The Good Lord Bird, le differenze tra la serie tv e la verità storica

Molto fedele al romanzo originale di James McBride, la serie prodotta e interpretata da Ethan Hawke è ispirata alla vera storia di John Brown, un personaggio sospeso tra realtà e leggenda nell’America dell’Ottocento

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Tale è stata la passione con cui Ethan Hawke ha letto e ammirato The Good Lord Bird, il romanzo di James McBride premiato con il National Book Award nel 2013, che la serie omonima, da lui prodotta e interpretata (in onda tutti i mercoledì sera su Sky Atlantic), è uno degli esempi di maggior fedeltà di un prodotto televisivo al testo originale. Anzi, alcune recensioni comparse in America

(Per esempio quella del New York Times) hanno persino individuato come unico difetto un’eccessiva fedeltà a uno dei libri più complessi e sorprendenti dell’ultimo decennio americano, nel settore storico.

La storia è nota: la vita e le avventure di John Brown, fervente abolizionista cattolico nell’America di metà Ottocento, segnata da violenti guerre intestine a cominciare dal Kansas, attraversato da una lunga scia di fatti di sangue. Le vicende sono raccontate dal punto di vista dell’adolescente Henry soprannominato “Cipollina” dal clan di Brown, che ne ha malinteso il genere sessuale e nel frattempo vive avventure in stile Huckleberry Finn, continuamente travestito da donna (e scambiato addirittura per una prostituta) per mantenere la sua finzione. Di questo personaggio non c’è traccia nella verità storica, ma non c’è dubbio che sia un ottimo espediente per far procedere la storia e rendere ancora più interessanti le dinamiche spesso contraddittorie in cui agisce John Brown.

L’ottima fattura di The Good Lord Bird è dimostrata da una ricostruzione molto accurata nei dettagli, a cominciare dalla piuma di uccello che Frederick consegna a Cipollina: un picchio dal becco avorio, specie in via d’estinzione da oltre mezzo secolo ma molto diffusa all’epoca dei fatti. Ed esisteva anche la taverna degli Sherman in cui John Brown incontra Cipollina: gli Sherman erano tre fratelli di origine olandese favorevoli alla schiavitù, descritti per esempio in una biografia di John Brown scritta dallo storico David S. Reynolds. E ha un fondamento storico anche il falso nome (“Shubel Morgan”) con cui Brown dice di chiamarsi al proprietario della taverna, un alias che il vero Brown aveva usato nell’inverno del 1858, in una delle sue tante missioni di liberazione di schiavi neri in giro per l’America. Così come la passione per gli animali, dagli scoiattoli ai conigli, è un po’ romanzata ma storicamente provata, visto che nei testi che lo riguardano si parla di “sincere amicizie con il suo cavallo o il suo mulo”. 

C’è invece una differenza leggera ma significativa sulle ultime parole pronunciate da Brown appena prima di essere condotto alla forca, la scena con cui si apre il primo episodio della serie: “What a beautiful country!” (che grande Paese!), sibila Brown/Ethan Hawke, parole evidentemente cariche di un sarcasmo involontario, ma perfettamente coerenti in bocca a un personaggio imbevuto di un tale e immotivato fanatismo. Nella realtà, però, il pensiero di John Brown era un po’ più ampio: “This is a beautiful country. I never had the pleasure of seeing it before” (Questo è un grande Paese, ma non ho mai avuto il piacere di scoprirlo”). Una punta di amarezza che, per ragioni di sceneggiatura, è stato deciso di eliminare.


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