Tiziano Ferro, il tour parte con le sorprese: «Io, tra Drake e Luigi Tenco»

Un concerto che sa stupire. Che osa. Non banale. Si può definire così il tour negli stadi di Tiziano Ferro che ha premuto il tasto start ieri sera da Lignano Sabbiadoro. Tredici date in tutto, con il tris di Milano e il bis di Roma allo Stadio Olimpico il 28 e il 30 giugno. «Sarà uno spettacolo altamente moderno. Con una scaletta ragionata dall’inizio alla fine e dal contenuto emotivo forte. Uno spettacolo dove la scenografia non toglie nulla alla musica, alla voce, alle canzoni che restano sempre al centro». E così è stato. Tre schermi fronte palco, uno mobile per il tetto di copertura e il pavimento led. Il tutto per effetti video non usuali, laser cyclone ruotanti, cascate d’acqua, piogge e nebulizzazioni. «Ho usato come elemento nuovo l’acqua perché rappresenta l’irregolarità della vita e la rivoluzione di ciò che si evolve», racconta. «Volevo un elemento che fosse inatteso e scomodo. Volevo provare a lavorare “in condizioni estreme”».
Nell’ultimo anno è andato in giro a vedere concerti dei suoi colleghi internazionali. «Quelli che mi erano piaciuti di più erano quelli dove l’artista dimostrava di avere coraggio e di non avere paura. Ecco, allora ho pensato: se non faccio come loro, mi perdo qualcosa». Pioggia di led, sparate di fuoco a video, scenografie d’acqua. E poi la musica. Ventinove brani in scaletta, compresi i tre bis. Canzoni dell’ultimo disco, “Il Mestiere della vita” (che apre di fatto il concerto) a pezzi del suo repertorio storico. Non mancano “Sere nere”, “Perdono”, “Rosso relativo”, “Ed ero contentissimo”, insieme ai tre medley divisi rigorosamente per genere (“R&B”, “Electro dance” e”Acoustic”), a “Il Conforto” (da solo senza Carmen Consoli), a “Potremmo ritornare” che chiude lo spettacolo sotto l’effetto pioggia. Ripropone a sorpresa la cover di Luigi Tenco, “Mi sono innamorato di te” (cantata per la prima volta sul palco dell’Ariston ad apertura dell’ultima edizione del Festival di Sanremo): lui al pianoforte e scenografia in bianco e nero. «Mi sento un po’ tra Drake e Luigi Tenco», raccontava auto definendosi prima di salire sul palco.
E poi c’è il pubblico. Sempre caloroso, intimo, presente, che ha cantato a squarciagola tutte le canzoni.
Non manca il momento riflessione. «Non diamo una seconda possibilità al cinismo, alla mancanza di empatia, all’assenza. Ascoltiamo senza sentenziare. Lasciamo il passato alle spalle con la serenità di accettare le cose che non possono essere cambiate e con il coraggio, invece, di cambiare quelle possibili». Riflessione anche in merito agli ultimi fatti di Manchester in ribadisce il valore della musica: «Dobbiamo cercare di neutralizzare questi attacchi e non farci spaventare. La musica unisce e permette di uscire allo scoperto». A lui che lo ha aiutato come persona, prima ancora che come artista («Senza la musica sarei un misantropo isolato dal mondo»).
Un concerto non banale, insomma. Dove è una sorpresa dall’inizio alla fine.

Rita Vecchio, il Messaggero

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