‘A star is born’, Lady Gaga e Bradley Cooper verso l’Oscar: “Una storia senza tempo, oggi”

In sala il film che segna l’esordio da regista dell’attore e il debutto di Stefani Germanotta, senza trucco, come protagonista. A Hollywood si parla già di nomination mentre la colonna sonora ha avuto un boom di vendite

A Hollywood cresce la febbre da Oscar per A star is born, il film che vede il debutto da protagonista di Lady Gaga e da regista di Bradley Cooper. I bookmaker lo danno come titolo per la notte delle stelle al pari del Leone d’oro di Alfonso Cuarón Roma e la proiezione organizzata sabato scorso per i membri dell’Academy of Motion Picture Arts è stata presa d’assalto tanto che alcuni membri non sono riusciti a partecipare. Le 1010 poltrone del Samuel Goldwyn Theatre sono state occupate in tempi record con gente in fila dalle 5 per la proiezione delle 7.30 tanto che Christine La Monte, una dei membri storici dell’Academy, ha dichiarato: “Non ho mai visto niente di simile”. Intanto il film arriva nelle sale italiane con 600 copie, dopo aver incassato negli Stati Uniti 44 milioni di dollari, un buon risultato contro gli 80 di Venom, mentre la colonna sonora potrebbe conquistare la vetta della classifica con una previsione di 200mila copie tra cd, download e streaming. Quarto remake di quello che rimane un classico del cinema americano, il film trova una nuova forma nel debutto alla regia di Bradley Cooper, che dimostra di sapere duettare accanto alla grande star: “Non sono stato pienamente consapevole che il mio fosse il quarto remake anche se ho amato gli altri film e in particolare quello di George Cukor – dice il regista – È stata la combinazione perfetta degli eventi: volevo raccontare una storia d’amore, sapevo che avrei voluto dirigere un film e quando ho pensato a questa storia mi sono detto: è una grande miniera che possiamo ricostruire. Avevo bisogno di ninfa vitale ed è arrivata lei”. La storia del film è una variazione sul tema: lui, Jack, è un musicista di successo, riempie gli stadi, ma nonostante la passione e il talento è affogato nell’alcol e nella depressione; lei, Ally, scrive la sua musica ma non la canta, convinta che l’industria possa volere la sua voce ma non il suo aspetto non esattamente appariscente. Si incontrano per caso in un bar frequentato da drag queen, lei canta La vie en rose provocando brividi in tutto il pubblico, ma anche in questo disincantato e stropicciato rocker. È subito amore, però le cose si complicheranno nel momento in cui Ally diventerà famosa. Prima di Lady Gaga ci sono state Janet Gaynor – 1937 per la regia di William Wellman – Judy Garland – 1954 per la regia di George Cukor – e Barbra Streisand – 1976 per la regia di Frank Pierson – ma la popstar non le vede come “colleghe”. “Mi sento molto sotto di loro. Avevo visto i film ma non tutti e tre, quindi prima di iniziare le riprese ho visto tutto. Mi sento molto onorata di aver fatto parte di questo film e di aver contribuito a portare avanti questa eredità. Quello che volevo fare era mettermi al servizio della storia che Bradley voleva raccontare ed era importante che nel farlo non prendessi troppo a prestito cosa era venuto prima di me. Serviva che invece fossi autentica nei confronti di me stessa e della sceneggiatura, cercare una performance che fosse pensata per oggi”. Una performance che ha emozionato gli spettatori dei festival dove è stato presentato il film, prima alla Mostra del cinema di Venezia e poi a Toronto, dove l’attrice si è emozionata dopo che Lukas – figlio di Willie – Nelson, musicista che ha collaborato alla colonna sonora del film, ha elogiato la popstar dicendole di aver letteralmente “sconvolto” ogni scena in cui ha recitato. Ora si parla di lei come possibile candidatura agli Oscar come miglior attrice oltre che alla nomination per alcuni brani dalla colonna sonora del film che firma con lo stesso Cooper. Brani che i due hanno scelto di incidere dal vivo anche nelle scene di massa dei concerti, girati durante festival come Coachella e Glastonbury. Ma la sfida più grande per entrambi non è stata tanto dal punto di vista recitativo e musicale quanto tenere fede a una sorta di impegno con il progetto: “La sfida più grande è stata mantenere il coraggio di andare avanti, sono stati quattro anni di nient’altro – dice Cooper –  Entrambi sapevamo che era come scalare l’Everest. Quando scali l’Everest non fai che chiederti quanto ossigeno avrò ancora, c’è una tempesta in arrivo? Guardavo in alto facendo il film, andavamo avanti dieci passi e poi scivolavamo indietro di venti. Il coraggio di andare avanti ti viene dalle persone con cui lavori. Ci siamo supportati a vicenda lavorando con una troupe incredibile, la cosa che ci ha dato più soddisfazione è stato il livello di collaborazione che abbiamo raggiunto”. Una vera e propria chimica sullo schermo e fuori, frutto delle origini italiane di entrambi e di una vera amicizia che si è creata in questi anni di lavoro. “Con Bradley non c’è posto dove nascondersi e questo era molto importante per me. Ero una gran fan del suo lavoro e sapevo bene che quando un artista sta cominciando a muovere i passi in una nuova avventura, come è stato per lui imbarcarsi nella regia, quando finalmente ha la sua visione è un’esplosione di talento. Volevo dare a lui tutto ciò che avevo, essere il più vulnerabile e aperta possibile. E lui ha reso tutto in modo così semplice. Un’esperienza bellissima”. Che potrebbe culminare nella notte delle stelle.

Chiara Ugolini, La Repubblica

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