Andrea Delogu racconta l’avventura che vivrà con Renzo Arbore, “Indietro tutta 30 e l’ode”

Andrea Delogu conduce le due serate evento su Rai2 con Arbore e Frassica. “I suoi programmi sono come un concerto, ha inventato la tivù che mi piace”

Andrea Delogu

Lo chiama Renzo, semplicemente, con lo stesso tono che si usa con gli amici più cari. Lo nomina di continuo, e mentre lo fa ride, ricorda, si diverte. Il 13 e il 20 dicembre, in prima serata su Rai2, Andrea Delogu condurrà, insieme con Renzo Arbore e Nino Frassica, Indietro Tutta 30 e l’ode, un programma per celebrare non solo i trent’anni di Indietro Tutta ma anche, dice, per celebrare la televisione. Quella di qualità. «Renzo è l’inventore della tivù che mi piace, quella che ti fa ridere ma anche pensare. La sua credo che sia stata la prima vera satira del piccolo schermo. È sempre stato un po’ il mio punto di riferimento. La sua televisione c’è sempre stata. Tra l’altro, l’ho anche studiato all’Università».

Lui, Arbore?  

«Ero iscritta a Comunicazione pubblicitaria, non mi sono mai laureata, però ai corsi che ho frequentato si parlava di Cacao Meravigliao. E anche in quel caso si percepivano tutta l’intelligenza e la folle genialità che c’erano dietro».

Come vi siete conosciuti?  

«Sei anni fa, mi prese a lavorare con lui a Renzo Arbore Channel. Le dico solo questo: allora avevo i capelli rosso-fucsia. Renzo mi ha sempre dato consigli. È sempre stato il mio cicerone. Mi ricordo che ogni tanto mi vedeva in televisione e mi chiamava, e mi diceva che cosa secondo lui dovevo cambiare. “Stai più serena”, mi suggeriva. “Trova uno stile tuo, più definito”. Io ho sempre cercato di ascoltarlo. E forse alla fine mi ha chiamato proprio per questo: perché l’ho ascoltato bene».

Quando le ha detto che voleva che ci fosse anche lei a «Indietro Tutta 30 e l’ode»?  

«Mi ha telefonato all’improvviso. “Ciao Andrea, sono Renzo”. “Ciao Renzo, come stai? Dimmi tutto!” E lui: “Ti andrebbe di lavorare con me?”. Io gli ho risposto, un po’ parafrasando: “Renzo, non prendermi in giro. In che senso lavorare con te?”. “Ma – mi ha detto lui, vaghissimo – ho intenzione di fare un programma. Sono ora in riunione con Nino Frassica e gli autori. Vieni che ne parliamo”. Io non ho aspettato nemmeno un secondo; ho preso la macchina e mi sono catapultata da lui».

È incredibile come ancora oggi i programmi di Arbore siano innovativi e moderni.  

«Merito del suo modo di fare televisione che è totalmente fuori dagli schermi. È lui che li inventa, gli schemi. Poi, certo: può piacere o non piacere, ma è innegabile come sia sempre nuovo e interessante. Indietro Tutta 30 e l’ode è così: divertente, con contenuto, interessante. Ma soprattutto ha un linguaggio diverso».

Ci dica di più.  

«È una lezione sui segreti di Indietro Tutta, su com’è nato e perché ha fatto la storia della televisione italiana. Vengono spiegate tante cose che sono entrate nella quotidianità delle persone e che sono state create proprio da Renzo e da Nino. Come “mappazzone”, che ora dicono a Master Chef».

Lei lo guardava «Indietro Tutta»?  

«Quando ero bambina, l’ho rivisto tantissime volte, anche su Vhs. E nel tempo ho continuato a rivederlo. Mi ricordo ancora i balletti, il caos composto che regnava e soprattutto mi ricordo la sensazione di libertà totale che c’era in quello studio. Sono cresciuta a pane, mortadella e Renzo Arbore».

Lei si divide tra televisione e radio.

«Senza la radio, non ce l’avrei mai fatta. Ha cambiato la mia vita e il mio modo di pormi. La radio mi ha dato la possibilità di capire e di imparare a stare attenta a quello che mi succedeva attorno. Mi ha dato un super potere. Sono veramente grata a Paola Marchesini che ha deciso di rischiare e di prendermi a Radio2. Sono tre anni che ci lavoro e sto ancora imparando».

Qual è la lezione più importante che le ha dato Renzo Arbore?  

«Di sorridere quando qualcosa mi piace, e soprattutto di stare ad ascoltare. Lo so che suona come una sciocchezza, ma a volte siamo così desiderosi di dire una cosa che non capiamo il contesto in cui ci troviamo. Se ci fa caso, Renzo ha sempre fatto programmi con persone con cui aveva affinità, con cui aveva ritmo. I suoi programmi sono come un concerto, e non a caso lui è un musicista. E in un concerto tutti gli strumenti devono suonare al momento giusto, devono ascoltarsi, devono amalgamarsi. E così è quando sei in uno studio. Renzo mi ha insegnato a suonare la televisione».

Gianmaria Tammaro, La Stampa

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