Enrico Nigiotti: «Il bisogno di tornare a vivere»

Il cantautore di Livorno torna in tour dal 12 gennaio dopo due anni di stop forzato. Riparte dal brano Notti di luna e dal bisogno di poter ritrovare il contatto con la gente, con la vita. Rimettendo al centro la musica

Sette appuntamenti speciali in teatro, per ripercorrere i momenti più importanti della sua carriera e per ritrovare il contatto con il pubblico che tanto è mancato. Enrico Nigiotti, il cantautore trentaquattrenne di Livorno che nel 2020 calcava il palco del Festival di Sanremo con la voglia di poter portare in tour tutta la sua nuova musica, riparte da quello stop forzato con Notti di Luna, una ballad che porta l’ascoltatore sotto a un cielo stellato rivolgendosi direttamente al grande astro che per molto tempo è stata la sua unica luce. Pronto, dal 12 gennaio, con una prima data già sold out nella sua Livorno, a cantarla live per la prima volta accompagnato da Fabiano Pagnozzi (pianoforte, hammond, cori e direzione musicale), Mattia Tedesco (chitarre), Antonio Galli (basso) e Marco Fuliano (batteria e cori).

Che effetto le fa tornare in tour? 
«È strano. È qualcosa che aspetto da due anni, me lo sono immaginato in tutti i modi ma come tutte le cose che si immaginano, poi non sono mai come le vivi. È un’avventura, ed è una sensazione che mi piace. Non do niente per scontato. Livorno è sold out, ma io non so se poi davvero verranno tutti. Potrebbe essere una scoperta sia in positivo sia in negativo, ma mi fa sentire vivo. E non mi sentivo vivo da tanto tempo. Non vedo l’ora di suonare. Sono stufo di dire che è un periodo difficile. È il nostro periodo. Possediamo solo il tempo che abbiamo e se ce lo togliamo… ci togliamo l’unica cosa che abbiamo». 

Cosa vedremo?
«Ho avuto due anni per pensarlo bene. Sarà uno spettacolo ancora più suonato rispetto a prima. Ho vestito le canzoni in modo diverso, ci saranno momenti acustici. Sarò accompagnato da grandi musicisti, ci abbiamo messo molta cura. Ho pensato a una scaletta che faccia pensare al pubblico che il tempo è volato, come quando vedi un bel film al cinema e non ti accorgi che sono passate due ore». 

Lo show ripercorrerà i momenti più importanti della sua carriera. Quale sarà il momento che la coinvolgerà di più emotivamente?
«Non è scontato dirlo, ma credo che a livello affettivo Nonno Hollywood sia la canzone che mi tocca sempre. Ci ho fatto caso in lockdown, ho avuto il tempo di riguardare i video e riascoltare le canzoni, ho spulciato i commenti del web, cosa che non faccio mai. Ho visto che sotto quella canzone le persone salutano i loro cari. È come un epitaffio e mi ha fatto capire che allora forse ci sono canzoni che realmente vanno oltre la musica, il sapere il ritornello. Ti portano in contatto. È come se parlassi per loro. Certo anche L’amore è è importante. Senza quella canzone non ci sarei stato io. O anche La ragazza che raccoglieva il vento, scritta per Alda merini, la sento molto. E la sente anche il pubblico. Ho tante canzoni, ognuna è un figlio».

Da quel Festival del 2020 e la sua Baciami adesso che cosa è successo?
«È cambiata la mia vita completamente. Avevo suonato tanto e volevo fare ancora di più, fare Sanremo per me voleva dire poter portare in tour ancora più canzoni. A settembre poi avrei fatto un viaggio lungo per scrivere un disco nuovo. Invece a febbraio, dopo due settimane di promo, mi hanno fermato e si è chiuso il mondo. Allora ho cercato di staccarmi da tutto, me ne sono andato a Capraia. Era tutto chiuso, almeno lì potevo camminare, vedere il mare. Eravamo in 80 persone in tutta l’isola, c’è solo una strada, il resto è solo bosco. Sono partito con la mia ragazza e i miei due cani e siamo diventati isolani. Lì è nata Notti di Luna, ho pensato, ho scritto, ma ho anche capito di aver bisogno di vivere alcune cose. Mi mancano i tour, mi manca il contatto con la gente. È bello isolarsi, ma non basta».

Cosa è cambiato? 
«Sono stato più attento a tutte le cose che non avevo. Ora però ho bisogno di unire i due mondi, di andare in giro. Di sentire che sto lavorando. Posso anche guadagnare stando fermo, ma non è bello. Mi sento inutile». 

Ha trovato qualcosa di positivo invece?
«Ho provato a pescare ma mi prendevano tutti in giro perché non sono capace, anche se i miei parenti erano tutti pescivendoli. E poi mi dispiaceva per i pesci. La cosa più importante è che sono tornato a contatto con la mia famiglia, la mia ragazza. Gli ultimi tre anni li avevo trascorsi sempre in giro, sempre fuori casa, è stato un modo per riscoprirmi. Un’aggiunta, un crescere. Mi sono staccato da internet, anche se non sono mai stato un grande tecnologico e le bollette le pago ancora dal tabaccaio. Ma ho avuto attorno a me solo il verde e il mare». 

Come è nata Notti di Luna?
«Capraia è un’isola accanto alla Corsica, in mezzo al mare. È sotto alla Via Lattea e le stelle sono a distanza di baci. Andavo con i cani in un punto alto da cui si vede solo il mare. Di fronte a me c’era solo la luna, se tiravi un sasso la beccavi. Non è che ho parlato davvero con lei, ma è stata partecipe di quel periodo, nelle serate felici e in quelle malinconiche. È stata la luce sui miei pensieri, la canzone è nata così. Ho voluto parlare con lei, anche se c’è chi mi ha detto che sarebbe stato meglio scrivere per una donna. Eppure io credo nei testi delle mie canzoni e credo di dover dire Livorno invece che Italia, di parlare alla luna e non a una donna, non scrivo per vendere. E per me è meglio così, anche se sembra stupido. Preferisco fallire con una cosa che mi piace, tanto si può fallire lo stesso sempre. Almeno sono felice di quello che faccio». 

Nel brano canta di desiderare di stare in volo senza pesi. Quali sono questi pesi?
«Faccio questo mestiere da cinque anni, e questi ultimi due quasi non li considero. Ho visto però la differenza di quando cominci, del prima e del poi. Subentrano un sacco di meccanismi che non riesci a capire. Non ho mai avuto la mentalità da business man, ma ho capito che non è vero che se sei libero di fare quello che vuoi il successo arriva lo stesso. Io spero di poter fare questo lavoro anche in futuro, di costruirmi una mia nicchia, di fare i teatri tutta la vita. Come un cantautore moderno. E per questa consapevolezza devo ringraziare il più bravo di tutti. In questi due anni ho riscoperto la potenza dell’ascoltare la musica e devo ringraziare Niccolò Fabi che mi ha rapito completamente e accompagnato in lunghi viaggi. Lui è un capolavoro vivente, mi ha dato stimoli per fare meglio». 

VanityFair.it

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