‘Toy Story 4’ torna questa estate. Oltre a Woody e Buzz arriva Forky

Ventiquattro anni dopo, il film che ha rivoluzionato l’animazione e fatto conoscere la neonata Pixar in tutto il mondo, approda al quarto capitolo della saga dei giocattoli che prendono vita. Con molti nuovi personaggi

Lo sceriffo Woody, l’astronauta Buzz Lightyear, ma anche la pastorella Bo Peep, la cowgirl Jessie, il cagnolino Slinky, il signor e la signora Potato tornano sul grande schermo grazie a Toy Story 4, in tutto il mondo – Italia compresa – il prossimo giugno insieme a tanti nuovi personaggi. Primo fra tutti una forchetta di plastica che coinvolta nel grande girotondo sulle note di Joni Mitchell si interroga: “Che ci faccio io qui? Non sono un giocattolo”. C’è grande attesa per il sequel del film che più ha cambiato la storia dell’animazione e che arriva nei cinema in un contesto completamente nuovo dopo l’addio del patron John Lasseter, accusato di comportamenti non adeguati con i suoi dipendenti. “Sarà un film fantastico – aveva promesso Pete Docter a Roma tre anni fa per parlare di Inside Out – John Lasseter è completamente dedito, qualcosa di veramente emozionante. È un grande film dove ritroverete tutti i personaggi dei film precedenti ma spinti in una direzione completamente nuova. Penso che vi divertirete”. Poi però Lasseter è stato costretto a un passo indietro e Docter è diventato il capo degli uffici creativi della Pixar. Il regista è Josh Cooley, animatore cresciuto in casa Pixar, questo è il suo primo film da regista ma ha lavorato a Inside Out, Up, Ratatouille, e ha diretto il cortometraggio derivato da Inside Out in cui racconta il primo appuntamento di Riley. Toy Story 4 ritroverà le voci originali dei primi tre a partire da Tom Hanks che doppia Woody, Annie Potts che doppia la pastorella, Tim Allen che doppia Buzz Lightyear e Joan Cusack che doppia Jessie. Per la versione italiana si dovrà capire chi potrà sostituire l’amato Fabrizio Frizzi che doppiava lo sceriffo cowboy. Toy Story 4 arriva nove anni dopo l’ultimo capitolo e ben ventiquattro dopo quel primo film completamente realizzato in computer grafica e destinato a cambiare per sempre la storia dell’animazione: 361 milioni di dollari nel mondo, un Oscar speciale a John Lasseter per il “primo film interamente animato al computer” e una serie di recensioni che decretarono il trionfo del primo film della Pixar, un progetto che veniva da lontano. L’avventura della Pixar era iniziata sotto un altro nome (Graphics Group) come costola della LucasFilm nel 1979, ma è nel febbraio del 1986 che Steve Jobs l’acquisì sotto il nome che l’ha resa celebre. Di quell’anno è il primo corto realizzato da John Lasseter, un ex animatore Disney che sognava di fare un film completamente al computer, Luxo Junior, storia della lampada da scrivania che da quel momento divenne il simbolo dell’azienda di Lasseter e Catmull che in vent’anni ha accumulato 15 Oscar, 7 Golden Globe e 11 Grammy e un boxoffice complessivo sui 15 titoli prodotti di quasi 9 miliardi e mezzo di dollari. A quel primo corto ne seguirono altri, ma bisogna arrivare al 1988 per vedere in nuce i primi elementi che verranno sviluppati poi in Toy Story. Il corto di quell’anno, Tin Toy, aveva per protagonista un piccolo giocattolo di latta (un one man show con tanto di tamburo, piatti e fisarmonica) vittima delle angherie di un bimbo di pochi mesi, fu il primo corto in Cgi a vincere l’Oscar, e buttò le basi per la storia del ragazzino Andy e dei suoi giochi, il cowboy Woody e l’astronauta Buzz Lightyear. Basta guardare poche immagini di quel corto (il bimbo sembra un bambolotto e si muove praticamente a scatti) e paragonarlo al film del ’95 per capire che passi da giganti aveva fatto l’animazione in sette anni, soprattutto per quel che riguardava i personaggi umani. A quel primo film campione di incassi e di critica ne sono seguiti altri due Toy Story 2 nel 1999 e Toy Story 3 (il primo in 3D) nel 2010, entrambi grandi successi al botteghino (il terzo ha superato il miliardo di dollari nel mondo). “Dal punto di vista tecnico quando abbiamo iniziato a lavorare a Toy Story c’erano un sacco di restrizioni, cose che non potevamo realizzare facilmente o per niente come l’acqua, i vestiti. Se rivedo quei primi film mi fa veramente effetto – aveva raccontato Pete Docter che di Toy Story firmava il soggetto insieme ad Andrew Stanton, Wall-e e Joe Raft – Ora sia dal punto di vista tecnico che artistico posso dire che non c’è nulla che non si possa fare. E ogni giorno si inventa qualcosa di nuovo. Ma al di là dell’aspetto tecnico posso dire che nella sostanza non è cambiato nulla per quel che riguarda il nostro rapporto con le storie e i personaggi. Poter vedere un personaggio cambiare e crescere rimane la gioia di chi ama il cinema e la soddisfazione del nostro mestiere. In questi vent’anni la Pixar è diventata molto più grande, siamo passati da una cinquantina di persone a 1200. Ciò nonostante il cuore della Pixar è rimasto lo stesso: rispondere all’interrogativo perché raccontiamo storie? Non importa se sono storie che parlano di macchine, giocattoli, cimici o altro, parliamo sempre di noi e delle nostre esperienze di vita. E il motivo è che crediamo nel fatto che se noi proviamo un’emozione forte anche il pubblico lo proverà”.

Chiara Ugolini, La Repubblica

 

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