Italiani seriali, i nostri attori sempre più richiesti nelle fiction straniere

Matilda De Angelis in «The Undoing» e Salvatore Esposito in «Fargo 4»

Se fino a qualche anno fa era difficile trovare un attore italiano in una serie internazionale, recentemente i casi sono aumentati, e quelle che sembravano essere solo delle coincidenze sono diventate quasi una regola. Uno degli apripista è stato, alla fine del 2014, Lorenzo Richelmy protagonista su Netflix di Marco Polo, serie storica creata da John Fusco. Sempre negli Stati Uniti, in Grey’s Anatomy, si sono alternati Giacomo Gianniotti, Stefania Spampinato e Lorenzo Caccialanza.Adesso è quasi un’epidemia: Fortunato Cerlino, famoso per aver interpretato Don Pietro in Gomorra – la serie di Sky, ha lavorato anche in Hannibal e nell’inglese Britannia. Nella seconda stagione di Master of None, Aziz Ansari ha diviso la scena con Alessandra Mastronardi, neo-madrina della prossima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Nelle ultime puntate di Sense8, la serie creata dalle sorelle Wachowski e disponibile su Netflix, Valeria Bilello ha interpretato la parte della cattiva. E in Trust, serie tv diretta da Danny Boyle e incentrata sul rapimento di John Paul Getty III, si sono fatti notare Luca Marinelli, Andrea Arcangeli e Giuseppe Battiston. Poi ci sono tutte le altre serie, co-produzioni internazionali, girate e ambientate in Italia (Catch-22, L’amica geniale, I Medici, The New Pope di Sorrentino, e We are who we are di Luca Guadagnino) che hanno una quota di attori nostrani.Insomma, gli italiani, dopo il cinema, hanno sempre lavorato all’estero e ultimamente, complice anche l’affermazione del fenomeno seriale, sono tra gli interpreti più richiesti del piccolo schermo. O almeno: tra i più attivi. Solo poche settimane fa, è stato annunciato il cast della quarta stagione di Fargo, serie antologica creata da Noah Hawley e ispirata all’omonimo film dei fratelli Coen. Al fianco di Chris Rock, sono stati confermati anche Salvatore Esposito, protagonista di Gomorra – la serie, Francesco Acquaroli, che interpreta Samurai nella Suburra di Netflix, Tommaso Ragno, bravissimo ne Il Miracolo di Sky, e Gaetano Bruno, che sarà anche nella seconda stagione de Il Cacciatore.All’inizio di quest’anno, online sono stati diffusi alcuni scatti dal set di The Undoing, nuovo progetto della Hbo con Nicole Kidman e Hugh Grant e diretto da Susanne Bier. Tra i protagonisti, c’è anche Matilda De Angelis, uno dei talenti più giovani e apprezzati dell’industria italiana. Più o meno nello stesso periodo, sempre a New York, si sono tenute le riprese di The Many Saints of Newark, che è un film, è vero, ma che fa da prequel a uno dei più grandi successi del piccolo schermo: I Soprano. Nel cast, anche Michela De Rossi, già vista ne La terra dell’abbastanza dei fratelli D’Innocenzo e ne I Topi di Antonio Albanese.Ma non è finita: pochi giorni fa, su Instagram, è stata condivisa una foto. Ritrae Mark Ruffalo, Derek Cianfrance, Marcello Fonte, protagonista del Dogman di Matteo Garrone, e Simone Coppo, che si è fatto notare in Una grande famiglia. I quattro lavoreranno insieme in I know this much is true, altra serie della Hbo ispirata al romanzo di Wally Lamb.Nel mondo si sono accorti del talento e della bravura dei nostri attori, e il fatto che nelle serie tv ci siano più tempo e più parti, e modo per approfondire i personaggi, rappresenta una possibilità. La nostra stessa televisione sta crescendo a ritmi incredibili, e il nascere continuo di progetti sempre nuovi, sviluppati in collaborazione con realtà americane e francesi e tedesche, ne è una prova. Ma questo è anche uno degli effetti positivi della diffusione delle serie tv: si produce, si produce tanto, e c’è lavoro. Lavoro per tutti.Agli italiani, soprattutto ai più giovani, conviene andare all’estero. Non solo, e banalmente, per il prestigio di prendere parte a produzioni internazionali, al fianco di attori affermati, star hollywoodiane, e con la regia di fuoriclasse dell’audiovisivo; ma anche per interpretare ruoli che difficilmente, in un mercato come il nostro, ancora molto limitato, ancora in una fase embrionale, troverebbero. E così, per una volta, la Terra Promessa non è un paese: ma è il piccolo riquadro di un televisore.

Gianmaria Tammaro, lastampa.it

 

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