Il sesso secondo Veronica Pivetti: “L’erotismo delle 50enni è un tabù”

«Lo ammetto: è un romanzo spudorato, con un linguaggio esplicito, ho usato termini considerati proibiti. A 54 anni mi tolgo lo sfizio di raccontare, dal punto di vista femminile, il sesso con parole mie». Per sole donne è il libro che Veronica Pivetti pubblica con Mondadori (in libreria dal 12 novembre). Cinque amiche, capeggiate dalla protagonista, Adelaide, vivono la loro quotidianità fatta di amori sbagliati, mariti traditi, amanti anelati o sbeffeggiati. Un coro scomposto di voci e di esperienze diverse, tra avventure e sventure erotiche.

Perché ha sentito il bisogno di scrivere questa storia?
«Il mio primo libro, Ho smesso di piangere, affrontava il tema della depressione che avevo vissuto. Il secondo Mai all’altezza, era un diario sul sentirsi perennemente inadeguate. Stavolta mi concentro su un’altra questione. Quando una donna tocca il traguardo dei 50 anni, viene in mente solo la menopausa, il crollo del desiderio, e toccare l’argomento del sesso è un tabù. Invece no: cambia il desiderio, ma non muore. Cerco di sfatare tanti luoghi comuni attraverso l’incontro, lo scontro, le confidenze tra Adelaide, 52enne, e le sue amiche coetanee».

Adelaide è Veronica?
«Mi identifico in tutti e cinque i personaggi che ho conosciuto in momenti diversi della vita. Adelaide mi somiglia ma è più timida di me: è ingabbiata in una situazione matrimoniale con un marito che non la soddisfa, non ha figli e, quando libera le sue pulsioni, resta sconvolta. Ho voluto raccontare la mia generazione con ironia, per riderci sopra: ho trattato l’argomento del sesso in maniera comica, che mi è congeniale. Questo romanzo è una specie di training autogeno: ho fatto analisi per circa quattro anni, la consiglio a tutti. Ma il romanzo non è un trattato, semmai un racconto volutamente scorretto».

Forse un po’ scorretto nei riguardi delle figure maschili?
«È vero: ho fatto quadrato con le donne. Non faccio la femminista dell’ultima ora, ma tra maschi e femmine c’è un passo differente nella maturazione. Noi maturiamo più in fretta e a volte capita, nel matrimonio, che avvertiamo il rapporto col coniuge come zavorra, aneliamo alla libertà».

Per questo Adelaide e le sue amiche sono tutte senza figli?
«Non ho nulla contro la maternità, però si parla sempre delle mamme e poco di donne che, come me, non sentono la necessità di procreare e non per questo si sentono meno femminili: offro loro una corsia preferenziale. Ma vorrei che anche gli uomini leggessero il romanzo, per capire la nostra psicologia».

Un altro tema affrontato è l’omosessualità femminile.
«Un altro tabù da sdoganare. Ad Adelaide piacciono gli uomini: ha marito, amanti… ma alcune sue amiche sono felicemente lesbiche. Nella nostra società omofoba si dà più spazio ai gay che alle lesbiche. L’omosessualità maschile poi è più accettata di quella femminile che resta più nascosta. È un’ulteriore forma di discriminazione sociale e io la metto in piazza, in forma di commedia che è la mia cifra. Qualcuno, leggendo, si scandalizzerà? Può darsi, ma a questa età mi sono permessa questa libertà».

Adelaide come Veronica: un matrimonio fallito e senza prole.
«Con il mio ex marito ho mantenuto ottimi rapporti di affetto e amicizia. Se guardo indietro, con la distanza degli anni, mi vedo come ero allora: francamente insopportabile. La consapevolezza è la chiave giusta per crescere e a sposarmi di nuovo non ci penso proprio. Ho avuto le mie storie, non tante, ma in realtà ho sposato il mio lavoro».

Un intenso lavoro: protagonista in teatro con «Viktor und Viktoria» e in tv con «Amore criminale».
«Quasi un femminicidio al giorno. Certi uomini non accettano l’emancipazione della compagna o della moglie. È un corto circuito infernale».

In «Viktor und Viktoria» si cala nei panni dell’uomo.
«Una goduria. Quando in palcoscenico mi trasformo da donna in uomo, il pubblico si stupisce tanto quanto mi stupisco io nell’entrare e uscire da questi panni. Penetrare nella mentalità maschile non è uno scherzo, ho perso 13 chili portando in giro questo spettacolo. A differenza di cinema e tv, il rapporto con gli spettatori che stanno seduti davanti a te è fisico, carnale, quasi erotico. Li devi conquistare».

Sempre tanti applausi?
«Qualche volta capita una platea più freddina. Per me diventa una sfida, e di solito vinco io».

Emilia Costantini, Corriere.it

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