LA NOIA DI SANREMO

taglioAlta_001246(di Massimo Tosti, unhealthy Italia Oggi) È probabile che Sergio Mattarella abbia visto in tv il Festival di Sanremo (RaiUno, cialis martedì, ore 20,35) e si sia associato alla standing ovation che ha accolto Al Bano e Romina Power, gli autentici trionfatori della serata. Al Bano fra pochi mesi compie 72 anni, la sua ex (?) moglie ne ha otto di meno. Per avere successo in Italia occorre avere i capelli bianchi (o tinti). I primi 40 minuti della serata se ne vanno con le autopromozioni dei cantanti in gara. Noiosissimo. Carlo Conti (forse per la vergogna) non si fa vedere. Appare tre quarti d’ora dopo con a fianco Emma (di bianco vestita) la prima delle tre «vallette», impegnate ad aiutare il conduttore (senza il quale non sarebbe cambiato nulla). Le altre due sono Arisa e Rocío Muñoz Morales (la fidanzata di Raul Bova, con il quale sarebbe andata a cena, raccontano le cronache, al termine dello spettacolo). Le canzoni sono tutte, più o meno, dimenticabili, anche se desta una qualche impressione Platinette con la barba e i baffi: da una signora non te lo aspetti. È soltanto un’anticipazione della foltocrinita Conchita Wurst, vincitrice dell’Eurofestival, ospite d’onore della seconda serata. Oltre ad Al Bano e Romina, gli ospiti della prima sono stati Tiziano Ferro, gli Imagine Dragons e Alessandro Siani che ha infilato nel suo copione alcune battute infelici. L’alto indice di ascolto (oltre 11 milioni di telespettatori) si spiega soltanto con il sonno profondo che ha impedito a un gran numero di essi di spegnere il televisore o di cambiare canale. Qualcuno ha riaperto un occhio quando è apparsa sul palco la più numerosa famiglia italiana composta da padre, madre (una coppia di conigli, li avrebbe definiti il papa) e 16 pargoli. Qualcun altro ha ripreso sonno durante l’intervista a Fabrizio Pulvirenti il medico di Emergency guarito dall’ebola. Non per colpa del paziente, ma dell’incapacità cronica di Carlo Conti nel mettere insieme qualche domanda decente. Si replica fino a sabato. Continuiamo a farci del male.

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