Giallini, io e Rocco Schiavone quanto siamo simili

Marco Giallini e Rocco Schiavone: “non faccio fatica ad interpretarlo è quasi una pausa tra un ciak e l’altro perchè mi trovo bene nei suoi panni tanto siamo simili, ovviamente togliendo la parte del poliziotto o le amicizie discutibili. Poi Antonio Manzini è un autore di tale generosità e talento che non ho mai incontrato difficoltà”. L’attore romano di Trastevere, come il suo personaggio è pronto a indossare il loden e ad affrontare la neve di Aosta per calarsi nei panni del vicequestore più cinico e sarcastico della tv all’insegna del noir e del poliziesco. In prima visione su Rai2 mercoledi 17 e Mercoledì 24 marzo alle ore 21.25 la serie Rocco Schiavone, con la regia di Simone Spada, prodotta da Cross Productions con Beta e Rai Fiction giunta alla quarta stagione, tratta dai romanzi di Antonio Manzini (editi in Italia da Sellerio Editore) dai due ultimi romanzi gialli bestseller: i titoli, “Rien ne va plus” e “Ah, l’amore, l’amore”. La prima puntata in anteprima su Rai Play da lunedì 15 marzo. Sradicato dall’amata Capitale e trasferito, ormai da tempo, ad Aosta per motivi disciplinari, Schiavone non si è mai davvero ambientato nella città d’adozione. Continua a mal sopportarne il rigido clima e la neve che si ostina ad affrontare con i suoi immancabili loden e Clarks. Sempre tormentato, ma anche emotivamente redento, dal ricordo dell’amata moglie Marina che immagina e rimpiange ogni giorno dalla sua tragica scomparsa. E poi quelle amicizie discutibili, quei vizi non propriamente legali e ortodossi, come i suoi metodi di indagine e il suo linguaggio a dir poco sfrontato, senza limite di turpiloquio e d’intercalare colorito.
“Ma Schiavone è sempre quello inventato da Manzini – aggiunge Giallini – e io non vorrei assolutamente fosse diverso. Rocco è fuori dagli schemi ma – aggiunge l’attore – ha un senso della giustizia e dell’etica tutto suo, non sempre coincidente con la legge. Ma è un uomo complesso, malinconico, che ci permette di riflettere su temi importanti”. Insomma Rocco non è cambiato e lo ritroveremo, in questa quarta stagione, sempre alle prese con i suoi demoni interiori e con la medesima caparbietà da poliziotto rude e implacabile. Insieme ai suoi uomini sarà impegnato a far luce su due casi particolarmente complessi. Il primo condurrà il vicequestore nelle pieghe buie del gioco d’azzardo e il secondo a far luce non solo su un caso frettolosamente etichettato come malasanità, ma anche e soprattutto su una parte di sé che ha per troppo tempo tenuto nascosta e protetta da tutti: quella dei sentimenti. Aggiunge lo scrittore Antonio Manzini “Ad esempio non pensa mai al suicidio perchè a suo avviso sarebbe come commettere un reato di omicidio in quanto ai danni di una persona depressa e fragile”, gli fa eco Giallini “bella questa me la appunto”. A chi chiede se nei prossimi libri affronterà il tema della pandemia lo scrittore replica “no, e non intendo farlo, meglio dimenticare dicevano che saremmo diventati migliori, chi quando dove”. In merito alla collocazione sulla seconda rete aggiunge: “per me Rocco Schiavone è sempre stato destinato a Rai2” spiega “E’ diversa dalle altre serie anche di genere in assoluto ha una vita sua, va sta bene dove sta, si distingue”. Marco Giallini, la sua romanità pensa l’abbia aiutata a creare i suoi personaggi, ha esordito in piccolo ruolo a teatro anche con Foà, di lui che ricordi ha? “Ma a parte che vado fiero della mia romanità e che non ho fatto solo ruoli da romano. Poi dico a un milanese la fareste questa domanda?” Su Foà “lo ricordo che ero ragazzino abitavamo vicini chiedeva il basilico a mia madre, ma non immaginavo chi fosse, poi abbiamo recitato insieme ma non mi rivolgeva la parola, avevo un ruolo minore. Un giorno è capitato che mi ha incontrato per caso e mi ha invitato a pranzo, in un ristorante cinese, anche li’ scena muta leggeva il quotidiano, ma alla fine mi ha regalato un ritratto mio che mi ha aveva fatto mentre pranzavamo. Questo è tutto”. A suo parere perché tanto successo per le serie tv del genere investigativo, la vanno molto bene? “Non lo so – risponde Giallini – certo che Schiavone ha una sua cifra non si era mai visto un poliziotto che fuma come un dannato in tv, detto questo io da ragazzino guardavo gli sceneggiati da Maigret ma anche quelli italiani, piace il giallo, il crime, l’investigazione. Ma Antonio è tutta un’altra cosa ha del genio, non c’entra nulla la scorrettezza di Schiavone. È molto complesso, si presta anche a diverse letture, descrive molto bene il mondo di oggi, senza ideologie”. Nei titoli di coda appare suo figlio “Si ha lavorato nel backstage, lo aveva già fatto in un videoclip di Tiromancino, gli piace la musica il cinema sta studiando e conosce ora più gente di me.
Vedremo come andrà dipende da lui”. Giallini al termine si scusa per il ritardo “avevo dormito poco poi non avevo messo orario sul telefono, meglio non ho sentito avevo i The Clash a palla”.

ANSA

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