Jumanji e la ‘libidine’ anni ‘90

Jumanji, il film di Joe Johnston del 1995, tratto dall’omonimo albo illustrato per bambini di Chris Van Allsburg e interpretato da un Robin Williams in stato di grazia, ancora lontano dai guai fisici e psicologici che lo avrebbero portato a una prematura dipartita nel 2014, ha lasciato nell’immaginario collettivo – soprattutto quello della generazione che attraversava l’infanzia ai tempi – un ricordo molto positivo. A rivederlo oggi, risulta un po’ ingenuo e datato, soprattutto nell’effettistica digitale, ma mantiene ancora un buon livello di ‘sense of wonder’ e una grande capacità di intrattenimento, mai raggiunta, ad esempio, dal semisconosciuto pseudo-sequel Zathura: A Space Adventure, sorta di corrispettivo in chiave sci-fi, diretto nel 2005 da Jon Favreau e tratto da un altro lavoro di Van Allsburg, con Tim Robbins tra i protagonisti. Anche Jumanji – Benvenuti nella giungla, che arriva in sala con Warner il 1 gennaio, può essere definito uno pseudo-sequel. I meccanismi rimandano al modello originale, ma si adattano ai tempi. Il gioco da tavolo che risucchiava i ragazzi che lo provavano al suo interno permettendogli di uscire solo dopo averlo completato si tramuta letteralmente nella cartuccia di un videogame, più adatta forse ad attrarre gli adolescenti di oggi. Così capita – e risulta piuttosto divertente – che un nerd occhialuto e dal fisico sgallettato si ritrovi proiettato nella possente corporatura di Dwayne ‘The Rock’ Johnson, l’eroe principale dell’avvenura, una sorta di Indiana Jones sotto steroidi. E che la sfigata di turno diventi un’eroina super-sexy in stile Lara Croft, mentre la ‘bella’ della classe viene costretta negli ingombranti panni di Jack Black – che offre, dopo un po’ di tempo che non lo si vedeva, una prova esilarante – esploratore ed esperto di mappe ma non esattamente dotato dell’aspetto di un sex-symbol. E così via. Le situazioni paradossali non mancano di certo, si gioca con gli stilemi tipici del genere avventuroso ma anche con i meccanismi ben conosciuti da chi è abituato a frequentare Xbox e Playstation, ad esempio risulta piuttosto azzeccato l’intervento dei personaggi non giocanti che ripetono sempre le stesse frasi seguendo schemi prestabiliti e limitandosi a svolgere funzioni di contorno. Dell’originale, a parte un paio di citazioni, rimane poco e niente. Forse è giusto così, e proprio per questo il film risulta un omaggio divertente, apprezzabile sia da chi ha amato il film degli anni novanta che dai sui figli, mirando chiaramente a catturare l’attenzione delle famiglie al completo. “Non volevamo fare un remake – ha dichiarato The Rock in un’intervista – ci siamo sempre chiesti come potevamo rendere omaggio non solo al film originale ma anche a Robin Williams, in un modo che ci facesse sentire bene e facesse sentire bene anche la gente e senza rischiare di impantanarci. Penso che abbiamo trovato il modo migliore e penso che la sua famiglia ne sarà molto contenta. E senza rinunciare a troppo”. Nota di colore: nella versione italiana, un personaggio bloccato nel gioco da vent’anni usa spesso il termine ‘libidine’, espressione usata dal comico Jerry Calà che negli anni ’90, nel nostro paese, era testimonial del Sega Mega Drive, storica console da gioco amata e utilizzata dai teenager dell’epoca. A suo modo una raffinatezza di adattamento tutta dedicata al pubblico tricolore. Nel cast anche Kevin Hart, Karen Gillan, Nick Jonas e Bobby Cannavale.

Cinecittànews

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