dopo quello di Milano, sono in arrivo a gennaio altri tre concerti a Bologna, Roma e Torino. L’INTERVISTA

Trent’anni di carriera e cinquanta di età: Nek festeggia e si festeggia con l’album 5030 e con un ciclo di concerti. Il primo c’è già stato, a Milano al Teatro degli Arcimboldi, i prossimi annuciati saranno, nel 2023, a Bologna, Roma e Torino rispettivamente il 14, il 16 e il 21 gennaio. Filippo Neviani nell’album ha messo il nuovo singolo, attualmente in rotazione radiofonica, La Teoria del Caos e alcuni grandi successi riarrangiati per l’occasione che raccolgono i trent’anni di una carriera straordinaria e i suoi 50 anni di età. Tra questi tre vedono la partecipazione di amici e colleghi: Fatti avanti amore feat. Jovanotti, Dimmi cos’è feat. Francesco Renga e Cuori in tempesta feat. Giuliano Sangiorgi.

Filippo prendiamola larga: quanto i nuovi impegni televisivi potranno deviare la carriera su un altro fronte e diventare preponderante?

La televisione non sostituirà mai la musica ma resta uno spazio che mi si prospetta davanti, mi piace mettermi in gioco e mi piace il linguaggio alternativo alla musica. Ogni tanto mi sposterò verso la telecamera, mi piace essere poliedrico, mi stimola parecchio.

Nel booklet che accompagna l’album si vede il tatuaggio In Manus Tua, Domine: cosa rappresenta?
È una preghiera che recito spesso, è il mio modo di dire che mi metto nella mani di Dio.

Temi più i 50 anni o i 30 di carriera?
Temo più i 30 perché bisogna puntare a farne altrettanti. La sfida è tenere l’asticella a un certo livello e se possibile alzarla. Oggi può essere facile arrivare al successo ma mantenerlo è dura. I 50 anni  li vivo bene, lì sento ma so che l’entusiasmo da ragazzino domina sull’anagrafe.

Se ti guardi indietro cosa ti è mancato ed è un obiettivo prossimo venturo?
Uno stadio, una colonna sonora e un album strumentale e spero che possano verificarsi e piacere alla gente. Poi spero sempre di raggiungere più pubblico. Io mi sento un apprendista anche dopo 30 anni.

Un momento fondamentale per ogni decennio?
L’ultimo dopo l’incidente alla mano sinistra: è mutato qualcosa e dunque c’è l’accettazione del cambiamento; mi dicevo che non potrò più suonare, poi l’impegno, la dedizione, i medici, la famiglia e il pubblico hanno contribuito a una svolta. Poi sono rinato a Sanremo 2015. Infine il primo disco, Nek: non era matematico dopo un concerto davanti a 300 persone sul palco di Sassuolo a 15 anni che piacesse. È uscito a settembre 2022.

Come hai lavorato al concerto degli Arcimboldi?
Congiunzione AstraleVivere senza te e Cuori in Tempesta non le facevo da anni. C’è una emozione particolare perché si toccano i ricordi e la musica a volte rievoca pure i profumi. Su Cuori in Tempesta sono stato attento a non modificare il pathos, ho ricordato un’atmosfera, persone che non ci sono più, la speranza che all’epoca avevo di ascoltarlo in radio. È bello rivivere quei momenti. La musica è aperta e va oltre la strategia di un disco. Musicalmente sono legato agli anni Ottanta, sono un inguaribile nostalgico, vengo da lì e solo grazie a mia figlia scopro altre cose. La missione è creare una amalgama calda che arrivi alla gente.

La gente ti accompagna per tutto il concerto.
Ci sono hit e singoli che la gente stessa ha portato al successo, è una collaborazione. Ascoltare cosa canta, virgole comprese, è la soddisfazione massima per chi fa questo mestiere. Piace sentire le tue canzoni cantate da altri perché diventa un qualcosa in più di una canzone. Ti dico solo che dal 1992 a oggi ho pubblicato più di 90 singoli.

A gennaio proporrai la medesima scaletta?
La scaletta è quella ma ogni concerto è diverso. Il rituale è lo stesso cambia l’energia.

Tre domande tutte legate a La Teoria del Caos: secondo te i cuori non li usiamo abbastanza perché i social gli sottraggono la poesia? Cosa ha di speciale il mare di Hemingway? E infine, escluso il concerto agli Arcimboldi, quale è l’ultima cosa che ti ha fatto impazzire di gioia?
Parto dalla fine: agli Arcimboldi vedere mia figlia saltare ascoltando i pezzi del padre perché seleziona molto e li ascolta poco. I social tolgono parecchio al cuore. Dobbiamo stare attenti perché le cose fatte col cuore rimangono e ce ne accorgiamo quando mancano: quando fai un regalo e vedi un sorriso e senti un grazie è un piacere unico nel suo genere e non si ripropone in altri modi. Mettere cuore è rischioso ma paga. Il mare è un universo che non sai dove ti porta: può essere calma, mosso, tempestoso… il mondo in movimento non si prevede, la vita non si prevede, si ipotizza. La teoria del caos è ammessa e dobbiamo riorganizzare i nostri parametri quando arriva.

Cosa consigli ai giovani?
L’umiltà perché ti pone in una posizione di apertura, la consiglio sempre a un giovane. Poi di non avere paura a stringere le mani perché un giorno potrebbero stringere altre mani e dunque per te è tardi.

Provi tenerezza per il Filippo del 1992?
Ero fondamentalmente solo agli inizi: eravamo io, i miei pezzi e i musicisti. Era tutto nuovo in quello studio di Castelfranco Emilia nella bassa modenese… però avevamo la passione.

Chiudiamo con un bilancio?
È attivo, si apriranno nuove prospettive e anche se non passano dalla musica, la musica ci sarà sempre nella mia vita. Se pubblico e salute me lo concedono voglio fare cose nuove. L’unico dubbio è l’attore: essendo autocritico non credo di essere in grado. Ma chissà…





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