BOB DYLAN POETA DA NOBEL, LO RACCONTANO COCI E TRICOMI

Oggi alle 18 nello Spazio Guida gli autori presentano il loro libro sull’artista insignito del premio

bob-dylanSe non ci avesse pensato l’Accademia di Svezia, più umilmente avrebbero provveduto loro, il bibliotecario e poeta Gianfranco Coci e il giornalista di “Repubblica Antonio Tricomi, a conferire a Bob Dylan il premio Nobel per la letteratura. Gli autori del volume “Bob Dylan – Cantautore da Nobel” (Guida editori, 190 pagine, 18 euro, prefazione di Giorgio Verdelli), entrambi napoletani, avrebbero avuto molto da dire, se invitati alla cerimonia di sabato scorso, sulla necessità di conferire il premio al menestrello di Duluth, nato nel 1941 con il nome di Robert Allen Zimmerman. Le ragioni? Tutte racchiuse in questo primo libro su Dylan a essere pubblicato dopo l’assegnazione del prestigioso premio, libro che sarà presentato oggi alle 18 nei locali dello Spazio Guida (via Bisignano 11), ospite Luigi Caramiello. Non una disamina accademica sulla coerenza dei testi, quanto piuttosto una prosa sciolta, con taglio giornalistico, avendo cura di collocare le canzoni e gli album nel loro contesto storico e di ricostruire l’intera discografia estrapolando di volta in volta titoli, versi, finanche aneddoti, indispensabili per farsi un’idea del perché un artista fuori dagli schemi che afferma di essere nato “cantante-chitarrista- viaggiatore”, è considerato il numero uno della musica popolare a cavallo tra ventesimo e ventunesimo secolo.
“Dylan è un poeta completo”, scrivono gli autori. “Un poeta che ricorda gli Aedi, i cantori che narravano le gesta mitiche dell’antichità, dietro cui c’era la storia di un popolo. Dietro Dylan, i suoi versi, la sua musica, c’è l’America con le sue contraddizioni, e il modo personale e profondo di attraversarle e di continuare a farlo”.
Dylan, insistono gli autori, come del resto anche Leonard Cohen, recentemente scomparso, sono intrinsecamente poeti, “hanno cioè il dono di trattare la materia scritta al pari di chi scrive una poesia”. Raccontano il mondo con una prospettiva nuova, ricorrendo non solo alla forza dei versi, ma alla loro perfetta assonanza con la melodia. Una canzone per tutte, “Blowin’ in the Wind”. “Non sembri banale ma la canzone, con quella sua melodia accattivante, gioca molto sull’effetto ipnotico della ripetitività della frase musicale… e trova nel testo la capacità poetica di trasformare umori, sensazioni, angosce che serpeggiano nel Paese… La grandezza è che nel testo non vi è alcun proclama, alcuna suggestione politica… “. Un’angoscia contemporanea che si ritrova, ad esempio, nella più recente “Ain’t Talkin‘” (contenuta nell’album “Modern Times“), canzone che pure possiede un incedere ipnotico, ma questa volta l’asse sembra spostarsi dal versante storico-politico a quello biblico-esistenziale, quasi a
dimostrare che Dylan vive in una dimensione senza tempo, per raccontare la ricerca perenne di una meta (“Non sto parlando, solo camminando”).
Insomma, se John Lennon diceva che Dylan è colui che indica la strada, se c’era prima dei Beatles e dei Rolling Stones e c’è ancora, se all’età di 75 anni continua il suo Neverending Tour, il tour senza fine iniziato nel 1988, salendo sui palcoscenici di tutto il mondo, una ragione deve pur esserci.

La Repubblica

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